Polonia, storia della
Tra voraci vicini
Tra il 14° e il 16° secolo la Polonia fu una delle più potenti formazioni politiche dell’Europa centro-orientale. Andata poi incontro a un progressivo smembramento, scomparve del tutto come entità statale alla fine del 18° secolo. Rinata come Stato indipendente dopo la Prima guerra mondiale, nella seconda metà del Novecento fu governata da un regime comunista integrato nel blocco sovietico, che crollò nel 1989
Abitato sin dall’antichità da popolazioni slave, il territorio dell’attuale Polonia fu unificato nel 10° secolo dalla dinastia dei Piasti, che cristianizzò il paese. Trasformata in regno al principio dell’11° secolo, nella seconda metà del Trecento la Polonia cadde sotto il dominio della dinastia lituana degli Iagelloni, che crearono un vasto e potente Stato polacco-lituano e inaugurarono un periodo di grande splendore. Tra Cinquecento e Seicento, dopo l’estinzione della dinastia, ebbe inizio una lunga fase di crisi. La Polonia perdette ampia parte dei suoi territori e vide affermarsi definitivamente lo strapotere della nobiltà, in una struttura politica sempre più fragile. Coinvolta in numerosi conflitti, tra Seicento e Settecento essa cadde in balia delle potenze straniere. Quasi un secolo più tardi scomparve del tutto come Stato in seguito a tre successive spartizioni tra Russia, Prussia e Austria, che ebbero luogo nel 1772, nel 1793 e nel 1795.
Nel 1815 il Congresso di Vienna ricostituì lo stato polacco, affidandone il controllo alla Russia zarista, che mise in atto una spaventosa oppressione nel paese. Percorsa da forti spinte indipendentistiche (culminate nelle insurrezioni del 1830-31 e del 1863), la Polonia fu ricostituita come Stato indipendente dopo la Prima guerra mondiale, sotto la guida del generale Jozef Pilsudski, che tra il 1926 e il 1935 instaurò un regime dittatoriale.
Nel 1939, al principio del secondo conflitto mondiale, essa fu invasa dalla Germania e subito dopo dall’Unione Sovietica. Gli anni della guerra e dell’occupazione furono drammatici per il paese, che subì perdite umane pesantissime, soprattutto nella componente ebraica della popolazione, massacrata in massa nei ghetti e in numerosi campi di sterminio nazisti, tra cui quello di Auschwitz (Shoah). I Tedeschi furono cacciati dalla Polonia dai Sovietici, che al termine del conflitto stabilirono il proprio controllo sul paese.
Dopo le elezioni del 1947, i comunisti assunsero il potere e abolirono qualsiasi pluralismo partitico. La Polonia divenne in tal modo un paese di stampo sovietico, pienamente integrato nel sistema politico e militare dell’URSS, nonostante le ampie manifestazioni contro il regime che si svilupparono nei decenni successivi, in particolare dopo l’avvio della destalinizzazione (Stalin) nella seconda metà degli anni Cinquanta.
Nel 1980 una nuova ondata di contestazioni operaie costrinse il governo a riconoscere il diritto di sciopero e la libertà sindacale. Sorse allora il sindacato di Solidarność che, con il suo leader Lech Walesa, divenne il motore della lotta contro il regime, con il sostegno del papa polacco Giovanni Paolo II, molto attento alla Polonia in quanto paese cattolico. Il governo introdusse la legge marziale e mise fuori legge Solidarność. Negli anni successivi, tuttavia, tali misure furono attenuate, soprattutto dopo l’ascesa al potere in Unione Sovietica di Michail S. Gorbačëv (1985). Questo processo culminò, nel 1989, nella celebrazione delle prime elezioni pluripartitiche della Polonia comunista, che segnarono la piena affermazione di Solidarność e, di fatto, la fine del regime.
Da allora la Polonia ha avviato una complessa transizione alla democrazia e all’economia di mercato, in un quadro di instabilità politica e di tensioni sociali che hanno fortemente eroso il consenso nei confronti di Solidarność e di Walesa, che è stato presidente della Repubblica dal 1990 al 1995.