Spartaco
Lo schiavo ribelle contro Roma
Spartaco era uno schiavo originario della Tracia, una vasta regione dei Balcani orientali, impiegato come gladiatore in Campania nel 1° secolo a.C. La sua rivolta contro Roma, iniziata nel 73 a.C., è diventata il simbolo della lotta degli oppressi contro gli oppressori. Al mito di Spartaco si ispireranno ancora in età moderna molti movimenti politici e sindacali di ispirazione socialista o populista
Il 1° secolo a.C. fu il periodo di maggiore espansionismo nella storia di Roma repubblicana, il cui potere si andava diffondendo rapidamente su tutto il mondo conosciuto (Romani antichi). In Italia, assieme a enormi ricchezze, affluivano anche masse di schiavi con l’effetto di impoverire ancora di più i piccoli contadini italici: costoro infatti non potevano reggere il confronto con le produzioni a bassissimo costo delle aziende con gli schiavi, per cui si indebitavano fino a diventare nullatenenti, situazione cui cercarono soluzione i Gracchi.
Le masse di nullatenenti si rifugiavano nelle grandi città, e in particolare a Roma, dove tentavano di vivere di espedienti e di carità. Anche per soddisfare queste folle di sfaccendati venivano organizzati, a cura dei magistrati dello Stato, i grandi giochi gladiatori, che di norma impegnavano gli schiavi più forti, appositamente allenati in vere e proprie scuole.
Fu da una di queste scuole – quella di Gneo Lentulo Barbato, a Capua – che nel 73 a.C. iniziò la grande avventura di Spartaco. Da questa scuola partì la rivolta di un gruppo di 80 gladiatori che riuscì a sterminare i carcerieri e ad arroccarsi sulle falde del Vesuvio. Qui i gladiatori riuscirono ad attrarre altri schiavi dalle vicinanze, per lo più impiegati in agricoltura, non gladiatori, ma quasi tutti prigionieri di guerra, abituati all’uso delle armi. Tra questi nuovi compagni si segnalarono Crisso ed Enomao, che divennero i più stretti collaboratori di Spartaco. Progressivamente, oltre agli schiavi, si unì un numero sempre crescente di contadini impoveriti.
In breve tempo, grazie anche all’iniziale sottovalutazione del problema da parte di Roma, l’esercito di schiavi arrivò a contare oltre 40.000 uomini. Quando divennero così numerosi, Spartaco decise di muoversi dal Vesuvio in cerca della libertà, ma una differenza di vedute con Crisso ed Enomao portò alla divisione dell’esercito in due tronconi: quello maggiore, di 30.000 uomini, si diresse sotto la guida di Spartaco a nord, verso le Alpi, mentre il resto dei disperati si diresse a sud, in Puglia, dove venne sterminato dall’esercito del console Valerio Publicola. Questi però non riuscì a battere le truppe di Spartaco, che anzi ottenne una clamorosa vittoria nei pressi di Modena. Poi, però, inspiegabilmente, decise di non proseguire la sua marcia verso la libertà, ma tornò indietro verso sud, con un esercito ormai accresciuto a 100.000 uomini: ovunque passava schiavi e contadini impoveriti si univano a lui.
A questo punto a Roma apparve chiarissimo il pericolo costituito da questo nuovo nemico. Vennero dati poteri eccezionali al pretore Marco Licinio Crasso, al quale fu affidato un esercito di dieci legioni. Frattanto Spartaco cominciò a sperimentare le difficoltà di tenere unito un esercito immenso e indisciplinato, un’accozzaglia di disertori e diseredati, piuttosto che una vera unità militare. La decisione di dividere le sue forze in unità più piccole fu probabilmente dettata da necessità pratiche piuttosto che da calcolo strategico. Crasso riuscì ad annientare una di queste unità più piccole e ad assediare il grosso dell’esercito di Spartaco nei pressi di Reggio Calabria costruendo una palizzata lunga ben 55 km. Spartaco, infatti, aveva in progetto di tentare uno sbarco in Sicilia, ma all’ultimo momento gli mancò il sostegno della flotta dei pirati cilici che si erano offerti di aiutarlo. Egli riuscì comunque a liberarsi dalla morsa di Crasso, ma il suo gruppo continuò a sfaldarsi. Crasso inseguì e sterminò uno a uno i vari gruppi di schiavi, fino a giungere al grande scontro decisivo con Spartaco e i suoi in Lucania.
Fu un vero e proprio massacro, nel corso del quale morì lo stesso Spartaco, anche se non se ne poté identificare il corpo (71 a.C.). I 6.000 prigionieri che in quella battaglia furono catturati vennero tutti crocifissi ai bordi della via Appia. Un ultimo gruppo che era sfuggito al massacro venne sterminato in Etruria dalle truppe al comando di Pompeo.