SAGANEITI (o Segheneitì; A. T., 116-117)
Grosso villaggio della Colonia Eritrea, posto presso il margine dell'altipiano dell'Acchelè Guzai a 2170 m. s. m. Il villaggio, già capoluogo di commissariato, con circa 15 Europei e 3500 ab. di razza abissina e di religione cristiana (copta), riposa in una depressione aperta ad E. sul ciglio dell'altipiano e circondata in parte da monti donde si ammira un vastissimo panorama esteso dai monti di Senafè all'altipiano di Godofelassi. Il villaggio è costituito da capanne in ramaglie: sole costruzioni in muratura sono pochi edifici governativi, l'albergo, l'autorimessa; esiste ufficio postale, telegrafico e telefonico. Saganeiti è sede di una missione e di una scuola d'arti e mestieri per indigeni cattolici, con oltre 100 allievi.
Combattimento di Saganeiti (8 agosto 1888). - La campagna del 1887-88 (v. italo-abissina, guerra), se non aveva condotto a una battaglia contro le forze del negus, aveva egualmente conseguito lo scopo, in quanto esse, confessando con la volontaria ritirata la loro incapacità a battere le forze italiane, rinunciavano praticamente a contendere a queste il dominio delle provincie settentrionali dell'Etiopia vicine a Massaua. Il generale A. Baldissera, rimasto al governo della colonia dopo il rimpatrio del corpo di spedizione, pensò di trarre partito dalle circostanze favorevoli preparandosi a una progressiva occupazione di dette provincie e in primo luogo all'affermazione del dominio italiano sull'altipiano. Si adoperò pertanto a organizzare lo strumento adatto alla conquista e cioè il corpo speciale d'Africa e particolarmente le truppe indigene, delle quali egli intuì le doti guerriere e le promettenti possibilità nell'opera di penetrazione all'interno. Queste truppe furono ben presto messe a dura prova in uno sfortunato scontro, nel quale peraltro, malgrado l'insuccesso, anzi a causa di esso, confermarono le loro alte qualità guerriere e soprattutto la loro incrollabile fedeltà. Il combattimento di Saganeiti fu infatti il primo combattimento sostenuto dalle truppe regolari indigene dell'Eritrea. Saganeiti era sede di un capobanda abissino, Debèb, losca figura di avventuriero che già aveva defezionato durante la campagna precedente e che molestava con i suoi armati le tribù sottomesse all'Italia. Il gen. Baldissera, che da tempo ne vigilava le mosse, il 1° agosto 1888, ritenuto giunto il momento di agire, pensò di farlo sorprendere e ordinò al cap. T. Cornacchia di eseguire un colpo di mano sopra Saganeiti per catturare il bandito. Il cap. Cornacchia aveva a sua disposizione 400 bascibuzùch, comandati in sottordine dai tenenti U. Poli, V. Virgini, M. Brero e G. Viganò ed era seguito a distanza da una banda di altri 200 bascibuzùch al comando di un capo indigeno (adamagà) con l'incarico di proteggerne la linea di ritirata su Archico e di portare i rifornimenti. Il cap. Cornacchia da Uaà, dove era giunto il 3 agosto, espose la situazione quale gli risultava dalle informazioni assunte sull'itinerario e sul nemico, e dalle quali appariva impossibile di giungere di sorpresa a Saganeiti. Il gen. Baldissera di ciò edotto, ordinò di sospendere l'operazione, ma il contrordine giunse ad Archico troppo tardi, essendo la colonna già partita (giorno 5); il 6 il cap. Cornacchia giunse ad Acrùr, dove a causa della stanchezza delle truppe dovette sostare fino alla sera del 7. All'alba dell'8 agosto la colonna era presso Saganeiti, pronta all'attacco. Debèb, informato fin dal giorno 6, si era intanto preparato alla difesa, cosicché gl'Italiani, ignari per di più del paese, caddero in una vera imboscata. Secondo le informazioni raccolte in seguito, il cap. Cornacchia attaccò da più direzioni il villaggio, che Debèb aveva già fatto sgombrare dalle donne e dai fanciulli, riuscendo ad occuparlo facilmente; ma ivi fu accerchiato e contrattaccato da forze molto preponderanti appostate sulle alture circostanti; caduti il cap. Cornacchia e il ten. Poli, dopo 2 ore di combattimento gli ufficiali superstiti decisero la ritirata per la via di Selèt, ma incalzati senza tregua, caduti gli ufficiali uno dopo l'altro, solo poche decine di superstiti, in gran parte feriti, riuscirono a porsi in salvo e a raggiungere Uaà. Pur nell'insuccesso, dovuto più che altro a un contrattempo (il contrordine non giunto del Baldissera) e a inesperienza, nel combattimento di Saganeiti emersero luminosamente la fedeltà e l'attaccamento degli ascari ai loro ufficiali, il loro spirito combattivo che li portò ad attaccare con grande slancio un nemico che essi ben sapevano molto superiore in forze e prevenuto. L'episodio non ebbe tuttavia conseguenze dannose e gli avvenimenti successivi (l'occupazione di Cheren e di Asmara) ne cancellarono in breve il ricordo.