Nella storia delle religioni, pluralità di teste, caratteristica di alcune figure divine appartenenti a mondi culturali diversi, ma per lo più aventi una religione di tipo politeistico in senso stretto. La p. divina, nota sia attraverso testimonianze iconografiche dirette, sia dalla tradizione letteraria (in primo luogo per il paganesimo degli Slavi), va tenuta distinta, in quanto esprime una particolare qualità di alcuni dei, dalla p. propria di figure mostruose (Idra di Lerna, i draghi della mitologia e del folclore germanico ecc.) e si manifesta di volta in volta in figure bicefale, tricefale (la forma più ricorrente), quadricefale, fino a immagini a cinque o sette facce. Le testimonianze iconografiche dirette comprendono sia le raffigurazioni di divinità con una pluralità di teste indipendenti, sia quelle di una pluralità di volti ‘concentrati’ in un’unica testa. Il primo caso è testimoniato nei tempi più antichi da una figura tricefala di divinità rappresentata in un sigillo di Mohenjo-Daro (India prearia, 3° millennio a.C.). Nel secondo tipo si ha spesso una tricefalia basata sul volto centrale. La bicefalia si presenta soprattutto come bifrontismo, cioè con figure in cui le volte craniche sono incorporate tra loro mentre i due volti, indipendenti, sono orientati in direzione opposta: esempi classici Borea e Argo, Giano ecc.
L’interpretazione corrente della p. tende a ridurre tale caratteristica a simbolo dell’onniveggenza; ma se indubbiamente le divinità policefale possiedono di fatto quell’attributo, la complessa e multiforme caratteristica della loro p. si estende anche su piani diversi, segnalandone l’aspetto di ‘sovranità’ sulle varie partizioni del cosmo.