Metodo di decomposizione di un composto, in genere di complessità molecolare piuttosto elevata, operato con mezzi termici, detto anche piroscissione. Si effettua talora a bassa temperatura e in presenza di solventi, ma più di frequente in fase vapore. In questo caso i vapori della sostanza da trasformare sono fatti passare, in genere, in tubi (per es. di porcellana, di quarzo, di metallo), riscaldati elettricamente (o in forni a nafta, a gas ecc.), che possono contenere catalizzatori o semplici materiali di riempimento o essere vuoti.
Il termine può essere usato estensivamente per indicare trasformazioni chimiche che avvengono per mezzo del calore e che non sono necessariamente associate alla formazione di composti a peso molecolare più piccolo, come è il caso delle isomerizzazioni pirolitiche. I processi di p. sono largamente usati nell’industria petrolifera (dove sono più spesso indicati con il nome di cracking), per es. nella trasformazione del benzene in bifenile, dell’acetone in chetene, degli alcoli in olefine, delle ammine in ammoniaca o nitrili, nella preparazione del nerofumo. In alternativa al trattamento di incenerimento è stato proposto l’impiego della p. per lo smaltimento (con recupero di energia) dei rifiuti solidi urbani. Si producono un gas combustibile (contenente essenzialmente ossido di carbonio, idrogeno, metano) di facile utilizzabilità e un residuo solido, di volume e massa notevolmente ridotti rispetto al rifiuto trattato, che di solito è bruciato nello stesso impianto di p. o viene inertizzato e poi avviato a discarica. Sono stati costruiti impianti di p. anche per il trattamento di rifiuti industriali.