stoicismo
Vivere secondo ragione
La scuola filosofica stoica fu fondata da Zenone di Cizio all’incirca nel 300 a.C. e rifiorì in età romana. L’etica stoica esalta la serena accettazione del destino in quanto espressione di un ordine razionale del mondo in cui tutto, anche il male, ha una giustificazione: per questo il termine stoicismo è diventato sinonimo di fermezza e impassibilità nell’affrontare il dolore e le avversità
Lo stoicismo deriva il suo nome dal portico dipinto (in greco stoà poikìle) di Atene in cui si riunivano i seguaci della scuola fondata da Zenone di Cizio intorno al 300 a.C. Lo stoicismo si sviluppò nell’arco di cinque secoli e viene suddiviso in tre periodi: l’antica stoà (dal 3° secolo a.C. fino al 1° secolo d.C.) – i cui principali esponenti furono Cleante e Crisippo –, la media stoà (2° e 1° secolo a.C.) e l’ultima stoà o stoicismo latino (dal 1° al 3° secolo d.C.), di cui Seneca, Epitteto e l’imperatore Marco Aurelio sono i principali rappresentanti.
Alla base di tutta la filosofia stoica vi è l’idea del Lògos quale principio razionale e divino che governa il Cosmo e tutto l’accadere (ragione). Il Lògos non è al di là o al di sopra del mondo, ma è inseparabile da esso: Dio e natura sono un’unica cosa, e quindi la filosofia stoica è una forma di panteismo.
Il Lògos pervade e anima tutto con il suo soffio vitale (pnèuma), identificato con il fuoco. Tutto ciò che esiste ha origine dal fuoco e tutto vi ritorna: alla fine di un lungo periodo, il cosiddetto grande anno, ha luogo una conflagrazione universale, nella quale il fuoco ha di nuovo il sopravvento. Segue la palingenesi, la rinascita, da cui scaturisce un cosmo identico al precedente, destinato anch’esso a perire e a rinascere in un ciclo che si ripete in eterno.
Nel cosmo governato dal Lògos non c’è posto per il caso. Tutto ciò che è non poteva essere altrimenti, e ciò che sarà è già compreso in modo necessario nell’ordine del tutto. Ogni evento è quindi inserito in una catena causale che lo determina con assoluta necessità: a questa legge causale gli stoici danno il nome di fato o destino. Poiché il mondo nel suo ordine necessario è identico alla ragione divina, non può che essere perfetto: ogni cosa ha un fine e una destinazione precisa che realizzano l’armonia del tutto. Gli stoici non negano l’esistenza del male, ma lo considerano il complemento necessario del bene: come non si capirebbe che cosa è la luce se non vi fosse anche l’ombra, così non si capirebbe che cosa è il bene se non vi fosse anche il male.
Alla base dell’etica stoica vi è il concetto di dovere, inteso come azione conforme all’ordine razionale del mondo: vivere secondo natura significa comprendere e accettare tale ordine. L’ostacolo verso una piena armonia con la natura, e quindi con la ragione, è costituito dalle passioni, che non ci fanno riconoscere ciò che è buono e utile e ci impediscono di realizzare la nostra natura di esseri razionali. Gli stoici propugnano quindi l’apatia, ovvero l’assenza di passione, grazie alla quale si può raggiungere la libertà, cioè la piena indipendenza di fronte a ogni evento. L’ordine razionale del mondo dirige anche la vita della comunità attraverso la legge naturale, le cui norme sono dettate dalla ragione universale e sono quindi superiori alle leggi dei diversi popoli. Il saggio, che si conforma a questa legge naturale, è cosmopolita, cioè cittadino del mondo.
Furono gli stoici a coniare il termine logica per indicare la «scienza dei discorsi» (lektà), e la loro dottrina anticipò molte teorie della logica moderna. Secondo gli stoici, conosciamo la realtà esterna attraverso le rappresentazioni, veicolate dai sensi, che gli oggetti imprimono nella nostra mente.
Vere, cioè corrispondenti agli oggetti esterni, sono le rappresentazioni alle quali diamo il nostro assenso in quanto si impongono con la forza dell’evidenza. Il linguaggio è l’espressione linguistica di queste rappresentazioni mentali.
Anticipando di molti secoli la filosofia del linguaggio e la semiologia contemporanee, gli stoici elaborano una teoria del rapporto tra linguaggio, pensiero e realtà imperniata sulla distinzione tra le cose – «ciò che è» – l’insieme di suoni o dei segni scritti –, «ciò che significa», oggi diremmo significanti –, e il significato, attraverso il quale riferiamo le parole alle cose. Oggetto della logica sono proprio i significati: non cose, ma enunciati sulle cose.