cervello, storia evolutiva del
Da poche cellule nervose a decine di miliardi
Tutti gli organismi animali, per funzionare, riprodursi, sopravvivere, dipendono dall'attività dei vari organi e apparati. La coordinazione rapida delle diverse funzioni biologiche è realizzata principalmente dal sistema nervoso, che reagisce alle continue sollecitazioni che derivano dal corpo stesso, dall'ambiente e dalla vita di relazione. Nel regno animale, in parallelo con l'aumentare della complessità delle specie e dei loro comportamenti, aumentano le dimensioni e le capacità di elaborazione del sistema nervoso, sia di quello centrale (encefalo e midollo spinale) sia di quello periferico e sensoriale
Immaginiamo di essere in montagna per una passeggiata, ed ecco che all'improvviso vediamo un serpente (forse una vipera!) sul nostro cammino. La risposta è in genere velocissima: facciamo un salto per allontanarci, strilliamo, il cuore si mette a battere forte. È questo un esempio semplice di risposta coordinata. Rivediamola al rallentatore. Gli occhi inviano al nostro cervello l'immagine di una forma allungata, il cervello la interpreta: "serpente in vista, attenzione, c'è pericolo". Seguono le risposte di movimento, i muscoli si contraggono armoniosamente col risultato di farci scappare via e vengono attivati i circuiti della parola, per dare l'allarme. Nello stesso tempo manifestiamo una risposta emotiva (aumento del battito cardiaco, sudorazione) che coinvolge i centri nervosi a questo preposti, ma anche ghiandole, come la surrenale, e il sistema nervoso periferico. E le risposte interessano muscoli, cuore e numerosissime altre parti del corpo.
L'organismo umano, quindi, è un sistema altamente specializzato per rispondere in modo complesso agli stimoli. In effetti, una delle proprietà di tutti viventi è proprio tale capacità. Un organismo unicellulare risponderà, per esempio, allontanandosi da una sorgente di sostanze per lui tossiche. Negli organismi pluricellulari diviene invece necessario che le cellule si coordinino. Tutti gli organismi animali, per garantire la loro sopravvivenza, dipendono dall'attività concertata dei vari organi e apparati di cui sono composti. Questa coordinazione globale delle diverse funzioni biologiche è realizzata dal sistema nervoso (cervello e sistema nervoso), che opera in stretto collegamento con le ghiandole endocrine (come ipofisi, tiroide, surrene) e con il sistema immunitario (immunitario, sistema).
Le funzioni del sistema nervoso sono rese possibili da un tipo molto speciale di cellule, i neuroni.
Il sistema nervoso, fin dalla sua espressione più semplice negli Invertebrati meno evoluti, risulta costituito da numerosi neuroni connessi tra loro da giunzioni specializzate denominate sinapsi. Nei Celenterati (anemoni di mare, coralli, meduse) esso è formato da una rete di cellule elettricamente eccitabili comunemente definita sistema neurale a rete diffusa, che controlla le funzioni dei diversi tipi di cellule, in particolare di quelle che, contraendosi, permettono il movimento. Nelle meduse ‒ che, a differenza degli altri Celenterati, non vivono ancorate al fondo ‒ sono collegate alla rete anche speciali cellule sensibili alla luce o al movimento. Le meduse si spostano nell'acqua in virtù di pulsazioni regolari del corpo che forzano l'acqua all'esterno in modo da spingere l'animale dalla parte opposta. Questo movimento è generato da una porzione specializzata della rete neurale che forma una specie di anello alla base del corpo della medusa.
Negli animali che hanno comportamenti più complessi le strutture specializzate sono anch'esse più complesse (organi) e spesso lavorano in associazione costituendo i cosiddetti sistemi (respiratorio, escretore, circolatorio, digerente). Anche il sistema nervoso subisce una parallela evoluzione e si organizza in gruppi distinti di neuroni (gangli), invece che in una rete distribuita. La struttura a rete permane però in tutti gli animali nelle strutture di controllo di alcuni organi specifici, come l'intestino. Il raggruppamen-to dei neuroni permette un più facile scambio di informazioni, nonché la loro specializzazione per compiere determinati compiti, per esempio l'interpretazione delle informazioni che provengono dai sensi ‒ come vista e udito ‒ o il controllo dei movimenti.
Conosciamo sostanzialmente tre tipi principali di organizzazione: quella dei Molluschi (polpi, cozze), quella degli Artropodi (Insetti, Crostacei), quella dei Vertebrati. In tutte queste forme possiamo riconoscere le due parti essenziali in cui è strutturato il sistema nervoso: il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico.
I neuroni, quindi, possono essere raggruppati in tre fondamentali categorie: i neuroni afferenti, che sono in grado di portare informazioni derivate dall'ambiente (interno o esterno) all'interno del sistema nervoso centrale; i neuroni efferenti, che portano istruzioni dal sistema nervoso centrale ai muscoli e agli organi viscerali (intestino, cuore) gli interneuroni, che servono a collegare gruppi di neuroni localizzati nella stessa regione o in regioni vicine.
Il sistema nervoso periferico è formato dai recettori di senso, dai loro prolungamenti e dai prolungamenti dei neuroni che connettono il sistema nervoso centrale con le periferie, come muscoli o ghiandole. Questi prolungamenti del sistema nervoso periferico si riuniscono spesso in fascetti più o meno grandi di fibre nervose e prendono il nome di nervi.
In tutti gli Invertebrati la struttura del sistema nervoso centrale è basata sulla presenza di catene (una o due) di gangli collegati da fascetti di fibre. Ogni coppia di gangli è dedicata al controllo di un singolo segmento del corpo di questi animali, che sono appunto costituiti da segmenti ripetitivi (metameri). Dai gangli partono nervi che li connettono con gli apparati sensoriali o con le terminazioni nervose all'interno di ogni segmento. Nel sistema nervoso centrale di quasi tutti gli Invertebrati si osserva un particolare ingrossamento del ganglio (definito ganglio cerebrale) che controlla l'estremità cefalica (cioè della testa). Questo è probabilmente legato al fatto che nella testa sono di solito raggruppati molti organi di senso.
La complessità del sistema nervoso centrale degli Invertebrati aumenta con l'aumentare della specializzazione del corpo e con le capacità sensoriali dei diversi animali. Così la presenza di recettori visivi particolarmente raffinati, come l'occhio dei Cefalopodi (polpi, seppie) o l'occhio composto degli Insetti, determina una disposizione ordinata dei nervi che vanno a terminare in modo estremamente preciso sui neuroni del ganglio cefalico, in modo che l'animale è in grado di costruire una mappa spaziale del mondo esterno.
Nei Vertebrati (Pesci, Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi) il sistema nervoso centrale è disposto in posizione dorsale ed è costituito dall'encefalo (contenuto nel cranio) e dal midollo spinale (racchiuso dalle ossa che compongono la colonna vertebrale).
Le regioni del sistema nervoso centrale ove sono prevalenti i corpi dei neuroni sono genericamente indicate con il termine sostanza grigia, mentre le regioni ove sono in grande abbondanza le fibre vengono definite sostanza bianca. La sostanza grigia può essere organizzata in nuclei (gruppi di neuroni che hanno molto spesso un aspetto simile), oppure in strutture laminari disposte alla periferia di alcune porzioni dell'encefalo che prendono il nome di cortecce (corteccia cerebrale, corteccia del cervelletto).
L'encefalo ha una struttura base molto simile in tutti i Vertebrati. È formato, infatti, da alcuni rigonfiamenti, che nell'ordine sono: midollo allungato (che continua il midollo spinale), cervelletto, mesencefalo, diencefalo, prosencefalo. Associati a queste regioni vi sono tre grandi organi sensoriali: l'orecchio, collegato al midollo allungato e al cervelletto; l'occhio, collegato al mesencefalo e al diencefalo; l'organo dell'olfatto, legato al prosencefalo. Questi rigonfiamenti si distinguono facilmente durante lo sviluppo embrionale, ma poi possono crescere in modo molto sproporzionato fra loro, a seconda della specie. Le grandissime dimensioni del cervello dei Mammiferi e dell'uomo sono dovute principalmente all'espansione delle cortecce del prosencefalo e del cervelletto.
Oggi i biologi sono in grado di studiare non solo gli organismi attuali, ma anche i cervelli fossili. In questo modo si può ricostruire meglio la storia evolutiva del sistema nervoso e si possono indagare i modi di vita di esseri scomparsi milioni di anni fa.
L'intelligenza umana è il traguardo di un lungo cammino biologico. Secondo alcune teorie, nel corso di centinaia di milioni di anni l'evoluzione ha stratificato in noi vari cervelli e tramite l'anatomia di questa stratificazione è possibile leggere la storia biologica del regno animale così come i geologi possono leggere la storia della crosta terrestre negli strati delle sue rocce.
Il midollo spinale in tutti i Vertebrati ha il compito di raccogliere le informazioni tattili, termiche, dolorifiche dalla superficie corporea, oltre che gli stimoli che derivano dagli organi interni e dai muscoli. L'interpretazione di questi stimoli ha luogo nel midollo spinale stesso e porta a particolari risposte motorie da parte dei muscoli volontari. Con l'aumentare della complessità delle funzioni nervose, il midollo spinale viene però a dipendere sempre più dal cervello, a cui invia i suoi segnali e da cui riceve i comandi motori.
Di pari passo, il cervello cambia e si riorganizza. La parte più antica del cervello è quella che forma l'asse profondo del sistema nervoso centrale, in continuità fra encefalo e midollo spinale. Oltre a controllare i muscoli volontari della testa, questa parte del cervello regola la vita vegetativa: respiro, battito cardiaco, fame, sete, paura, impulso sessuale. Essa, tuttavia, non basta per governare organismi complessi, con molti muscoli da coordinare.
Nei Vertebrati capaci di movimenti attivi e molto coordinati (che nuotano, corrono, saltano, si arrampicano, volano) si sviluppa e si organizza il cervelletto. Nelle lamprede (Vertebrati molto primitivi) è di dimensioni ridotte, mentre negli squali ha già una massa considerevole. Il cervelletto funziona in modo piuttosto automatico, coordinando i movimenti e l'equilibrio. Tuttavia gli stimoli che vengono dai sensi (tatto, vista, udito, olfatto, gusto) devono essere interpretati e un comportamento più flessibile risponde meglio alle esigenze di adattamento all'ambiente. È questo il compito che si assume il mesencefalo, integrando vista e udito, mentre il prosencefalo ha originariamente una funzione prevalentemente olfattiva.
Nel corso dell'evoluzione si è però assistito a un cambiamento molto radicale, che gli scienziati hanno chiamato cefalizzazione. Le funzioni sono diventate sempre più raffinate e sono state trasferite ai centri anteriori, nel prosencefalo. Si sviluppa allora la corteccia cerebrale tipica dei Mammiferi, che nell'uomo ricopre interamente il mesencefalo e il diencefalo. Con 15 miliardi di neuroni, uno spessore di pochi millimetri e un'estensione superficiale di 20 m2, per poter essere contenuta nel cranio la corteccia cerebrale umana ha dovuto ripiegarsi più volte su sé stessa, formando numerose circonvoluzioni. È la complicata geografia biologica che in questi anni gli studiosi del cervello stanno cercando di disegnare.
L'impiego di metodi di studio diversi e oggi della diagnostica per immagini ‒ come la risonanza magnetica (RM) funzionale e la tomografia a emissione di positroni (PET), che consentono di vedere il funzionamento del cervello mentre funziona ‒ ci hanno permesso di indagare il funzionamento e l'anatomia del cervello di molti Mammiferi, oltre che dell'uomo. Così le nostre idee sull'origine del cervello dell'uomo sono molto cambiate, aiutandoci a capire meglio i meccanismi dell'evoluzione e il posto dell'Uomo nella natura.
La stessa evoluzione umana (uomo) si può misurare in base allo sviluppo cerebrale. Il volume si è triplicato in quattro milioni di anni. In Australopithecus africanus la capacità è di 450 cm3, in Homo habilis di 645 cm3, in Homo erectus di 880, in Homo erectus pekinensis di 1.040, in Homo sapiens raggiunge i 1.345 cm3. Ma è solo una questione di volume? È certamente molto importante anche la qualità, cioè il numero e la complessità delle funzioni e delle connessioni. D'altra parte, anche in una singola specie ci sono grandi variazioni delle dimensioni relative del cervello. Le oscillazioni quantitative nell'uomo sono, così, molto ampie (da 1.000 a 2.000 g), mentre il valore medio è intorno ai 1.350 g.
Per capire meglio il cervello dell'uomo, gli scienziati hanno studiato gli animali a noi più vicini, i primati. Le osservazioni portano molti indizi utili.
I primati, dalle proscimmie sino alle scimmie antropomorfe (gorilla, scimpanzé, oranghi) sono aumentati di dimensioni corporee, ma in proporzione il loro cervello è aumentato molto di più.
I comportamenti sono diventati via via più complessi, e nelle scimmie antropomorfe è stata acquisita una posizione più o meno eretta; la mano, inoltre, è diventata uno strumento per utilizzare il tatto, oltre che per eseguire operazioni.
La durata della vita complessiva e la fase dell'infanzia si sono allungate. L'uomo nasce incapace di badare a sé stesso e nei primi due anni di vita il suo cervello cresce ancora moltissimo. Secondo una teoria abbastanza accreditata, i neonati umani conserverebbero caratteri propri dei feti di altri primati prima della nascita.
Nelle specie di scimmie che si nutrono di frutti difficili da scovare, il cervello è più grosso rispetto a specie di taglia simile, che però si nutrono di foglie sempre a portata di bocca. Animale più attivo sarebbe allora sinonimo di cervello più grande. Il lobo frontale del cervello, che sembra distintivo di una intelligenza sviluppata, è molto grande nelle scimmie antropomorfe e nell'uomo, rispetto agli altri primati. Nel corso dell'evoluzione il cervello si è fortemente riorganizzato ed è un mosaico di caratteri vecchi e nuovi.
Questi indizi suggeriscono che l'aumento delle dimensioni e delle capacità operative del cervello dell'uomo, all'inizio della sua storia, sia stato motivato non tanto dalla necessità di essere più intelligente, quanto da altri eventi: allungamento della vita, aumento delle dimensioni corporee, modifiche dello sviluppo prima e dopo il parto, ambienti e stili di vita. Ma perché, una volta accresciuto, non utilizzare meglio le potenzialità di questo cervello? Ciò è avvenuto in un secondo tempo e l'uomo ne avrebbe derivato vantaggi evolutivi enormi, diventando un animale culturale.
Le ricerche sulle impronte lasciate nel cranio dei cervelli fossili dimostrano che nel corso dell'evoluzione le dimensioni del sistema nervoso degli organismi, rispetto al resto del corpo, sono andate aumentando; di pari passo si sono arricchite le varietà di comportamento. In una tartaruga il cervello rappresenta appena un duemillesimo del peso dell'animale, nell'uomo un cinquantesimo. Inoltre, in un certo gruppo di animali è presente una grande variabilità del rapporto fra massa corporea e massa del cervello, detto quoziente di encefalizzazione. Nei Mammiferi attuali vi sono specie con quoziente basso (e comportamenti relativamente stereotipati, cioè ripetitivi) e altre, come i Primati e i Cetacei, con quoziente alto.
Bisogna inoltre smentire la sistematica diffamazione cui sono andati incontro i dinosauri. È vero, alcuni erano immensi di corpo, ma di cervello modestissimo. Altri però, come quelli del genere Velociraptor, avevano un cervello grande e comportamenti sociali e di caccia assai complessi!
Il cervello è fatto di tessuti molli, che difficilmente lasciano tracce fossili significative. Come si può allora ricostruire la storia naturale del cervello?
Un lavoro fra i tanti ce lo dimostra: un gruppo di ricercatori, guidato da un geologo dell'università del Texas, ha elaborato al computer un modello delle cavità del cranio e ha dimostrato che un animale fossile molto famoso, appartenente al genere Archaeopteryx, possedeva un cervello adatto a gestire le difficili manovre del volo. Questo animale aveva enormi occhi e una gigantesca regione visiva nel suo cervello, oltre a un grande senso dell'equilibrio. Inoltre, il suo orecchio interno sembrava molto simile a quello di un uccello moderno.
È stato quindi risolto il dilemma riguardante questo animale fossile vissuto 147 milioni di anni fa: era ancora un dinosauro o, invece, era già un uccello capace di volare con le sue ali? La scoperta del primo esemplare di Archaeopteryx avvenne nel 1861, solo due anni dopo che Charles Darwin aveva dato alle stampe L'origine delle specie e fu da allora considerato un fondamentale, ma discusso 'anello di transizione' fra rettili e uccelli. Oggi sappiamo che l'Archaeopteryx sapeva volare e aveva un cervello piuttosto simile a quello dei passeri, delle aquile, o dei pappagalli moderni.