Vittoria, regina di Gran Bretagna e Irlanda
Un’imperatrice potente e rispettabile
Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda dal 1837, e imperatrice delle Indie dal 1876 fino alla morte, quando la potenza britannica raggiunse il suo culmine, Vittoria ha lasciato una grande impronta nella storia del suo paese, tanto che la sua venne denominata età vittoriana. Questa età, ricca di innovazioni, non è perciò riducibile alla mentalità moralistica della sua classe dominante
Figlia del duca di Kent Edoardo, quartogenito di Giorgio III, e della principessa Maria Luisa Vittoria di Sassonia-Coburgo, Vittoria nacque a Londra nel 1819. Il padre morì quando aveva otto mesi, sicché venne affidata alle cure della madre e del fratello di questa, Leopoldo. Dopo la morte dello zio Guglielmo IV, Vittoria, diciottenne, gli successe nel 1837, venendo incoronata l’anno successivo.
Salita al trono, mostrò presto la volontà di emanciparsi dalle interferenze familiari e l’inclinazione a una vita di corte brillante. Le sue simpatie andavano allora alla componente progressista del parlamento, vale dire ai whigs, provocando aperti contrasti con il leader conservatore Robert Peel.
Nel 1840 Vittoria sposò il cugino Alberto di Sassonia-Coburgo, che ebbe sulla sovrana un’influenza tale da imprimere decisamente una svolta nella sua vita personale e in quella pubblica. Fu un matrimonio felice, coronato da numerosi figli e interrotto nel 1861 dalla morte del consorte. Alberto indusse la regina a introdurre a corte uno spirito di severità – con l’evidente intenzione di trasmettere al paese un messaggio e un invito a conformarsi a principi di stretta moralità. A lui si deve anche il suggerimento di tenere nei confronti del governo, del parlamento e in generale della politica britannica un atteggiamento più controllato, nel rispetto delle reciproche prerogative, anche se Vittoria non rinunciò mai a manifestare i suoi intendimenti e a far sentire il suo peso a partire dall’azione di governo.
Nel 1851 ebbe sede a Londra la Great exhibition del Crystal Palace (esposizioni universali), la quale fu lo specchio orgoglioso e consapevole delle conquiste scientifiche, tecnologiche ed economiche della Gran Bretagna nel periodo della sua maggior potenza. Gli anni seguenti furono segnati da un acuto contrasto – che raggiunse il suo apice in relazione alle decisioni da prendere a proposito della guerra di Crimea (1853-56) e della Seconda guerra di indipendenza italiana (1859-60) – tra la regina, che aveva ormai rivolto le sue simpatie ai conservatori, e il ministro degli Esteri Henry J. Palmerston, che non intendeva subire condizionamenti nella sua politica da parte della monarca.
Morto nel 1861 Alberto, Vittoria attraversò una profonda crisi. Il figlio, il futuro Edoardo VII, allora ventenne, era da lei poco amato. Il senso di solitudine venne superato grazie all’appoggio dato alla regina, che detestava il leader liberale William E. Gladstone, dal conservatore Benjamin Disraeli, convinto sostenitore della filosofia imperialistica britannica e con il quale ella stabilì una profonda intesa. Fu Disraeli l’artefice dell’incoronazione di Vittoria a imperatrice delle Indie nel 1876.
Vittoria sopravvisse ancora a lungo, ma il suo ruolo nella storia del paese era ormai ben definito. Negli ultimi anni di vita fu la custode della tradizione che il marito aveva contribuito in maniera determinante a costruire. Morì a Osborne nel 1901.
L’età vittoriana, certo caratterizzata dal moralismo e dai gusti convenzionali impressi dalla corte soprattutto per impulso di Alberto, fu tutt’altro che riducibile a conformismo e tradizione. Fu infatti un periodo di forti innovazioni che crearono le basi del passaggio da un regime liberale a uno liberaldemocratico e resero possibili importanti riforme politiche e sociali e un rigoglioso sviluppo culturale segnato da un vivace confronto di idee e di valori.