È un rimedio amministrativo ordinario che consiste nell’impugnativa di un atto non definitivo da parte dell’interessato all’organo gerarchicamente sovraordinato rispetto a quello che ha emanato l’atto. Può essere relativo a vizi di legittimità e di merito.
Si distinguono il ricorso gerarchico proprio – che presuppone un rapporto di gerarchia in senso stretto – dal ricorso gerarchico improprio, rimedio di carattere eccezionale, ammesso solo in casi tassativi previsti dalla legge, quando non esiste un rapporto di gerarchia (ad es. nei riguardi di deliberazioni di organi collegiali).
Il ricorso gerarchico deve essere presentato entro trenta giorni dalla notifica o conoscenza dell’atto impugnato. La decisione sul ricorso gerarchico è impugnabile al TAR o, alternativamente, con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Decorsi novanta giorni dalla presentazione del ricorso senza che l’organo adito abbia comunicato la sua decisione il ricorso si intende respinto. La legge istitutiva dei Tar ha, peraltro, abolito la definitività dell’atto come presupposto del ricorso giurisdizionale.
La trasformazione del rapporto già gerarchico tra Ministri e dirigenti apicali in rapporto di direzione, per effetto del d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni, ha contribuito a ridurre la portata applicativa del ricorso gerarchico.
Ministro e ministero. Diritto amministrativo