sesamo Nome comune del genere Sesamum, della famiglia Pedaliacee, e particolarmente della specie Sesamum indicum (v. fig.). Questa è un’erba annua, alta fino a 1,5 m, con foglie polimorfe, fiori solitari, ascellari, con corolla rosea o bianca, simile a quella della digitale. Il frutto è una capsula allungata (2 cm) quadriloculare, bivalve, contenente numerosi semi, simili a quelli del lino, ma più piccoli, lunghi 1,5-2 mm, bianchi, rossastri o neri. Il s. è originario dell’Asia tropicale ed è coltivato in molti paesi caldi, particolarmente in India, dove esistono decine di razze colturali; in Italia solo scarsamente nelle regioni meridionali.
La produzione mondiale dei semi di sesamo è stata nel 2007 di 3.380.000 t. I semi, talvolta usati nell’alimentazione umana (pane, dolciumi ecc.), servono principalmente per l’estrazione di olio. Quelli della varietà bianca forniscono un olio più pregiato.
Olio di s. Olio ricavato dai semi di s., sottoponendo a pressione o a estrazione con solvente la farina ottenuta dalla loro macinazione; costituisce il 40-55% in peso del seme; liquido giallo, trasparente, inodore, di densità ~0,924 g/cm3, di sapore gradevole, costituito principalmente dai gliceridi degli acidi oleico e linoleico e da piccole quantità di gliceridi degli acidi palmitico, linolenico, stearico e arachico. Se destinato a uso alimentare (da solo o miscelato con altri oli di semi, per la preparazione di margarine e di oli idrogenati alimentari), deve essere sottoposto per legge a rettifica. L’olio di s. di qualità più scadente è usato in saponeria e come olio da ardere. L’olio di s. presenta una reazione cromatica caratteristica (reazione di Villavecchia-Fabris): trattato con acido cloridrico e soluzione alcolica di furfurolo e lasciato in riposo, dà uno strato inferiore acido colorato in rosso. Per questa sua caratteristica veniva utilizzato come rivelatore di frodi alimentari. È in commercio anche un olio di s. africano, che si ricava dalla specie Sesamum radiatum.