PRETE GIANNI
GIANNI Leggendario monarca dell'Oriente cristiano che appare nelle tradizioni storico-geografiche del Medioevo. Il suo nome ha varie forme: in latino Presbyter Iohannes, Prester Iohannes; in italiano Prete Gianni, Preteianni, Prestogianni, Prestozane; in francese Prestre Jehan; in catalano Presta Johan, Prest Jane; in portoghese Preste João.
Questo nome ha ricevuto differenti spiegazioni a seconda dell'interpretazione che si è data alla leggenda dello stesso monarca. Il primo elemento del nome è stato messo in relazione (Yule) con l'epiteto di ὁ πρεσβύτερος che assume S. Giovanni Evangelista nella seconda e terza delle sue epistole; un cronista medievale (Giovanni di Hildesheim) credeva che Presbyter fosse un titolo assunto dal sovrano in quanto egli era superiore a tutti gli altri monarchi, come gli ecclesiastici sono superiori ai laici; altri hanno visto nel titolo di Presbyter un'allusione alle idee correnti nell'Egitto medievale circa i re cristiani di Nubia celebranti la messa sugli altari; altri (Paez) alla dignità di diacono che aveva effettivamente il sovrano dell'Etiopia. Anche la seconda parte del nome del P. G. ha avuto molte interpretazioni: chi l'ha voluta mettere in relazione col titolo di khān dei principi mongoli, altri con giān, che è il titolo dei sovrani dell'Etiopia; altri col nome Giovanni in onore dell'Apostolo e del Battista, nel qual caso Zane sarebbe soltanto la forma dialettale veneta di Giovanni.
Caratteristiche del P. G. nella tradizione medievale sono:
a) il fatto che egli professa la religione cristiana e che, pur non essendo cattolico, desidera istruirsi nella dottrina accolta dalla Chiesa romana (ciò che è attestato anche da tutta la corrispondenza ufficiale diretta al P. G., dalla lettera del papa Alessandro III [v. appresso] a quella di Eugenio IV);
b) la sua grandissima ricchezza in metalli preziosi e gemme (dallo scettro di smeraldi, che gli attribuisce già Ottone di Frisinga, alle ricchezze in auro et argento atque lapidibus pretiosis superiori a quelli di ogni altro uomo al mondo, secondo i Mirabilia, e sino all'epopea cavalleresca e alla descrizione ariostesca del castello "più ricco assai che forte - Ove ha dimora d'Etiopia il capo";
c) il fatto che il suo paese si trovi agli estremi confini del mondo (nell'epopea cavalleresca si arriverà ai margini del Paradiso Terrestre, dato accettato dallo stesso Ariosto);
d) l'inimicizia con i musulmani suoi contermini e quindi la possibilità di un'alleanza con gli stati cristiani di Occidente. Quest'ultimo dato, come vedremo, avrà poi importanza fondamentale in quanto provocherà storicamente i tentativi di varî stati europei (specialmente italiani) di mettersi in relazione col probabile alleato monarca d'Oriente.
Questi tratti del P. G. nella tradizione sono abbastanza vaghi e imprecisi, e si spiega perciò come anche la collocazione geografica del regno del Prete sia rimasta per lungo tempo molto indeterminata, tra l'Asia e l'Africa: indecisione favorita dal significato ambiguo delle denominazioni di India ed Etiopia nella geografia medievale.
Origine della leggenda. - Questa tradizione del P. G. è soltanto frutto di fantasia o non è piuttosto il ricordo di un sovrano orientale effettivamente vissuto? Oggi si tende a credere appunto che a base della leggenda ci siano elementi storici; ma non è facile determinare quali precisamente siano. Anzitutto la difficoltà maggiore è quella geografica, se conviene, cioè, ricercare il P. G. storico tra i sovrani asiatici o fra quelli africani. Gli studiosi che hanno accettato l'origine asiatica della leggenda hanno diversamente identificato il P. G. con questo o quell'altro singolo principe asiatico (G. Oppert e F. Zarncke trovarono anche una concordanza cronologica della leggenda di Ottone di Frisinga con un fatto realmente avvenuto nel 1141 e identificarono quindi il P. G. con un capo mongolo Yelutasc); come del resto gli stessi viaggiatori e scrittori medievali del sec. XIII ldentificarono il P. G. con Genghiz Khān (Giacomo di Vitry), con un imperatore delle Indie nemico di Genghiz Khān (Vincenzo di Beauvais), con un principe tartaro ucciso da Genghiz Khān (Marco Polo, Alberico delle Tre Fontane), con Abaqā Khān mongolo di Persia (Annales Sancti Rudberti Salisburgensis), con un principe indiano vincitore di Genghiz Khān (Giovanni di Pian del Carpine); con un principe cinese, il cui territorio arriva sino al Fiume Azzurro (Odorico da Pordenone). Lo Yule spiegava queste incertezze ricordando che, quando la conquista mongola aprì l'Asia ai viaggiatori europei nella seconda metà del sec. XIII, l'Europa era piena della leggenda del P. G., ed era quindi naturale che i viaggiatori cercassero "un rappresentante adeguato" della leggenda e non trovandone alcuno pienamente conforme ai dati leggendarî, tentassero di seguirne le tracce in diverse direzioni.
Non diversamente quelli che cercarono il P. G. in Africa giunsero a identificarlo con principi della Nubia cristiana (v. nubia) o con il sovrano dell'Etiopia. Quest'ultima identificazione divenne prevalente nei secoli XIV e XV, e iniziatisi i contatti diretti fra l'Etiopia e il mondo occidentale (v. etiopia: Storia), la figura del P. G. fu definitivamente confusa con quella del monarca etiope.
Il Prete Gianni nella letteratura storica e geografica. - La tradizione del P. G. appare nelle letterature occidentali in due differenti categorie di scritti: nelle opere storiche e geografiche e nell'epopea cavalleresca.
Nelle opere storiche la più antica menzione del P. G. si trova nella cronaca di Ottone di Frisinga. Il cronista tedesco, che scriveva nella seconda metà del sec. XII, riferiva notizie da lui raccolte a Viterbo, alla corte pontificia, da un vescovo di Gabula (a sud di Laodicea). Il P. G. era un cristiano nestoriano, aveva vinto i Persiani ed i Medi qualche anno prima della caduta di Edessa (1144) e, discendente dei Re Magi, voleva venire a Gerusalemme, ma si fermò al passaggio del Tigri. Poco dopo era messa in circolazione in Occidente una falsa lettera del P. G. diretta all'imperatore bizantino Emanuele I Comneno. Tale lettera sembra opera di Cristiano arcivescovo di Magonza, il quale s' ispirò anche ad alcuni tratti della leggenda di Alessandro Magno. Successivamente si ha la lettera diretta (da Venezia) il 27 settembre 1177 dal papa Alessandro III a Iohanni illustri et magnifico Indorum regi. Tale lettera fu affidata dal papa ad un medico Filippo, personaggio di sua fiducia, che durante un viaggio in Oriente aveva avuto occasione di raccogliere notizie sul P. G. E il papa ricorda che, nei suoi colloquî cum magnis et honorabilibus viris del regno del P. G., Filippo ab his audivisse quod tuae voluntati sit et proposito erudiri catholica et apostolica disciplina ed accenna altresì deferentemente all'orgoglio e alle ricchezze del P. G. (quanto sublimior et maior haberis et minus de divitiis et potentia tua videris inflatus). Di questa missione inviata presso un sovrano così poco determinato nessuna ulteriore notizia si ha. Nel successivo sec. XIII Giacomo di Vitry, arcivescovo di S. Giovanni d'Acri, ricorda nella sua Historia Hierosolymitana (scritta nel 1220) il P. G. sovrano nestoriano delle Indie, mentre gli avvenimenti dell'ottava crociata (la presa di Damietta) facevano diffondere la tradizione di un sovrano cristiano della Nubia, il quale avrebbe dovuto in avvenire conquistare la Mecca contro i musulmani. Dei grandi viaggiatori francescani di questo secolo Giovanni di Pian del Carpine parla del P. G. sovrano dell'India maggiore, mentre Guglielmo di Rubruck spiegava che il P. G. non si trovava nel paese del Gran Khān, ma che la leggenda era sorta a proposito di un Giovanni, principe dei Nestoriani all'epoca della presa di Antiochia da parte dei crociati (1098), principe molto vantato dai suoi sudditi, i quali plus dicebant de illo in decuplo quam veritas esset. Sic ergo exivit magna fama de illo rege Iohanne. Et quando ego transivi per pascua eius, nullos aliquid sciebat de eo nisi Nestoriani pauci. Marco Polo conosce il P.G. sovrano dei Tartari vinto e ucciso da Genghiz Khān; "un discendente del legnaggio del Presto Giovanni e ancora si è presto Giovanni e suo nome si è Giorgio" regna a Tenduc ed è vassallo del Gran Khān. Giovanni da Monte Corvino pone in un paese a venti giornate da Pechino quidam rex... Georgius, de secta nestorianorum christianorum, qui erat de genere illustris magni regis qui dictus fuit Presbyter Ioannes de India; e analogamente per Odorico da Pordenone il P. G. è un alleato del Gran Khān.
Ma qualche anno dopo, nel 1329, il prelato domenicano francese Jourdain Catalani (di Séverac) nei suoi Mirabilia descripta parlava del sovrano dell'Etiopia negli stessi termini nei quali si soleva dire del P. G., potentior quant aliquis homo mundi et ditior in auro et argento atque lapidibus pretiosis; mentre il Libro del Conoscimento del Francescano di Castiglia dice di el preste Johan patriarca de Nubia et de Etiopia, il quale è protetto dal re cristiano Abdeselib (que quiere dizer servo de la Cruz = arabo ‛Abd aṣ-ṣalīb) sovrano etiope di muchas ciudades de Christianos pero que son negros como la pez. Da allora la leggenda del P. G. si può dire fissata in Etiopia e verso lo stato cristiano di Africa si rivolge l'attenzione di viaggiatori e uomini di stato che desiderano entrare in relazione col monarca orientale (vedi etiopia: Relazioni politiche e culturali con l'Italia).
Il Prete Gianni nell'epopea cavalleresca. - Nella poesia cavalleresca la leggenda del P. G. appare nel ciclo di Ugo di Alvernia (ed è caratteristico il fatto che Andrea da Barberino, traduttore italiano del romanzo, spostò la sede del P. G. in Africa, dalla valle del Tigri a quella del Nilo). Il Guerin Meschino parla del grande trebuto che pagano (al P. G.) i Saraini per non perdere l'acqua del Nilo e delle porte del Nilo, che il P. G. può serrare. Da allora nella letteratura romanzesca e nei racconti dei viaggiatori appare un nuovo carattere della leggenda del P. G.: egli è il padrone del Nilo e quindi può avere un' influenza decisiva nelle guerre tra i cristiani d'Occidente e il sultano d'Egitto. Tale leggenda è diffusa da antica data nella stessa letteratura etiopica, come in quelle occidentali e si manterrà tenace per secoli, anche dopo le prime esplorazioni dell'impero etiopico. Così Jean de Lastic, gran maestro dei cavalieri di Rodi, scriveva il 3 luglio 1448 che Presbyter Iohannes Indorum Imperator aveva spaventato il sultano flumen Nili totum qui Aegyptum irrigat et sine quo nullus illic vivere posset surrepturum et iter aliud illi daturum simili pacto minitans; ed Alfonso il Magnanimo, re di Napoli e d'Aragona, scriveva nel 1450 al negus Zare'a Yā‛qob: ve preglianto vogliate essere solicito in far mancare le acque che corrono al Cairo. I varî elementi della leggenda (come l'eccezionale ricchezza, la cristianità eretica, il dominio sul Nilo, ecc.) furono accolti dall'Ariosto nell'episodio del volo di Astolfo sull'Etiopia (Orlando Furioso, XXXIII), certo di gran lunga il più bell'episodio che abbia ispirato nelle letterature d'Europa la leggenda del P. G. Più tardi il Dati fece argomento di un suo poemetto la leggenda. Ma l'Etiopia nel sec. XVI veniva dischiusa alla diretta osservazione degli Europei e la leggenda fatalmente decadde. Un ultimo lontano accenno al fasto del sovrano delle tradizioni medievali è ancora nel Berni: "Un'altra tradizion che non è buona Tien che l'Imperatore e il Prete Janni Sien maggior del Torrazzo di Cremona, Perché veston di seta e non di panni. Son spettabili viri: ognun li guarda Come tra gli altri uccelli il barbagianni". Ma ormai il monarca favoloso era diventato un principe in rapporti politici con le varie corti d' Europa; e il suo paese leggendario era il teatro delle gesta cavalleresche di Christovam da Gama e delle lotte e ricerche scientifiche dei missionarî gesuiti portoghesi ed italiani.
Bibl.: G. Oppert, Der Presbyter Johannes in Sage und Geschichte, Berlino 1864; F. Zarncke, Der Priester Johannes, in Abhandlungen der philol.-histor. Klasse der k. sächsischen Akademie d. Wissenschaften, 1879-1883; C. Marinescu, Le Prêtre Jean: son pays, explication de son nom, in Bulletin de la section historique de l'Académie roumaine, Bucarest 1923; C. Conti-Rossini, Storia d'Etiopia, I, Roma 1928; E. Cerulli, Il volo di Astolfo sull'Etiopia nell'"Orlando Furioso", in Rendiconti R. Accad. Lincei, cl. sc. mor., 1932.