Luigi Filippo re dei Francesi
Un re arrivato con una rivoluzione e allontanato da un’altra
Il regno di Luigi Filippo d’Orléans, durato dal 1830 al 1848, si inaugurò con l’attesa di trasformazioni liberali che tuttavia nel corso degli anni vennero eluse. Il sovrano fu detronizzato da una sollevazione rivoluzionaria che ebbe per protagonista il popolo di Parigi e che rimise in vigore il sistema repubblicano già sperimentato
nel corso della rivoluzione del 1789
Nato a Parigi nel 1773 da Luigi Filippo d’Orléans, detto Filippo Égalité per le sue simpatie rivoluzionarie, e Luisa di Borbone, Luigi Filippo apparteneva al casato dei Borbone-Orléans, un ramo della famiglia reale di Francia. Da giovane si schierò come il padre dalla parte della Rivoluzione francese, al punto di aderire nel 1790 al club repubblicano dei giacobini e di ricevere importanti incarichi militari. Coinvolto in una fallita congiura contro Robespierre, fu per questo costretto a fuggire in Svizzera. Visse esule in diversi paesi stranieri: l’Inghilterra, gli Stati Uniti, la Sicilia, dove sposò Maria Amelia, figlia di Ferdinando IV re di Napoli. All’estero rimase per tutto il periodo dell’impero di Napoleone, senza però militare nelle fila dell’emigrazione nobiliare francese. Tale atteggiamento gli permise, con il ritorno in patria nel 1815, di essere identificato come punto di riferimento dei settori moderati, che non condividevano le scelte conservatrici del re Luigi XVIII, salito al trono nel 1814 (Restaurazione), e tanto meno del successore Carlo X (1825-30). Luigi Filippo divenne allora il leader di un movimento detto orleanista che si proponeva di rafforzare i contenuti liberali della monarchia (liberalismo) e di estendere i diritti politici.
Dopo le giornate insurrezionali del luglio 1830, quando il popolo di Parigi si mobilitò per detronizzare Carlo X, fu offerta a Luigi Filippo la luogotenenza del regno e il 9 agosto, dopo l’abdicazione di Carlo X, il Parlamento lo proclamò re dei Francesi. Tale titolo sottolineava la natura popolare che doveva dare legittimità al nuovo sovrano, insieme con il giuramento di fedeltà alla Costituzione e con l’adozione della bandiera tricolore, simbolo della Rivoluzione francese.
Luigi Filippo allargò solo in modo parziale il diritto di voto (su una popolazione di circa 30 milioni di abitanti si passò da 100.000 a 165.000 elettori, scelti con criteri censitari, sulla base cioè del patrimonio) e mantenne invece di nomina regia una delle due camere del Parlamento, quella dei Pari, contrariamente a quanto si attendevano i liberali.
I governi nominati da Luigi Filippo presero presto una piega conservatrice, contrastata dall’opposizione della classe operaia, dei repubblicani e dei socialisti, interpreti di un sentimento d’insoddisfazione che si diffuse sfociando in insurrezioni spontanee. Dopo essere scampato a un attentato messo in atto nel 1835 dall’avventuriero italiano Giuseppe Fieschi, Luigi Filippo fece approvare severe leggi di polizia che limitarono drasticamente la libertà di stampa.
In politica estera si accreditò come un sovrano liberale: seguì infatti una linea di opposizione all’Austria, giudicata la capofila delle potenze conservatrici, e di apertura ai movimenti patriottici, sostenendo l’indipendenza del Belgio dall’Olanda. Affrontò le tensioni internazionali scaturite intorno alla cosiddetta questione d’Oriente, quando al termine degli anni Trenta la Francia appoggiò i propositi dell’Egitto di conquistare territori della Turchia. Lo scopo era rafforzare la posizione francese di potenza mediterranea, affermatasi con la conquista dell’Algeria del 1830. Ne seguì una clamorosa rottura con l’Inghilterra, che finì con l’indebolire ulteriormente la posizione interna di Luigi Filippo.
La capacità politica di Luigi Filippo era sempre più accesamente contestata dall’opposizione, formata da repubblicani, socialisti e dalla fazione monarchica fautrice del ritorno dei Borbone. Pro;fondi contrasti insorsero anche in seno alla maggioranza parlamentare che lo sosteneva. Nel paese, inoltre si faceva più forte il movimento democratico, favorevole al suffragio universale.
E fu proprio la proibizione di una manifestazione per le riforme dello Stato, nel febbraio del 1848, a provocare un’insurrezione nella capitale che costrinse Luigi Filippo a fuggire e a ritirarsi in esilio in Inghilterra – dove morì nel 1850 – aprendo la strada alla repubblica.