Sonno
Il sonno rappresenta uno stato e un periodo di riposo fisico-psichico dell'uomo e degli animali, caratterizzato dalla sospensione totale o parziale della coscienza e della volontà e accompagnato da sensibili modificazioni funzionali (diminuzione del metabolismo energetico, riduzione del tono muscolare, della frequenza del polso e del respiro, della pressione arteriosa ecc.), di fondamentale importanza nel ristoro dell'organismo. Nell'uomo, come in tutti gli altri animali a sangue caldo (Uccelli, Mammiferi), esistono due tipi di sonno: quello quieto, lento, sincronizzato o NREM, contraddistinto da riposo fisico e mentale, e quello agitato, rapido, desincronizzato, paradossale, o sonno REM, caratterizzato da una 'attivazione endogena' del cervello in un organismo ancora addormentato.
l. Cicli del sonno
Dal punto di vista elettroencefalografico, la transizione dalla veglia al sonno avviene gradualmente, con diffusione anteriore e successiva frammentazione e scomparsa del ritmo α (a 8-13 Hz), che viene sostituito da onde più lente (a 4-7 Hz), dette onde ϑ, di basso voltaggio (fase I del sonno NREM, Non rapid eye movement, o fase di assopimento). Il sonno vero e proprio inizia però con la comparsa di onde bioelettriche caratteristiche, i 'fusi del sonno' (sleep spindles) e i 'complessi K', che contraddistinguono la cosiddetta fase II del sonno NREM, o sonno leggero. Quando onde lente di grande ampiezza (onde δ), presenti dall'inizio del sonno, occupano più del 20% del tracciato elettroencefalografico, si passa dal sonno leggero a quello profondo (fasi III-IV del sonno NREM). Il sonno REM (Rapid eye movement) è caratterizzato, invece, da attività rapida di piccola ampiezza, indistinguibile da quella tipica della veglia a occhi aperti o dell'assopimento.
Registrando insieme all'elettroencefalogramma (EEG) anche i movimenti degli occhi (attraverso l'elettro-oculogramma), si evidenziano scariche di movimenti oculari rapidi che consentono di riconoscere questo tipo di sonno. Il sonno REM è contraddistinto anche dalla scomparsa del tono muscolare residuo nei muscoli antigravitari: questo dato viene raccolto tramite l'elettromiografia dei muscoli del mento. Il sonno inizia con un primo episodio di sonno NREM che si va approfondendo dalla fase I alla IV. Dopo circa 90 min compare un primo, breve, episodio di sonno REM. Sonno NREM e REM si alternano in questo ordine per 4-6 volte, ogni 90 min circa, fino al risveglio mattutino. Nei primi cicli (un ciclo è costituito da un episodio di sonno NREM e da quello di sonno REM che lo segue) prevale il sonno profondo (fasi III-IV NREM), negli ultimi il sonno leggero (fase I-II NREM) e il sonno REM. Ci si addormenta in meno di 10-15 min e, mediamente, si dorme tra le 7 e le 8 ore.
Il sonno leggero rappresenta circa il 50% del tempo totale di sonno, quello profondo e quello REM tra il 20 e il 30% ciascuno. Il neonato alterna sonno e veglia ogni 3-4 ore, dormendone 16 su 24. Il sonno è per il 50% di tipo agitato (corrispondente al sonno REM) e per il 50% di tipo quieto (corrispondente a quello NREM). Dopo alcuni mesi, il sonno si concentra soprattutto nelle ore notturne; la sua durata diminuisce rapidamente nei primi anni di vita: a 4 anni è di circa 11-12 ore, a 13-14 anni di 9-10 ore. Un giovane adulto dorme 8-9 ore; una persona anziana 7-8 ore. Si tratta però di valori medi; vi sono infatti persone che non dormono più di 4-5 ore (brevi dormitori, short sleepers); altre che non si sentono riposate se non dormono almeno 10-11 ore (lunghi dormitori, long sleepers). Alcuni individui si coricano e si svegliano presto (allodole, larks), altre si coricano e si alzano tardi (gufi, owls). Giovani gufi si trasformano spesso in vecchie allodole (v. anche insonnia).
Nel bambino si riscontrano abbondanza di sonno profondo (onde δ del tracciato elettroencefalografico), rapidità di addormentamento, scarso numero e breve durata dei risvegli notturni; nell'anziano, scarsa quantità di sonno profondo, lungo tempo di addormentamento, risvegli notturni numerosi e protratti. L'intensità degli stimoli in grado di provocare un risveglio aumenta dalla fase I alla fase IV NREM. Durante il sonno REM la soglia per gli stimoli risveglianti è variabile: essa risulta condizionata più dal contenuto affettivo (tono della voce, significato del messaggio) che dall'intensità e dalla durata dello stimolo stesso. Dal sonno profondo (con onde δ) ci si risveglia lentamente, con difficoltà a comprendere e a esprimersi talora persistenti per molti minuti. Dal sonno REM ci si sveglia rapidamente: subito lucidi e orientati, si è, molto di frequente, in grado di ricordare il contenuto di un sogno.
I fenomeni motori che caratterizzano il sonno sono:
1) le mioclonie ipniche fisiologiche, scosse muscolari di piccola estensione e ampiezza, che visivamente possono essere rilevate con l'esplorazione attenta dei muscoli mimici (periorali) e dei muscoli distali degli arti (soprattutto delle dita): sono presenti per tutta la durata del sonno, anche se più abbondanti durante l'assopimento e il sonno REM;
2) i sussulti mioclonici, scosse massive e violente che provocano bruschi movimenti del tronco, del capo e della radice degli arti: insorgono, molto sporadicamente, durante l'assopimento e nel sonno leggero e possono accompagnarsi a tachicardia, shock sensoriali (lampo di luce, sensazione di cadere nel vuoto), senso di angoscia, o a un transitorio risveglio;
3) i cambiamenti di posizione: il passaggio dalla posizione supina a quella prona, dall'uno all'altro fianco avviene almeno 3-4 volte ogni ora ed è più frequente all'inizio e al termine di ogni episodio di sonno REM;
4) i movimenti mimici e gestuali: sorrisi, gemiti, digrignamento dei denti, grattamenti del capo, dei genitali o degli arti possono verificarsi in ogni fase di sonno, ma soprattutto durante il sonno leggero.
Nel sonno NREM, il tono dei muscoli scheletrici diminuisce rispetto alla veglia; nel sonno REM scompare totalmente. L'atonia muscolare si associa a paralisi funzionale dei muscoli scheletrici. Durante il sogno non si è perciò in grado di muoversi; si è funzionalmente paralizzati. Se così non fosse, ogni episodio di sonno REM si accompagnerebbe a un'intensa agitazione motoria. Ciò accade in situazioni patologiche quando, per il cattivo funzionamento del sistema che produce l'atonia muscolare, i pazienti partecipano attivamente al proprio sogno, agitandosi, parlando o urlando, difendendosi o attaccando un fantomatico aggressore. Questo disturbo del comportamento motorio del sonno REM è relativamente frequente nelle persone anziane, specialmente se affette da malattie neurodegenerative (morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer, atrofie multisistemiche ecc).
Con l'addormentamento e l'approfondimento del sonno NREM, la frequenza cardiaca e respiratoria e la pressione arteriosa sistemica diminuiscono progressivamente, fino a raggiungere valori relativamente bassi e stabili durante il sonno profondo. La pressione arteriosa si attesta su valori inferiori del 15-20% a quelli della veglia preipnica. Fasi di attivazione (aumento della frequenza cardiaca e respiratoria e della pressione arteriosa, segni elettroencefalografici di alleggerimento del sonno, aumento del tono e dell'eccitabilità muscolare) si alternano a fasi di deattivazione (diminuzione della frequenza cardiaca e respiratoria e della pressione arteriosa sistemica, segni elettroencefalografici di approfondimento del sonno, diminuzione del tono muscolare).
Le oscillazioni periodiche delle attività elettroencefalografica, vegetativa e motoria caratterizzano soprattutto il sonno leggero (fasi I-II del sonno NREM). Il sonno REM è contraddistinto da irregolarità respiratorie e cardiocircolatorie: tachi- e bradipnea, tachi- e bradicardia si alternano in modo imprevedibile e anarchico. La pressione arteriosa sistemica va incontro a incrementi improvvisi; il tono arteriolare periferico presenta brevi episodi ricorrenti di vasocostrizione. Fin dai primi mesi di vita, durante il sonno REM, compaiono episodi di tumescenza del pene e della clitoride.
Questi fenomeni diventano costanti dal 3° anno e continuano a manifestarsi fino in età avanzata (oltre il 70° anno), senza essere necessariamente in relazione con sogni erotici. Le oscillazioni, secretive e motorie, del tratto gastrointestinale non hanno un rapporto ben definito con il ritmo sonno/veglia. Tra le 10 della sera e le 2 del mattino, però, la secrezione gastrica aumenta in modo considerevole. Filtrazione glomerulare e secrezione renale di elettroliti diminuiscono durante il sonno. Nel corso del sonno la temperatura corporea, che raggiunge i valori più elevati nelle prime ore del pomeriggio e quelli più bassi nelle prime ore del mattino (5-6 ore dopo l'addormentamento), oscilla tra 36-36,5 e 37-37,5 °C.
In condizioni fisiologiche il sonno ha inizio mentre la temperatura diminuisce e termina mentre sale. La propensione ad addormentarsi è maggiore verso le 3 e le 6 del mattino e nel primo pomeriggio. Questo fatto ha suggerito l'esistenza di un ritmo semicircadiano (di circa 12 ore) che giustificherebbe l'abitudine, molto diffusa tra i popoli mediterranei, al breve riposo pomeridiano. Nei viaggiatori transcontinentali e nei lavoratori a turno, la temperatura non segue immediatamente l'allungamento o l'accorciamento del ciclo sonno/veglia: ciò crea una temporanea alterazione del sincronismo tra sonno e temperatura, cui conseguono un sonno meno continuo e riposante e una veglia meno efficiente (jet-lag syndrome).
L'ormone della crescita (GH, Growth hormone) e la prolattina presentano picchi secretivi durante il sonno: il GH, nelle prime ore, quando prevale il sonno profondo, la prolattina nelle ultime ore, quando prevale il sonno REM. La secrezione di ACTH (Adreno-cortico-tropic hormone), cortisolo e catecolamine aumenta quando la temperatura corporea si eleva, quindi nelle ultime ore di sonno, e diminuisce quando si abbassa, durante l'addormentamento e nelle prime ore di sonno. Si tratta comunque di oscillazioni che non sono strettamente legate al ritmo sonno/veglia. La secrezione di melatonina, la cui funzione è quella di regolare l'orologio interno che modula le oscillazioni circadiane delle funzioni vegetative ed endocrine, si incrementa durante la notte, ma per effetto dell'oscurità, non del sonno.
I processi mentali, fantastici e ideativi continuano, sia pure in modo inconsapevole, nel corso del sonno, assumendo caratteristiche diverse in rapporto alle situazioni fisiologiche che ne contraddistinguono le fasi e i tipi. Durante l'assopimento i pensieri e le immagini si accavallano senza un preciso ordine logico, in una condizione di andirivieni della coscienza. La ricchezza delle percezioni visive e dei contenuti immaginativi possono dare al vissuto dell'assopimento l'aspetto caratteristico di un sogno. Nel sonno profondo l'attività mentale viene generalmente riferita come un pensiero mal ricordato e povero di contenuti: ciò corrisponde a una globale riduzione del metabolismo cerebrale che caratterizza questo tipo di sonno.
Nel sonno REM l'attività mentale si esprime con sogni complessi e articolati che vengono spesso riferiti con abbondanza di particolari: ciò corrisponde, sotto il profilo fisiologico, a un'attività cerebrale molto elevata, che riguarda tutte le regioni del cervello a eccezione di quelle che ricevono stimoli dall'interno dell'organismo o dall'ambiente (v. sogno). I sogni riferiti subito dopo un risveglio sono meno ricchi di contenuti e meno complessi di quelli ricordati dopo un certo lasso di tempo, per cui è probabile che intervengano forme di elaborazione postuma del materiale onirico. Talora alcune persone sono consapevoli di stare sognando e sono capaci di controllare il contenuto del loro sogno (lucid dreams è l'espressione usata per indicare questa capacità di influire sulla propria attività onirica).
Il ritmo sonno/veglia è regolato da una complessa rete neuronale che dalla corteccia cerebrale si estende al tronco dell'encefalo. Questa rete si è probabilmente organizzata in senso caudorostrale con lo sviluppo filogenetico e comprende gruppi di neuroni attivanti e deattivanti del rombencefalo (bulbo e ponte), della regione mesencefaloipotalamica, della porzione limbica del talamo e della corteccia. In altre parole, il cervello interviene nella regolazione del ritmo sonno/veglia attraverso circuiti integrati molto estesi. I comportamenti psicologici, motori e neurovegetativi che caratterizzano il passaggio dalla veglia al sonno sono probabilmente coordinati dalle strutture nervose rostrali (talamolimbiche) di più recente acquisizione filogenetica, che controllano le attività istintive e l'omeostasi dell'organismo. Il nucleo soprachiasmatico dell'ipotalamo, formato da un piccolo aggregato di neuroni dotati di autoritmicità, regola l'alternarsi del sonno e della veglia nelle 24 ore. Quest'orologio biologico viene controllato da impulsi provenienti dalla retina e dalla secrezione notturna di melatonina e governa anche i ritmi circadiani della temperatura e di altre funzioni vegetative ed endocrine.
All'inizio del 20° secolo era stato suggerito che il sonno fosse favorito da 'ipnotossine' prodotte durante la veglia: ma ancora oggi, nonostante le innumerevoli ricerche, le basi biochimiche del sonno sono un problema non risolto. La veglia viene attivata da neuroni colinergici del tronco encefalico e del prosencefalo basale, ma anche da neuroni istaminergici dell'ipotalamo (da ciò la sonnolenza prodotta dagli antistaminici) e glutamergici della corteccia. Il sonno è favorito da neuroni GABAergici della corteccia limbica e del talamo (da ciò l'effetto ipnoinducente delle benzodiazepine, le quali potenziano il sistema inibitorio GABAergico). L'accumulo liquorale di adenosina favorisce la sonnolenza (da cui l'effetto risvegliante della caffeina e della teofillina che antagonizzano l'azione dell'adenosina). Il sonno sarebbe favorito anche dall'accumulo ipotalamico di una prostaglandina. Comportamenti complessi come veglia e sonno non possono perciò essere ricondotti semplicisticamente all'attività di uno o pochi
neurotrasmettitori, ma devono essere visti come l'espressione di un gioco complesso, in cui intervengono strutture nervose, poste a diversi livelli del sistema nervoso centrale e dotate di proprietà antagonistiche attivanti (risveglianti) e deattivanti (ipnoinducenti).
Per mantenere sveglio un animale occorre stimolarlo in modo energico e continuo; se l'animale muore è però difficile dire se ciò accada per la mancanza di sonno o per l'effetto stressante degli stimoli di natura meccanica che lo tengono sveglio. Questo problema metodologico è stato risolto recentemente: due ratti dello stesso ceppo ricevono nelle 24 ore la stessa quantità di stimoli; uno dei due li riceve quando sta per addormentarsi, l'altro a caso. Quest'ultimo, riuscendo a dormire, sopravvive senza conseguenze; il primo, non riuscendo ad addormentarsi, muore in 2-4 settimane. L'effetto biologico più evidente della privazione cronica di sonno, almeno nel ratto, sembra essere una perdita progressiva di peso, dovuta all'abnorme aumento della spesa calorica. Il sonno potrebbe perciò servire a mantenere in equilibrio i meccanismi termoregolatori dell'organismo. Nell'uomo la privazione cronica di sonno non può, per motivi etici, protrarsi per più di 100-150 ore: essa provoca sonnolenza, depressione dell'umore, apatia, irritabilità, stanchezza, senso di affaticamento psichico e muscolare.
In soggetti psicologicamente predisposti, la privazione di sonno può indurre anche deliri e allucinazioni che comunque si dileguano dopo un sonno rigeneratore. La privazione selettiva di sonno REM tende a migliorare, sia pure in modo transitorio, uno stato depressivo. Le teorie formulate per giustificare la necessità biologica di dormire sono numerose, ma nessuna di esse appare suffragata da prove sufficienti a privilegiarla su tutte le altre. Il sonno lento (NREM) potrebbe servire al ristoro dell'organismo, il sonno REM a quello del cervello; nel sonno potrebbero riaggiustarsi i meccanismi della termoregolazione, che in una veglia continua potrebbero squilibrarsi in modo irreversibile.
La riattivazione cerebrale endogena che caratterizza il sonno REM potrebbe favorire lo sviluppo ontogenetico del cervello stesso. Con quest'ultima ipotesi potrebbe accordarsi il fatto che il sonno REM è particolarmente abbondante nel feto e nel neonato. Il sogno potrebbe essere una valvola di sicurezza attraverso cui l'individuo scarica pulsioni istintive accumulate durante la veglia. Il sonno REM servirebbe a riprogrammare la propria individualità genetica, che potrebbe andare perduta per effetto di stimoli ambientali permanenti. Ma il sonno potrebbe anche essere soltanto un comportamento biologico finalizzato a migliorare la capacità di sopravvivenza degli animali che popolano la Terra: attraverso il sonno si possono economizzare energie che verranno spese nel momento del bisogno per soddisfare istinti vitali, come, per es., la nutrizione e l'accoppiamento.
g. coccagna, Il sonno e i suoi disturbi, Padova, Piccin-Nuova libraria, 1992.
e. lugaresi, l. omicini, Il sonno, il sogno, un mondo misterioso, Milano, Sperling & Kupfer, 1996.
Principles and practice of sleep medicine, ed. M.H. Kryger et al., Philadelphia, Saunders, 19942.