Francia, storia della
Il laboratorio politico d'Europa
Le origini della storia della Francia si possono far risalire all'epoca in cui i Franchi imposero il proprio dominio sulla Gallia romana (5° secolo). Fu tuttavia soltanto con la dissoluzione dell'Impero carolingio nel 9° secolo e poi con l'ascesa al potere dei Capetingi alla fine del 10° che iniziò a prendere forma il primo nucleo dello Stato francese. Da allora, attraverso una vicenda plurisecolare, la Francia consolidò attorno alla monarchia le proprie strutture politiche e sociali, sino a dar vita a un regime fondato sul potere assoluto dei re e sul privilegio dei ceti nobiliari. Alla fine del 18° secolo la Rivoluzione francese distrusse in modo irreversibile questo sistema, segnando una profonda frattura nella storia non soltanto francese, ma anche europea e mondiale
Abitato sin dalla preistoria, il territorio che corrisponde all'odierna Francia fu conquistato dai Celti nel corso del 1° millennio a.C. e poi dai Romani a partire dal 2°-1° secolo a.C. Integrato come provincia nell'Impero con il nome di Gallia, fu sottoposto a un intenso sforzo di romanizzazione che diede vita a una prospera civiltà gallo-romana. Tra il 3° e il 5° secolo d.C., tuttavia, la penetrazione sempre più massiccia di popolazioni barbariche e la caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476) mutarono radicalmente questi equilibri. E tra i diversi popoli stanziatisi nella regione ‒ in particolare i Visigoti, i Burgundi e i Franchi ‒ furono questi ultimi a prevalere e a ricostituire l'unità della Gallia. È da allora, per molti aspetti, che si può fare iniziare la storia della Francia.
Fu Clodoveo, re dei Franchi dal 481 al 511 e capostipite della dinastia dei Merovingi, il principale artefice di questa svolta. Egli riuscì infatti a sconfiggere Alamanni e Visigoti, estendendo in modo significativo i confini del regno, e favorì inoltre la conversione del suo popolo al cristianesimo cattolico, ottenendo così il sostegno della Chiesa e ponendo le premesse di una più stretta integrazione tra i Franchi e le popolazioni assoggettate.
I suoi successori, al potere per quasi tre secoli, continuarono ad ampliare i territori franchi, ma furono progressivamente indeboliti da continue crisi dinastiche, dalle tendenze centrifughe della nobiltà e da una spinta sempre più forte alla frammentazione territoriale.
In questo quadro, a fronte di un sostanziale svuotamento delle prerogative regie, acquisirono un crescente potere i maggiordomi o maestri di palazzo, vale a dire i più alti funzionari e consiglieri della monarchia. Tra essi emersero, nel 7°-8° secolo, Pipino di Héristal, Carlo Martello e Pipino il Breve. E fu proprio quest'ultimo, nel 751, a deporre i Merovingi e ad assumere la corona franca dando inizio alla dinastia dei Carolingi.
La figura più significativa di questa nuova dinastia fu quella di Carlomagno, che divenne re nel 771 e quindi, con la consacrazione del papa, imperatore nell'800. Egli esercitò un ruolo decisivo nello sviluppo della potenza dei Franchi, ampliandone i confini verso est, consolidando i rapporti tra la corona e il papato e procedendo a una profonda riorganizzazione del potere regio e poi imperiale. Pochi anni dopo la sua morte, avvenuta nell'814, l'Impero carolingio perse la sua unità, e con il trattato di Verdun (843) una gran parte del territorio francese fu attribuita a Carlo il Calvo. Da allora, con la breve parentesi di Carlo il Grosso (881-887), il destino della Francia rimase separato da quello dell'Impero, in un contesto dominato da profonde tendenze centrifughe e dalla minaccia costante di nuove incursioni straniere.
Quando, nel 987, fu incoronato re Ugo Capeto, ebbe origine la dinastia dei Capetingi, che governò in linea diretta la Francia sino al 1328. In questa fase, durante la quale si sviluppò il sistema feudale, la monarchia si adoperò per rafforzare le sue prerogative in opposizione al particolarismo della grande nobiltà e alle pretese universalistiche dell'Impero e della Chiesa. Molto energica, in questo senso, fu l'azione di Filippo II Augusto (1180-1223), Luigi IX (1226-70) e Filippo IV il Bello (1285-1314).
Con l'esaurimento della linea diretta della dinastia capetingia fu il ramo dei Valois a detenere per oltre due secoli e mezzo, dal 1328 al 1589, la corona di Francia. Questa fase cruciale della storia francese si aprì con la guerra dei Cento anni, che tra il 1337 e il 1453 oppose la Francia all'Inghilterra. Il conflitto ebbe un andamento estremamente complesso sul piano militare e costi economici e sociali altissimi per il paese. Attraverso di esso, tuttavia, il potere della monarchia uscì sostanzialmente rafforzato e furono poste le premesse per la costruzione dello Stato moderno, che fece importanti progressi tra 15° e 16° secolo.
In questo nuovo quadro la Francia tentò di assicurarsi una posizione egemonica in Europa attraverso una politica espansionistica in direzione della penisola italiana, all'epoca profondamente frammentata in unità statali rivali. Ne derivarono, tra il 1494 e il 1559, le guerre d'Italia, che videro confrontarsi soprattutto Francia e Spagna e che si conclusero con il sostanziale fallimento delle mire francesi e il trionfo dell'egemonia spagnola.
Indebolita da questa sconfitta e lacerata all'interno dagli effetti della Riforma protestante e dal contrasto tra cattolici e ugonotti, la Francia attraversò nella seconda metà del 16° secolo una crisi profonda, da cui scaturirono le guerre di religione. Si trattò di una vera e propria guerra civile, che si concluse alla fine del secolo quando il re Enrico IV di Borbone, dopo essersi convertito dal protestantesimo al cattolicesimo, stabilì con l'editto di Nantes (1598) la convivenza tra le due confessioni all'interno dello Stato.
Con Enrico IV (1589-1610) ebbe inizio la dinastia dei Borbone, che rimasero al potere ‒ con la parentesi degli anni della Rivoluzione francese ‒ sino al 1830. L'ascesa al potere dei Borbone coincise con l'inizio di una fase di grande rafforzamento della monarchia che, attraverso l'opera dello stesso Enrico IV, di Luigi XIII (1610-43) e poi soprattutto di Luigi XIV (1643-1715) ‒ oltre che di statisti come Richelieu e Mazzarino ‒ assunse i tratti della monarchia assoluta. In questi anni la corona riuscì a neutralizzare le tendenze centrifughe della grande aristocrazia (a cui pure furono lasciati immensi privilegi) e a concentrare nelle proprie mani enormi poteri. Il tutto nel quadro della sottomissione della Chiesa nazionale, di un potente sviluppo economico ispirato ai principi del mercantilismo e del principio del diritto divino del re.
Questo processo raggiunse il suo punto più alto all'epoca di Luigi XIV, che tentò nuovamente di giocare la carta dell'espansionismo militaristico, forte della posizione di preminenza che la Francia aveva di fatto assunto in Europa dopo la guerra dei Trent'anni (1618-48). Le guerre in cui egli impegnò il paese dissanguarono le casse dello Stato, si tradussero in un fallimento del disegno egemonico francese e posero le premesse della crisi di legittimità e della lunga agonia del sistema assolutistico che si consumò nel 18° secolo con Luigi XV (1715-74) e poi soprattutto con Luigi XVI (1774-92).
Fu la Rivoluzione francese, iniziata nel 1789, a porre fine all'assolutismo e ai privilegi della nobiltà, in una parola all'antico regime. Con essa iniziò una nuova fase della storia non solo francese, ma anche europea e mondiale. La Rivoluzione portò alla creazione di una monarchia di tipo costituzionale, quindi nel 1792 alla repubblica, sfociata poi nella dittatura giacobina del Terrore, e infine all'instaurazione di un regime repubblicano moderato che, attraverso l'opera di Napoleone Bonaparte, nel 1804 assunse le vesti dell'Impero.
Napoleone, che stabilì la sua dittatura sul paese, esercitò una duplice funzione rispetto allo sviluppo della rivoluzione: per un verso, fu uno dei principali artefici del suo assestamento in senso moderato all'interno del paese; per un altro, attraverso le sue campagne militari, esportò fuori dai confini nazionali alcune delle conquiste sociali e giuridiche essenziali della rivoluzione, ridisegnando radicalmente la carta geopolitica del continente. Napoleone fu infine sconfitto, tra il 1814 e il 1815, da un'ampia coalizione internazionale che aprì il processo di Restaurazione delle monarchie da lui spodestate. I profondi mutamenti introdotti da questa fase decisiva della storia francese non furono tuttavia cancellati.
Nel corso dell'Ottocento la storia francese continuò a essere segnata da profonde discontinuità politiche e istituzionali, nel quadro di significativi processi di modernizzazione economica e sociale. Il ritorno dei Borbone sul trono, voluto dalle grandi potenze vincitrici di Napoleone al Congresso di Vienna (1814-15), ebbe vita breve. A essi subentrò nel 1830, dopo la rivoluzione di luglio, Luigi Filippo d'Orléans, che rimase al potere sino al 1848, con il sostegno della grande borghesia. In quell'anno una nuova rivoluzione, in cui ebbero parte attiva le masse popolari ed emersero anche orientamenti di tipo socialista, portò all'abolizione della monarchia e alla proclamazione della repubblica. La Seconda Repubblica ‒ dopo la Prima Repubblica dell'epoca della grande Rivoluzione ‒ fu a sua volta quasi subito soppiantata, in seguito a un colpo di Stato e quindi a un plebiscito popolare (1851-52), dal secondo Impero, che ebbe in Luigi Napoleone (poi Napoleone III) il suo principale artefice. Questa nuova costruzione politica, dapprima orientata in senso conservatore e poi liberale, ebbe un ruolo fondamentale negli equilibri della politica europea degli anni Cinquanta e Sessanta del 19° secolo. Nel 1870-71, tuttavia, subì una cocente sconfitta nella guerra franco-prussiana e andò incontro alla propria dissoluzione in un quadro di crisi che portò dapprima all'esperimento della Comune di Parigi e subito dopo alla nascita della Terza Repubblica.
Dal 1870 ai nostri giorni la Francia è rimasta uno Stato repubblicano, ma ha sperimentato profondi mutamenti nella sua forma di governo. Alla Terza Repubblica sono infatti subentrate, rispettivamente nel 1945 e nel 1958, una Quarta e una Quinta Repubblica assai diversamente strutturate sul piano politico e istituzionale. Nel corso di questa lunga storia, il paese ha dovuto affrontare, sin dall'epoca dell'affaire Dreyfus alla fine del 19° secolo, periodi di forte tensione interna, ma è riuscito a mantenere una sostanziale stabilità delle istituzioni democratiche.
Sul piano della politica internazionale, la Francia ha giocato un ruolo di tutto rilievo nei conflitti imperialistici che hanno preceduto il 1914. Si è schierata con la Gran Bretagna e la Russia nella Prima guerra mondiale (1914-18), risultando tra le potenze vincitrici. Di nuovo alleata della Gran Bretagna nella Seconda guerra mondiale (1939-45), è stata quasi subito occupata dalle truppe della Germania hitleriana e ha dato vita al governo collaborazionista di Vichy.
Nel secondo dopoguerra ha dovuto accettare la dissoluzione del suo impero coloniale in Indocina e, con una drammatica e violenta resistenza, in Algeria. Schierata nel campo occidentale all'epoca del bipolarismo e della guerra fredda, ha cercato tuttavia di mantenere un proprio ruolo nelle relazioni internazionali, contestando in alcuni casi la leadership americana e promuovendo, soprattutto con il generale de Gaulle ‒ una delle figure più significative della storia francese del Novecento ‒, il progetto di una nuova Europa. Integrata nell'Unione europea, la Francia ha respinto, con un referendum tenutosi nel 2005, il testo del trattato costituzionale europeo.