Sisifo
L’inesorabile castigo divino
Colpevole di numerosi misfatti ma soprattutto di aver ingannato ripetutamente Zeus, Sisifo viene rinchiuso nell’Ade e condannato a un’eterna fatica: trasportare sopra una montagna un masso che inesorabilmente ricade giù appena toccata la cima. La punizione di Sisifo finirà così per diventare il simbolo di qualsiasi impresa inutile, destinata a vanificarsi non appena compiuta
Nella mitologia greca Sisifo, il più furbo dei mortali, è uno dei figli di Eolo, il leggendario capostipite della stirpe degli Eoli, una delle tre genti che hanno popolato la Grecia in tempi antichissimi. Oltre a Eolo, infatti, il padre Elleno aveva generato altri due figli: Xuto – padre putativo di Ione e progenitore degli Ioni – e Doro – antenato della stirpe dei Dori.
Sisifo, a sua volta, fonda Efira, che in seguito prenderà nome Corinto, e ne diviene il sovrano. Qui istituisce i giochi Istmici, uno dei quattro agoni panellenici (cioè di tutti i Greci) più importanti dell’antichità. Sposa Merope, una delle Pleiadi, ninfe bellissime figlie di Pleione (oceanina figlia di Oceano) e di Atlante, uno dei Titani che sostiene il cielo con la sua gigantesca forza.
Tra Sisifo e il fratello Salmoneo non corre buon sangue: secondo alcune versioni Sisifo interroga l’oracolo di Apollo su come liberarsi del fratello, e viene a sapere che se si unirà con la nipote Tiro – figlia di Salmoneo – questa genererà due figli che uccideranno il nonno. Così fa, ma Tiro, dopo essere venuta a conoscenza della profezia, uccide i figli che ha dato alla luce. Ma questa non è la sola azione di Sisifo degna di castigo divino. Nel mito, infatti, egli è protagonista di varie vicende che mettono in risalto la sua capacità di escogitare astuzie.
La storia più importante lo coinvolge assieme ad Asopo, personificazione del fiume che scorre in Beozia, figlio di Oceano e di Teti e padre della bellissima Egina, di cui si invaghisce Zeus (il romano Giove) che la rapisce.
Asopo, disperato, si mette alla ricerca della figlia, e giunto a Corinto viene informato proprio da Sisifo che è stato il sovrano divino a rapire Egina. Asopo vuole inseguirlo, ma Zeus gli scaglia contro un fulmine e lo incatena per sempre nel letto del fiume; ancora oggi, affermano i poeti, si trovano pezzi di carbone nelle acque dell’Asopo. Zeus porta Egina nell’isola di fronte ad Atene, Enone, e la fa sua, generando Eaco, che sarà padre di Peleo e Telamone. L’isola, da quel momento, si chiamerà Egina; per popolarla e dare un regno al suo discendente, Zeus trasformerà le formiche dell’isola in uomini, popolando quella terra fino ad allora disabitata.
Sistemate le cose a Egina, la punizione di Zeus nei confronti di Sisifo – che ha svelato al padre della ragazza l’inganno divino – non si fa attendere. Zeus condanna Sisifo a morte e lo consegna a Thànatos (in greco «la Morte»). Sisifo, però, con un inganno riesce a incatenare Thànatos: la morte, così immobilizzata, non può più colpire nessun uomo.
Zeus allora invia Ares (il romano Marte) a liberarla e a consegnarle definitivamente Sisifo. Il mortale, però, ha in serbo un’altra astuzia: prima di essere trascinato nell’Ade, infatti, ha convinto la moglie a non rendergli onori funebri. Ingannando Persefone lamenta l’offesa rivevuta dalla moglie e chiede alla regina dell’oltretomba di poter risalire un’ultima volta sulla terra per punirla. Persefone glielo concede, ma Sisifo non mantiene i patti e non intende far ritorno nell’Ade.
Irato, Zeus riserva a Sisifo una punizione esemplare: con la sola forza delle braccia e facendo leva sulla testa, Sisifo è costretto a far salire su un monte dell’oltretomba un enorme macigno, che dopo la faticosissima impresa è destinato a rotolare di nuovo giù dalla cima, per essere nuovamente spinto in alto da Sisifo, e così via.
È questo mito sulla punizione eterna di Sisifo che ha dato origine al modo di dire, già nell’antichità ‘le fatiche di Sisifo’, per indicare chi si affanna in un’impresa ardua e dispendiosa di energie, ma inutile per i risultati nulli che consegue.
Sisifo, come altri Titani puniti da Zeus per la loro tracotanza o per averlo ingannato – per esempio, Prometeo –, è stato il soggetto di diverse opere teatrali greche, incentrate sul destino inesorabile di chi, pure per scopi filantropici come liberare l’uomo dalla morte, donare il fuoco e il progresso all’umanità, si ribella agli ordini divini.