In farmacologia, preparazione a base di sostanza inerte che viene somministrata soprattutto per gli effetti psicologici che può avere sul paziente, oppure per eseguire confronti con farmaci efficaci in una serie di esperimenti clinici. L’effetto p., ossia la reazione psicologica e fisiologica del paziente alla somministrazione di un p., è influenzato da numerose variabili: personalità del paziente, qualità del rapporto tra malato e medico, livello di collaborazione e di empatia del personale infermieristico, condizioni ambientali. È ormai generalmente ammesso che, nella maggioranza dei casi, gli effetti indotti da un farmaco attivo derivino non soltanto dall’azione peculiare del farmaco stesso ma anche, sebbene in minor misura, da una componente psicologica suggestiva, della quale si possono rintracciare molti esempi nella storia della medicina. Tale componente è divenuta oggetto di indagine nel contesto delle ricerche di psiconeuroendocrinoimmunologia: suscita particolare interesse il possibile ruolo svolto dalle endorfine e da altri neuropeptidi che trasmettono e modulano segnali nervosi. I vantaggi che il paziente trae dall’effetto p. non sono soltanto psicologici (gratificazione, migliorata cenestesi, senso di sicurezza) ma anche obiettivamente quantificabili (per es., favorevoli modificazioni della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, del ritmo respiratorio, della durata del sonno, dell’appetito, delle funzioni intestinali, sessuali ecc.).