paternità Il rapporto di parentela che unisce il padre al figlio sia come vincolo affettivo sia nei suoi aspetti giuridici.
Dal punto di vista giuridico, il fatto della procreazione di un figlio con riferimento al padre è una delle condizioni (l’altra è la maternità) del rapporto di filiazione.Il codice civile, nel testo originario, non sottoponeva ad alcun limite la ricerca della maternità, a differenza di quanto avveniva per la ricerca della p., che era ammessa solo in casi ben determinati. La l. 151/1975 sulla riforma del diritto di famiglia ha in linea di principio posto sullo stesso piano la ricerca della maternità e quella della p. affermando che la prova può essere data con ogni mezzo. In concreto, peraltro, la prima è prevalentemente agevole in quanto, in base al codice, la maternità naturale è dimostrata attraverso la prova d’identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna la quale si assume essere madre; più difficile è invece la ricerca della p. poiché non sono sufficienti la sola dichiarazione della madre ovvero la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento (art. 269 c.c.). La giurisprudenza ammette accertamenti tecnici della p. e della maternità basati su indagini ematologiche e immunogenetiche. La vigente legislazione, allo scopo di evitare ricatti, raggiri ecc., circonda di cautele l’azione per la dichiarazione giudiziale di maternità e paternità. Anzitutto, è prevista una preventiva deliberazione del tribunale sull’ammissibilità dell’azione, che può essere proposta solo quando concorrono indizi tali da farla apparire giustificata (art. 274). Inoltre, l’azione non è ammessa nei casi in cui il riconoscimento è vietato, cioè quando si tratti di figli incestuosi. La titolarità dell’azione spetta al figlio ed è per lui imprescrittibile. Dopo la morte del figlio, essa spetta ai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti, entro due anni dalla morte. L’azione può essere promossa, nell’interesse del minore, dal genitore che eserciti la potestà o dal tutore, quest’ultimo previa autorizzazione giudiziale. L’azione è proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi; chiunque ne abbia interesse può intervenire nel giudizio. Per promuovere e proseguire l’azione occorre il consenso del figlio, se ha raggiunto l’età di 16 anni. La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ha cioè effetto ex tunc, sin dal giorno della nascita.
La p. può essere contestata a mezzo di alcune azioni di stato, dirette all’accertamento negativo delle condizioni che attribuirebbero a un soggetto lo stato di padre. L’azione di disconoscimento della p. tende a rimuovere la presunzione di p. sul presupposto che il nato, pur essendo stato concepito durante il matrimonio, non è stato concepito tra il marito e la moglie: in base all’art. 235, così come modificato dalla l. 151/1975, il disconoscimento è ammesso solo in ipotesi tassative, e cioè: non coabitazione dei coniugi nel periodo legale del concepimento; impotenza del marito, anche soltanto generandi, durante lo stesso periodo; adulterio della moglie nel detto periodo o celamento al marito della gravidanza e della nascita del figlio. In tali casi il marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con le proprie e ogni altro fatto tendente a escludere la paternità. La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità. L’azione di disconoscimento è attribuita non più soltanto al padre, come era prima della riforma del diritto di famiglia, ma anche alla madre e al figlio. Il marito può esercitarla entro un anno dalla nascita del figlio se al tempo di questa si trovava nel luogo in cui è nato il figlio, ovvero, a seconda dei casi, entro un anno dal giorno del suo ritorno o dal giorno in cui ha avuto notizia della nascita. Anche al figlio è concesso il termine di un anno, con decorrenza dal compimento della maggiore età, mentre la madre deve esercitarla entro sei mesi dalla nascita del figlio. In caso di morte del titolare dell’azione, questa si trasmette a categorie determinate di eredi (art. 246 c.c.).
Nella pratica forense, per la determinazione della p., è utilizzata la tecnica chiamata DNA fingerprinting (➔ impronta) che, sviluppata nel 1985 per opera di A.J. Jeffreys, V. Wilson e S.V. Thein e originariamente utilizzata per l’identificazione di individui responsabili di crimini o violenze, è in grado di evidenziare le differenze individuali nelle sequenze delle basi del DNA.