Apostolo e autore del Vangelo che nelle edizioni della Bibbia precede sempre gli altri tre. Circa la personalità di M. abbiamo notizie molto scarse. Dal Nuovo Testamento si desume solo che egli aveva un secondo nome (Levi; cfr. Luca 5, 27) e che prima di seguire Gesù esercitava l'ufficio di pubblicano o collettore di imposte (cfr. Matteo 9, 9-13). Nei Vangeli e all'inizio degli Atti degli Apostoli compare talvolta il nome di M., ma non si registra nessun episodio caratteristico che lo presenti come protagonista; sulla sua attività missionaria più che una documentazione sicura si hanno leggende, in cui è ben arduo distinguere gli elementi storici da quelli inventati. La Chiesa latina ne celebra la festa, venerandolo anche come martire, il 21 settembre. Nel Vangelo di M., che è il secondo per ampiezza (dopo quello di Luca), si notano cinque sezioni, che, rispettando una terminologia antichissima, si basano su altrettanti Discorsi. Un esame attento mostra una composizione eseguita con una certa arte e studio. L'ordine cronologico spesso è sacrificato per quello logico. Già Papia di Gerapoli (verso la metà del sec. 2°) affermava che M. coordinò in lingua ebraica i detti (λόγια) di Gesù. Parimenti appare confermata, da un'analisi intrinseca, l'affermazione tradizionale secondo cui l'apostolo scrisse l'operetta per gli Ebrei, convertiti o da convertire;ciò spiega il tono polemico e apologetico contro i Farisei. Nessun evangelista cita altrettanti testi veterotestamentarî con riferimento o applicazione diretta al Cristo, che è perciò presentato innanzi tutto come il Messia atteso dal popolo ebraico. D'altra parte, il Vangelo di M. è anche il Vangelo del Regno dei cieli o della Chiesa: esso è l'unico a riferire in maniera precisa l'istituzione della nuova società cristiana, fondata su Pietro (16, 18); e in esso, nelle numerose parabole del Regno, sono illustrate meglio che altrove le caratteristiche e le esigenze individuali e sociali che scaturiscono dalla Buona Novella o messaggio di Gesù. Papia, cui fanno eco innumerevoli autori posteriori, parlava dell'opera di M. come di un libro scritto in ebraico. Il termine, come avviene nel Nuovo Testamento (cfr. Giovanni 5, 2; 19, 13.17.20; 20, 16; Atti 21, 40; 26,14), con ogni probabilità va inteso nel senso di "aramaico", che era la lingua volgare di quel tempo in Palestina. Gli antichi scrittori ecclesiastici sono concordi nell'affermare che M. fu il primo a comporre un Vangelo; ma non appaiono altrettanto bene informati circa una datazione precisa. S. Ireneo (Adversus haereses III, 1, 1) dice che il libro fu pubblicato mentre Pietro e Paolo evangelizzavano e fondavano la Chiesa di Roma. La notizia, che ci condurrebbe a un anno posteriore al 60, è imprecisa e forse inesatta, come l'affermazione di una predicazione simultanea dei due apostoli a Roma. Eusebio (Storia Ecclesiastica III, 24, 6) è ancora più vago. Resta il fatto che nulla nel Vangelo fa intravedere la caduta di Gerusalemme (70 d. C.);quindi alcuni pensano a una data anteriore, richiesta anche dal fatto che Luca dovette conoscere l'operetta di M.;però è difficile fissare un termine post quem e certo il Vangelo presuppone una diffusione notevole della nuova religione e, nella redazione greca, è posteriore a Marco. Il testo originale che, come si è detto, sarebbe stato scritto in aramaico, è scomparso senza lasciare tracce. Il testo greco che noi abbiamo presenta le caratteristiche di un'opera propriamente greca sia per vocabolario sia per stile, anche se in esso compaiono numerosi semitismi; si ritiene quindi probabile che non si tratti di una traduzione pura e semplice quanto piuttosto di un adattamento del precedente testo aramaico di M., fatto tenendo anche conto del Vangelo di Marco che è posteriore alla redazione del M. aramaico. In proposito discussa è la testimonianza di Papia nel citato testo che continua: "ciascuna poi li [ = i logia] interpretò come era capace". Questa testimonianza è stata variamente interpretata dai critici, secondo i significati diversi dati ai termini "logia" e "interpretò"; tuttavia sembra certo il valore della testimonianza medesima, secondo la quale M. scrisse il suo Vangelo in aramaico raccogliendo le sentenze (logia) del Signore;sicché il testo greco, pur non potendosi probabilmente considerare una traduzione letterale, gli resta certamente fedele e "identico". Qualcuno però ritiene che la notizia di Papia vada intesa con riferimento non alla lingua originale, ma allo stile della composizione (J. Kürzinger).