Insonnia
Il termine insonnia (derivato dal latino insomnis, "inabile a dormire"), qualora venisse inteso nel significato letterale di mancanza di sonno, dovrebbe essere giudicato improprio, in quanto un'assenza permanente e totale di sonno rappresenta un evento di rarissimo riscontro nella pratica medica. Secondo una definizione clinica oggi largamente condivisa, l'insonnia consiste piuttosto nella percezione di avere un sonno inadeguato o anormale.
l. Quadro clinico ed epidemiologico
La definizione clinica d'insonnia, basata su un criterio eminentemente soggettivo, è così ampia da includere nel novero degli insonni anche chi lamenta una cattiva qualità del sonno, indipendentemente dalla quantità di tempo trascorsa dormendo. La necessità di definire il disturbo in termini soggettivi è dovuta all'impossibilità di stabilirne i limiti fisiologici, sia per la durata sia per la distribuzione nell'arco della giornata. Riguardo al sonno si rileva infatti una varietà di scelte comportamentali preferenziali, quali l'essere un lungo o un breve 'dormitore' (vi sono persone che necessitano di 9-10 ore di sonno, mentre per altre ne sono sufficienti 4 o 5), oppure il preferire restare svegli in tarda serata o nelle prime ore del mattino (cosiddetti gufi e allodole). Talvolta, i brevi dormitori si lamentano della propria condizione, essendo costretti a rimanere svegli mentre gli altri dormono, ma non accusano alcuna riduzione delle performance diurne: questa situazione si configura come 'pseudoinsonnia' (Smirne 1985).
L'insonnia può avere differenti espressioni cliniche, distinguibili essenzialmente in tre categorie: insonnie iniziali, in cui il disturbo consiste nella difficoltà di addormentamento; insonnie intermedie, caratterizzate da numerose interruzioni del sonno durante la notte; insonnie finali, in cui il paziente si risveglia precocemente e non riesce più a riaddormentarsi. Vi sono inoltre numerose forme miste, nelle quali queste diverse tipologie coesistono. Fino al 1990, una classificazione internazionale dei disturbi del sonno poneva le insonnie tra i disturbi dell'inizio e del mantenimento del sonno (DIMS, Disorders of initiating and maintaining sleep), separandoli dai disturbi con eccessiva sonnolenza diurna (DOES, Disorders of excessive sleepiness); una revisione aggiornata della stessa classificazione, realizzata appunto nel 1990 dalla American sleep disorders association, supera tale distinzione raggruppando entrambi i tipi nello stesso capitolo delle 'dissonnie'. In base alla durata dei sintomi, vengono distinte tre forme d'insonnia: occasionale (per pochi giorni), transitoria (da 1 a 3 settimane), cronica o persistente (oltre 3 settimane). Dal punto di vista epidemiologico, non è stata dimostrata alcuna correlazione tra particolari situazioni geografiche e un aumento delle manifestazioni d'insonnia (Luce-Segal 1971). Le ricerche dedicate a tale problema hanno rilevato una prevalenza d'insonnia variabile tra circa il 13% e il 32% della popolazione generale (quest'ultimo dato è riferito all'area urbana di Los Angeles). Da un'indagine, condotta nei primissimi anni Ottanta del 20° secolo nella Repubblica di San Marino utilizzando un campione formato da 6000 persone, è risultato che un numero di persone pari al 13,4% della popolazione si dichiara insoddisfatto del proprio sonno (Good and poor sleepers 1983). Secondo questo studio, soffrono d'insonnia soprattutto le donne nella fascia di età tra i 45 e i 55 anni, verosimilmente in corrispondenza della menopausa. Il picco di incidenza del disturbo nel sesso maschile si colloca invece intorno ai 60-65 anni, in coincidenza con l'età del pensionamento.
Nel recente passato, il termine insonnia è stato utilizzato come categoria diagnostica, attribuendo al disturbo il carattere di malattia. Attualmente, si tende invece a considerare l'insonnia come un sintomo del quale vanno ricercate le cause specifiche. L'insonnia di cui è possibile individuare i fattori scatenanti, e che interessa peraltro un gruppo consistente di soggetti, viene classificata tra le forme cosiddette secondarie; quella invece che costituisce il problema di base per i pazienti e non si configura come sintomo di altra patologia (Hauri 1989) è definita primaria e distinta in tre tipi.
a) Insonnia psicofisiologica. È legata a una generica tensione emotiva riguardante il sonno, in assenza di altre disfunzioni psicopatologiche o mentali. Tipicamente, si manifesta nei pazienti in seguito a un evento stressante, anche non grave; successivamente il timore di non riuscire ad addormentarsi e l'ansia derivata da ciò creano un circolo vizioso che determina la cronicizzazione del disturbo. Tali soggetti, concentrati sul loro problema di sonno, compiono ogni sera un intenso 'sforzo' per addormentarsi e questo li rende ancora più vigili e tesi. Il disturbo si rivela solitamente in persone giovani (20-30 anni), per lo più di sesso femminile, e rappresenta circa il 15% di tutte le forme di insonnia osservate nei Centri del sonno degli Stati Uniti e il 12,5% di quelle studiate in quelli italiani (Terzano-Parrino 1993). All'instaurarsi di un'insonnia psicofisiologica concorrono svariati fattori. Esiste probabilmente una predisposizione costituzionale che si manifesta con un'elevata incidenza di disturbi vegetativi, dolori muscolari e forme di ansia somatizzata. Vi sono, inoltre, fattori di condizionamento negativo rispetto al sonno: in parte essi sono determinati dalla stessa aspettativa del soggetto assillato da uno stato di inquietudine che ha un effetto potentemente 'risvegliante'; un'altra parte di fattori deriva dall'ambiente esterno (per es. l'arredamento dello spazio destinato al riposo notturno); ciò spiega come mai questi pazienti si addormentino facilmente quando non si impegnano nella ricerca del sonno (per es. davanti al televisore) oppure dormono in un contesto diverso dall'abituale.
b) Insonnia idiopatica. È molto rara (1% delle insonnie studiate nei Centri del sonno italiani): esordisce nell'infanzia o addirittura alla nascita; è a eziologia sconosciuta; viene attribuita ad alterazioni neurochimiche dei meccanismi nervosi che controllano il ciclo sonno-veglia. Si tratta frequentemente di un disturbo grave che risponde scarsamente alla terapia farmacologica, interferisce in modo significativo con la vita del paziente e può portare in alcuni casi all'abuso di farmaci o alcol.
c) Insonnia da errata percezione del sonno. La definizione di tale tipo d'insonnia come entità nosologica è controversa e contraddistinta da una discrepanza tra ciò che il soggetto riferisce (ossia di dormire poco o nulla) e ciò che risulta dall'osservazione (diretta o strumentale), che dimostra un sonno di durata pressoché normale, comunque superiore alla stima soggettiva. È una forma rara (1,5% nelle casistiche italiane), più frequente nelle donne giovani o di mezza età; la disponibilità di metodiche di valutazione della qualità del sonno e dell'analisi della microstruttura ipnica ha permesso una migliore conoscenza del disturbo.
Anche il sonno normale è caratterizzato dalla comparsa di sporadici microrisvegli, non coscienti, e da fasi di instabilità in cui il livello di vigilanza presenta marcate fluttuazioni, ma in pazienti con errata percezione del sonno tale instabilità è molto maggiore e i microrisvegli aumentano, passando da circa 150 a 400-500 o più. Per alcuni autori, l'errore nella stima soggettiva della durata del sonno è presente in tutti i disturbi legati a esso, non costituisce un tratto distintivo di alcuna forma specifica di insonnia e, dunque, non dovrebbe essere considerato come categoria diagnostica indipendente. In molti casi l'insonnia è secondaria a una definita malattia organica o psichica.
Tra le patologie psichiatriche, i disordini affettivi sono quelli più frequentemente riconosciuti come causa d'insonnia (depressione maggiore, bipolare, distimica, ciclotimica, atipica e bipolare atipica). Secondo varie casistiche (Walsh-Sugerman 1989), dal 15% a oltre il 50% dei pazienti con insonnia persistente presenta un disturbo psichico classificabile tra i disordini affettivi. Nel caso della depressione maggiore, si verifica solitamente un risveglio precoce seguito da incapacità a riaddormentarsi; come dimostrano numerosi studi, il sonno è superficiale, frammentato e contraddistinto da un'anticipata comparsa della fase con movimenti oculari rapidi (REM, Rapid eye movement), cioè 20-40 min dopo l'inizio del sonno, anziché 70-120 min come in condizioni fisiologiche. Nei disordini ciclotimici, in concomitanza di periodi di mania o ipomania, è invece predominante la difficoltà di addormentamento; le anomalie strutturali risultano meno evidenti.
Alterazioni del sonno e insonnia sono molto frequenti nei pazienti affetti da sindromi d'ansia, quali fobie, panico, ansia generalizzata e manifestazioni ossessivo-compulsive. Gli attacchi di panico esordiscono durante il sonno, di solito dopo 2 o 3 ore dall'addormentamento; successivamente il sonno è impedito dal timore di un nuovo attacco (Maggini-Amore 1993). Nel disturbo da stress post-traumatico, l'esperienza negativa viene rivissuta in sogno sotto forma di incubi. Nei soggetti ansiosi la struttura ipnica è caratterizzata da una riduzione delle fasi sia di sonno profondo, senza movimenti oculari rapidi (III e IV NREM, Non rapid eye movement), sia di quello REM; non si riscontra una riduzione della latenza del sonno REM, tipica dei pazienti con disturbi affettivi. Anche i disturbi somatoformi, i disordini della personalità e le psicosi sono una causa di alterazione del sonno.
L'insonnia è un sintomo frequente in numerose malattie di natura internistica (Wooten 1989) e neurologica. Disfunzioni degli apparati respiratorio e digerente, cardiopatie, endocrinopatie, patologie reumatiche, cefalee, epilessia, morbo di Parkinson, neuropatie, abuso di alcol o di psicostimolanti sono tutte possibili cause di insonnia. Questa può essere anche conseguenza di errate abitudini rispetto al sonno ('insonnia da cattiva igiene del sonno') o di alterazione dei ritmi circadiani, per es. in seguito a viaggi ripetuti con frequente cambiamento di fuso orario (jet-lag syndrome). L'introduzione negli anni Sessanta del 20° secolo di farmaci ipnoinducenti benzodiazepinici ha determinato la comparsa di forme di insonnia connesse con l'uso cronico o con l'abuso di questi medicinali; si tratta di sostanze che possono indurre uno stato di dipendenza e fenomeni di rimbalzo, cioè di accentuazione del sintomo, al momento della loro sospensione.
Una peculiare forma di insonnia è quella che si associa alla sindrome delle 'gambe senza riposo', condizione, questa, che si manifesta con sensazioni fastidiose agli arti inferiori e, meno frequentemente, a quelli superiori, accompagnate da movimenti a scatto degli arti stessi. Insorge tipicamente quando si è a riposo, in particolare prima dell'addormentamento, e costringe il paziente ad alzarsi, a strofinare le gambe tra loro, in quanto solo il movimento allevia le disestesie e le sensazioni di indefinibile disagio che lo colpiscono. Tale malattia è provocata spesso da fattori di ordine internistico (si associa a neuropatia diabetica, a insufficienza renale o a interventi chirurgici di resezione dello stomaco), ma può anche presentarsi senza alcuna causa apparente o essere trasmessa per via ereditaria. Il disordine risulta di difficile trattamento, in quanto risponde scarsamente alle terapie farmacologiche. L'insonnia raramente colpisce i soggetti in età infantile.
Nei primi sei mesi di vita, i risvegli notturni possono essere frequenti, e sono imputabili generalmente a dolori di origine gastrointestinale. Nel corso del primo anno di vita, il bambino assume progressivamente un ritmo di sonno stabile, e dal terzo anno in poi l'incidenza di anomalie del sonno diviene molto bassa. R. Ferber (1987) ha proposto una classificazione delle cause d'insonnia in età infantile, individuando, tra i motivi scatenanti più usuali: le inadeguate associazioni dell'addormentamento, cioè dei condizionamenti negativi rispetto al sonno, del tutto sovrapponibili come meccanismo all'insonnia psicofisiologica dell'adulto; l'eccessiva assunzione di liquidi nel corso della notte; l'uso di farmaci; il semplice non voler andare a dormire o il voler dormire nel letto dei genitori; la paura di sogni terrifici o altre parasonnie, quali il pavor o il sonnambulismo; patologie di carattere internistico, quali le allergie alimentari, le otiti e il reflusso gastroesofageo. Successivamente, nella fase adolescenziale, la causa più frequente di insonnia è la cattiva igiene del sonno, in particolare l'assunzione di ritmi sonno-veglia patologici (Coccagna 1992).
Lo sviluppo delle tecniche di indagine neurofisiologica ha consentito di analizzare nel dettaglio la struttura del sonno e i fenomeni fisiologici a esso correlati. Si tratta di ricerche basate sulla registrazione simultanea di più variabili fisiologiche, tra cui l'elettroencefalogramma (EEG), l'attività muscolare e quella respiratoria, i movimenti oculari. Tali metodiche consentono di individuare e classificare gli stadi del sonno e di valutare la qualità della struttura ipnica ('macrostruttura'): tempo di addormentamento, profondità e stabilità del sonno, numero dei risvegli notturni, presenza di fisiologiche percentuali di sonno NREM e REM, ciclicità del sonno stesso (Rechtschaffen-Kales 1968). I reperti strumentali relativi alle insonnie sono aspecifici e non permettono di separare le varie forme cliniche del disturbo. Si osserva solitamente un allungamento della latenza di sonno, cioè del tempo di addormentamento, un incremento dei risvegli notturni, una riduzione delle fasi di sonno profondo; le modificazioni dei parametri relativi al sonno REM (v. oltre) sono meno costanti. Accade a volte che non vi sia corrispondenza tra valutazione soggettiva e misure quantitative strumentali, obiettive. Sono di recente sviluppo metodiche di analisi dei tracciati poligrafici che consentono di rilevare la qualità del sonno e la sua stabilità a un livello definito 'microstrutturale', quantificando il numero e la distribuzione dei microrisvegli, eventi di breve durata non percepiti dalla coscienza, e le fluttuazioni del livello di vigilanza, cioè della profondità del sonno (CAP, Cyclic alternating pattern).
Queste procedure appaiono molto promettenti riguardo alla possibilità di definire modelli specifici per i vari tipi di insonnia e di misurare l'efficacia degli interventi terapeutici da adottare. Esiste uno stretto rapporto tra sonno e funzioni psichiche, e ciò si evince dal fatto che in presenza di alterazioni psicologiche è assai frequente il riscontro di turbe del sonno; d'altro canto, la privazione prolungata di sonno determina disturbi psichici di gravità proporzionale alla durata della deprivazione stessa, con quadri che vanno da un lieve stato depressivo a fenomeni di allucinazione e delirio. Il sonno è un comportamento istintivo in cui si possono individuare, analogamente a quanto avviene per il comportamento alimentare o sessuale, una fase preparatoria o appetitiva, che consiste nella ricerca delle situazioni ambientali più favorevoli allo svolgimento della funzione, e una fase consumatoria che è l'atto stesso del dormire. L'importanza della fase preparatoria, e degli atteggiamenti rituali che la accompagnano, è dimostrata dal modello di patologia rappresentato dall'insonnia psicofisiologica, sopra descritto, in cui le associazioni negative che si stabiliscono in tale fase determinano lo scatenarsi dell'ansia che impedisce l'addormentamento.
La dinamica di fasi preparatorie e consumatorie sarebbe riscontrabile anche all'interno dell'organizzazione strutturale del sonno. In base alle osservazioni di E. Aserinski e N. Kleitman (1953), il sonno umano è distinguibile in due tipi: sonno senza movimenti oculari rapidi o NREM, e sonno con movimenti oculari rapidi o REM; questi si alternano ciclicamente nel corso della notte. L'attività mentale, che continua incessantemente durante tutto il sonno, è qualitativamente diversa nelle fasi NREM rispetto a quelle REM: durante il sonno NREM essa è più concettuale, priva di allucinazioni, meglio orientata verso la realtà, caratterizzata da immagini poco vivide e a basso contenuto emotivo; al contrario, i sogni ricordati dopo un risveglio dalla fase REM hanno un contenuto vivido, allucinatorio, emotivo, e il soggetto avverte la netta sensazione di partecipare alla scena onirica. Secondo M. Mancia (1985), l'attività mentale della fase NREM sarebbe preparatoria rispetto a quella REM, che costituirebbe pertanto la fase consumatoria del comportamento istintivo rappresentato dal sogno. La successione di fasi preparatorie e consumatorie sarebbe quindi continua non solo all'interno del ciclo circadiano di sonno e veglia, ma anche in quello ultradiano di NREM e REM, cioè di sonno e sogno.
Se e come l'insonnia agisca su questi processi non è ancora chiarito; è tuttavia ipotizzabile che, interferendo con la normale organizzazione dell'attività mentale notturna, essa possa incidere sul regolare funzionamento di alcuni processi psichici. Trattandosi di un sintomo, la terapia dell'insonnia è essenzialmente fondata sull'individuazione e rimozione dei fattori che la determinano. Qualora non si riesca a isolare le cause specifiche, il trattamento si basa sull'impostazione di un'adeguata igiene del sonno (cioè di comportamenti atti a promuovere un fisiologico ritmo sonno-veglia), sull'applicazione di tecniche quali il biofeedback e il training autogeno, sulla psicoterapia ed eventualmente sull'uso di farmaci ipnoinducenti. Per questi ultimi, gli orientamenti attuali prevedono un uso discontinuo (non quotidiano) e limitato a brevi periodi di tempo.
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