sport acquatici
In acqua e sott’acqua
A rigor di termini vela, surf, canottaggio e canoa sono tutti sport acquatici ma in queste discipline il corpo dell’atleta non è – o meglio, non dovrebbe essere – in acqua. Anche nei tuffi la parte essenziale del gesto atletico si svolge fuori dall’acqua, mentre nel nuoto, e specialmente nelle immersioni subacquee, l’elemento acqua richiede adattamenti fisiologici dell’organismo e condiziona la prestazione dell’atleta
Le leggi della fisica. La densità dell’acqua è di circa 800 volte superiore a quella dell’aria ed esercita quindi una forte resistenza all’avanzamento del nuotatore. Oltre all’energia necessaria per contrastare questa resistenza, il nuotatore spende energia per mantenere la posizione orizzontale, quella più idrodinamicamente favorevole, e per mantenere la temperatura corporea che tende a scendere progressivamente con l’immersione in acqua. Complessivamente, il cosiddetto costo energetico del nuoto – ovvero l’energia richiesta per l’esercizio, oltre al consumo metabolico basale – è molto alto, pari, per esempio, a cinque volte quello della corsa o della marcia.
Velocità e costo energetico. Il rendimento nel nuoto, ovvero la velocità raggiunta rispetto alla potenza meccanica sviluppata, è molto basso sempre per via della resistenza dell’acqua. Quello misurato per lo stile libero alla velocità di 1,9 m/s (6,4 km/h) – poco meno della velocità del primato mondiale sui 100 m (2,09 m/s – corrispondente a un tempo di 47084) – risulta pari all’8% circa, mentre il rendimento della corsa in piano è del 50% circa alla velocità di 2,8 m/s (10 km/h).
È da notare che anche nei pesci, il rendimento è relativamente basso: raggiunge il 20÷25% a velocità ottimale solo per i nuotatori migliori come lo squalo e il delfino.
Alto costo energetico e basso rendimento limitano molto le prestazioni nel nuoto, come si osserva dal raffronto tra il primato mondiale maschile della corsa sui 100 m, 9"77, e quello sulla stessa distanza per i quattro stili di nuoto (al febbraio 2006): stile libero, 47"84; dorso, 53"17; farfalla/delfino, 54"44; rana, 59"30.
Ovviamente, l’abilità del nuotatore influisce sia sul rendimento sia sul costo energetico, poiché l’atleta di buon livello ha una tecnica di progressione più ‘economica’ che gli consente di ottenere velocità più elevate a parità di dispendio energetico. Per quanto riguarda gli stili, quello più economico è lo stile libero, seguito di poco dal dorso; rana e farfalla/delfino risultano più costosi del 50% circa. Nei nuotatori di modesto livello tecnico, tuttavia, a bassa velocità (compresa tra 0,3 e 0,5 m/s) il costo energetico della rana diminuisce significativamente, probabilmente perché la rana è una tecnica più spontanea e quindi la nuotata risulta complessivamente più efficiente.
Il principio di Archimede. Altra particolarità dell’immersione in acqua è l’apparente assenza di peso dovuta al principio di Archimede. Il peso del corpo umano immerso verticalmente risulta apparentemente ridotto al 95% del peso reale quando è immerso fino ai polpacci e, progressivamente, si arriva al 3% con l’immersione totale. Per questo motivo si ricorre spesso agli esercizi in acqua per la riabilitazione in caso di traumi, deficit neurologici o a seguito di chirurgia ortopedica, quando sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sugli arti interessati. Recentemente si è molto diffusa la cosiddetta acquagym, esercizi ginnici svolti in acqua dove l’assenza di peso permette di non caricare le articolazioni e, specialmente, la colonna vertebrale.
L’attività agonistica. Per quanto riguarda l’attività agonistica, le gare più diffuse sono quelle di velocità disputate in piscina su diverse distanze comprese tra 50 e 1.500 m. Le specialità maschili del nuoto figurano nel programma olimpico dal 1904 (Saint Louis), quelle femminili dal 1912 (Stoccolma). Ci sono anche gare di fondo che si svolgono in mare, tra le quali la traversata della Manica (non agonistica) e la Napoli-Capri. Il nuoto è anche fondamentale per altre discipline sportive, quali pallanuoto, nuoto sincronizzato, pentathlon moderno e triathlon.
Che cos’è l’apnea? Nell’uomo l’apnea, o sospensione volontaria della respirazione, non dura normalmente più di un minuto. Con l’immersione in acqua, però, il riflesso di immersione (o riflesso facciale), comune a molti mammiferi, innesca un insieme di reazioni a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio, che riducono il consumo di ossigeno dell’organismo e permettono anche a persone non allenate di tollerare l’apnea per un periodo di tempo un po’ più lungo.
Una tradizione antichissima. Sono famose in proposito le donne di etnia tuffatrici giapponesi che, nei pressi della baia di Ise, da oltre 1.500 anni si tuffano in apnea per raccogliere alghe, crostacei, molluschi e perle. Queste donne, ma anche le donne coreane e indonesiane, scendono fino a 25 m; cominciano all’età di 10÷12 anni e continuano a immergersi fino a quasi 60 anni.
L’apnea come sport. In campo sportivo, si distinguono le immersioni in apnea in assetto costante, in assetto variabile regolamentato e in assetto variabile assoluto o no limits. L’assetto costante prevede che l’atleta scenda e risalga con le sue sole forze, senza variazione nell’assetto di immersione e senza mai aiutarsi col cavo di profondità. Nell’assetto variabile regolamentato l’atleta scende fino alla quota prefissata con una zavorra del peso non superiore a 90 kg e nella risalita può issarsi lungo il cavo di immersione, senza però usare palloncini o giubbotti gonfiabili. L’immersione in assetto variabile no limits è, appunto, libera, non ci sono limiti di peso per la zavorra e l’atleta può risalire con l’ausilio di gonfiabili.
Primati di immersione. L’italiano Enzo Maiorca è stato il primo a sfidare le certezze dei medici che sostenevano l’impossibilità per l’uomo di oltrepassare il limite di 50 m sott’acqua. Nel 1962 è sceso a 51 m e ha poi stabilito nuovi primati ogni anno. Nel 1965 è iniziata una sfida a distanza col francese Jacques Mayol, durata oltre 20 anni e finita con Mayol a quota 105 m e Maiorca a quota 101. Questa lunga rivalità è raccontata in un film di Luc Besson, Il grande blu (1988). Sono poi subentrati l’italiano Umberto Pelizzari – 131 m in assetto variabile regolamentato, nel 2001 – il cubano Francisco ‘Pipin’ Ferreras – 170 m in assetto variabile assoluto, nel 2003 – e poi ancora un italiano, Gianluca Genoni – 133 m in assetto variabile regolamentato, nel 2004. Nel 2002 questo stesso atleta aveva stabilito un altro primato in apnea statica: ben 12'34"91 sott’acqua.
L’uso delle bombole, o respiratore subacqueo, permette al subacqueo di rimanere più a lungo sott’acqua e di raggiungere quote più profonde. L’autorespiratore ad aria (ara) è un sistema cosiddetto a circuito aperto perché l’aria respirata è rilasciata in acqua e forma le ben note bollicine. L’autorespiratore a ossigeno (aro) è invece a circuito chiuso: l’aria espirata passa attraverso un filtro che la depura dell’anidride carbonica e poi ritorna in circolo.
Il pericolo principale deriva dalla pressione dell’acqua, molto superiore a quella dell’aria, che comprime i gas contenuti nell’organismo. La risalita in superficie deve, quindi, essere fatta gradualmente seguendo apposite tabelle di decompressione, per evitare che il gas si espanda troppo velocemente, formando bolle d’aria nel sangue (embolia).
A livello ricreativo, l’uso delle bombole era finalizzato principalmente alla pesca subacquea, oggi vietata in quasi tutto il Mediterraneo. Negli ultimi decenni, con l’aumento della sensibilità per la tutela ambientale, si sono molto sviluppati la fotografia subacquea, gli itinerari archeologici e la semplice osservazione dei fondali.
L’oceanografo francese Jacques-Yves Cousteau è l’inventore, insieme all’ingegnere Émile Gagnan, dell’erogatore, un riduttore di pressione che permette al subacqueo di respirare dalle bombole aria alla pressione dell’ambiente circostante. Con la commercializzazione di questo congegno semplice e relativamente poco costoso inizia, nei primi anni Cinquanta, lo sviluppo degli sport subacquei. A bordo della nave-laboratorio Calypso, Cousteau ha esplorato e studiato il mondo sottomarino, compreso il Mar Glaciale Artico, utilizzando poi molto del materiale per una lunga serie di straordinari film e documentari. Il primo film, Il mondo del silenzio, è uscito nel 1955.