specie biologia Nella sistematica biologica, categoria che rappresenta l’unità fondamentale di base del sistema di classificazione. S. sistematica S. comprendente diverse sottospecie (dette anche s. elementari o, in botanica, giordanoni), cioè diverse popolazioni o gruppi di popolazioni, normalmente simpatriche o parapatriche, fra loro distinguibili per diversi caratteri. S. sistematica è sinonimo di grande s., linneone, s. linneana, macrospecie, s. collettiva. Speciografia Parte della sistematica botanica e zoologica che si occupa della distinzione delle s. e delle entità sistematiche subordinate e della loro descrizione.
Il concetto di s., da molto tempo al centro dell’attenzione di biologi e naturalisti, ha subito notevoli modifiche parallelamente al progredire delle conoscenze. Il concetto di s. tipologica, cronologicamente il primo, è riconducibile al platonismo; le s. tipologiche, distinte e immutabili, erano dotate di caratteristiche, specialmente morfologiche, da rapportare a un modello o archetipo, esistente in un ‘mondo delle idee’ e creato dalla divinità. Era perciò possibile definire una s. scegliendo un ‘esemplare tipo’ (olotipo) da conservare in un museo come termine di riferimento e confronto con altri eventuali soggetti da identificare tassonomicamente. Questo criterio morfologico viene ancora seguito perché, in molti casi, è l’unico applicabile e permette, inoltre, la classificazione delle s. fossili. D’altra parte, numerosi fenomeni biologici, la variabilità stagionale o legata all’età, il dimorfismo sessuale, il polimorfismo genetico, l’esistenza di s. sorelle, non possono essere interpretati riferendosi al concetto tipologico.
L’affermarsi delle concezioni evoluzionistiche ha proposto le s. come ‘entità storiche’, suscettibili di continui cambiamenti durante il corso del tempo. Da questi presupposti deriva il concetto di s. biologica di T. Dobzhansky ed E. Mayr; dal 1940, questo concetto è stato modificato e riscritto più volte, fino all’enunciazione di Mayr (1983): «Una s. è una comunità riproduttiva di popolazioni, riproduttivamente isolata dalle altre, che in natura occupa una nicchia specifica». In questo modo, la s. viene definita in base alle proprietà delle popolazioni, anziché in dipendenza dei caratteri di un singolo organismo; inoltre l’introduzione del concetto di nicchia definisce ancora meglio i componenti di una comunità riproduttiva. Pur se la s. biologica non si basa sulla morfologia, i caratteri morfologici dei singoli componenti possono essere utili per la diagnosi di differenti s. biologiche; in qualche caso, esperimenti d’incrocio permettono valutazioni dirette dello status di specie.
Anche il concetto di s. biologica è stato criticato, sia perché non si può applicare agli organismi che si riproducono solo asessualmente, sia perché non considera le dimensioni spazio-temporali della s. stessa. Intorno agli anni 1940 G. Simpson ha introdotto il concetto di s. evolutiva, proprio per integrare con la dimensione tempo il concetto di s. biologica; con successive modifiche si è arrivati alla definizione seguente: si intende come s. evolutiva una singola linea evolutiva di popolazioni derivanti da uno stesso antenato, che rimangono distinte da altre simili linee e hanno tendenze evolutive e destino storico propri. Questo concetto si può ovviamente riferire a organismi che si riproducono sia sessualmente sia asessualmente; una linea evolutiva potrà essere individuata come s. per tutto il tempo in cui permarrà una continuità delle caratteristiche diagnostiche; modifiche rapide di queste caratteristiche segneranno i ‘limiti’ di s. diverse nel tempo evolutivo.
L’affermarsi della sistematica cladistica, infine, ha comportato l’introduzione del concetto di s. filogenetica, secondo il quale la s. è indicata come un insieme indivisibile di organismi, che comprende tutti i discendenti da un fenomeno di cladogenesi ed è diagnosticamente distinguibile da altri gruppi. filosofia Il termine (latino species, cui corrispondono in greco ειδος e ἰδέα) designa in Platone l’idea universale per sé sussistente, causa esemplare delle cose sensibili, ciò cui gli individui partecipano. Secondo Aristotele s. è insieme la classe degli individui che hanno la stessa forma e che quindi partecipano della stessa essenza, e il concetto universale, che, sul piano della logica, designa questa stessa classe potendosi predicare di ciascun individuo in essa compreso. Secondo la dottrina aristotelica s. è anche l’immagine sensibile o intellettuale dell’oggetto conosciuto. I valori del termine fissati da Aristotele sono quelli recepiti dalla tradizione filosofica.