nucleare, questione
nucleare, questióne locuz. sost. f. – Categoria in cui si ascrive il dibattito riguardo agli usi dell'energia nucleare. Dopo una fase di fascinazione e di forti investimenti in questa risorsa energetica, le considerazioni sul tema sono andate complicandosi con il palesarsi dei rischi congeniti al suo uso, non solo in ambito politico-militare, ma anche civile. Fu soprattutto il disastro di Cernobyl del 1986, infatti, a imporre all'opinione pubblica internazionale una diversa visione dell'energia nucleare, percepita realmente per la prima volta come più rischiosa che utile. In quest'occasione, mentre l'AIEA, l'agenzia atomica sovranazionale, intensificava il proprio impegno per mettere in sicurezza le vittime civili e le zone rese radioattive, molti paesi, tra cui l'Italia, decisero di rivedere i propri programmi di sviluppo energetico, congelando momentaneamente gli investimenti nel settore. Questa fase di apparente rifiuto diffuso del nucleare si è conclusa con l'imporsi, a livello mondiale, dei problemi relativi ai cambiamenti climatici, all'esponenziale aumento della popolazione e alla prospettiva dell'esaurimento delle fonti di energia fossili, nodi di non facile soluzione che hanno fatto sì che l'energia da fissione venisse nuovamente presentata come unica e necessaria risorsa per la salvaguardia energetica planetaria, ponendo al centro del dibattito i vantaggi che essa comporta e lasciando nell'ombra gli elementi di rischiosità congenita. Negli anni centrali del primo decennio del 21° sec., infatti, i governi di molti paesi hanno messo in discussione le scelte politiche precedenti mettendo al vaglio nuovi disegni di legge per il riavvio, o la nuova costruzione, di reattori e sancendo l'inizio di un programmatico ritorno al nucleare, non sempre però condiviso dalle popolazioni. La nuova prospettiva governativa è diventata ancora più palese con l'assegnazione, nel 2005, del premio Nobel per la pace all'AIEA e al suo allora direttore generale Muḥammad Muṣṭafā al-Barāda‘ī per l'impegno dimostrato nell'arginare l'uso delle armi atomiche e nel costante lavoro per una diffusione pacifica e sicura del nucleare nel mondo, decisione che ha qualificato l'opzione nucleare come una scelta politica reputata fondamentale per il rilancio dello sviluppo energetico internazionale. L'AIEA aveva infatti avuto un ruolo chiave nei difficili negoziati con Iran e Corea del Nord sui rispettivi programmi nucleari, in un clima in cui il timore del diffondersi del terrorismo atomico stava riproponendo con forza, nonostante le intenzioni governative, molti dubbi sulla proliferazione di questa energia nel mondo. Il dibattito si è pertanto polarizzato animando da una parte un risorgimento nucleare, che proponeva una visione dell'energia da fissione come sicura, rispettosa dell'ambiente e reale alternativa alle fonti fossili, dall'altra enfatizzando i richiami sui rischi, anche in prospettive di lunga durata, che il suo uso comporta e alimentando la richiesta di maggior ricorso a ingenti investimenti nell'ambito delle risorse rinnovabili e dell'ecologia. Nel 2011, tuttavia, dopo il disastro della centrale giapponese di Fukushima (v. Fukushima, catastrofe di), i progetti di nuovi investimenti in questo settore hanno subìto un'ennesima battuta d'arresto, ma non la controversia a riguardo, che si è fatta ancora più rovente, acquisendo sempre più le caratteristiche di una scelta ideologica.
Prospettive future. – Al centro della questione n. restano alcuni aspetti importanti, che si pongono trasversalmente come domande fondamentali per le prospettive energetiche future. È infatti indubbio che il nucleare sia un tipo di energia a impatto zero sui cambiamenti climatici, in quanto il suo uso non genera emissioni di gas serra, come è vero anche che l'elevatissima densità energetica per unità di massa di uranio lo renda economicamente conveniente pur non essendo una fonte energetica rinnovabile. Peraltro, sono evidenti sia le implicazioni di eventuali disastri, con conseguenze sull'uomo e sull'ambiente devastanti e tendenzialmente inarginabili, sia il peso gravoso dei costi di avviamento e di gestione degli impianti nucleari, talmente elevati da essere sostenibili solo da paesi altamente sviluppati. Neppure sembra di facile soluzione quello che rappresenta, forse, il problema di fondo delle centrali nucleari, ovvero lo smaltimento delle scorie radioattive, tossiche e dai lunghissimi tempi di esaurimento, allocate in modo temporaneo in centri di raccolta in superficie, in attesa di identificare i diversi geositi che rendano possibile uno stoccaggio profondo e definitivo. La sicurezza delle esistenti centrali europee, monitorata dall'UE nel corso del 2012, si è rivelata carente e necessitante di modifiche e migliorie, che richiedono costi così alti da rendere difficile un immediato reperimento di fondi, soprattutto in tempi di crisi economica. In termini geopolitici, ambientali ed economici, la questione energetica richiede soluzioni pratiche ed efficaci sempre più a breve termine ed è divenuta pertanto uno dei nodi principali delle agende di governo. Nel 2012, i circa 440 reattori nucleari attivi al mondo sono stati in grado di produrre il 16% dell'energia elettrica; le energie rinnovabili, di contro, possono per ora soddisfare circa il 20% del fabbisogno generale planetario e la loro produzione cresce rapidamente. Le controversie sulla questione n. trovano un punto d'incontro nella necessità d'investire nella ricerca, anche in prospettiva dello sviluppo di quella forma di nucleare sicuro che potrebbe essere rappresentata dal processo di fusione. Definito la sfida del terzo millennio, il raggiungimento della fusione nucleare potrebbe rappresentare una forma inesauribile di energia pulita, in quanto il combustibile, costituito dall'idrogeno e dai suoi isotopi, verrebbe estratto dall'acqua. La fusione, inoltre, presenta anche buoni livelli di sicurezza in quanto prevede livelli di radioattività nettamente inferiori a quelli presenti nella fissione, grazie a un forte abbattimento della produzione di scorie, che risultano meno tossiche, e non produce gas serra. Dopo una lunga fase di sviluppo e ricerca, condotta da università, enti di ricerca e industrie di diverse parti del mondo, nel 2005 Unione Europea, Stati Uniti, Giappone, Russia, Cina, Corea del Sud e India hanno siglato il progetto di avvio dell'International termonuclear experimental reactor (ITER), un primo vero impianto (dimostrativo e sperimentale) a fusione nucleare, la cui fase costruttiva è stata avviata, nel 2007, nel sito di Cadarache, in Francia.