maternità Il periodo della vita della donna dall’inizio della gestazione fino all’allevamento del neonato. Per la tutela della m. delle donne lavoratrici ➔ lavoro.
Nel contesto delle tecniche di fecondazione assistita, si parla di m. surrogata (o sostitutiva) quando, al fine di portare a termine una gravidanza, una donna: a) cede il proprio utero (madre portante o madre gestazionale) per accogliere un ovocita fecondato proveniente da un’altra donna (madre genetica); b) cede al tempo stesso sia l’ovocita sia l’utero (madre genetica e gestazionale). Nel primo caso, l’ovulo estratto dalla donna e fecondato in vitro con il seme del marito viene impiantato nell’utero di un’altra donna, che dopo il parto si impegna a consegnare il figlio ai genitori genetici e committenti. Nella seconda ipotesi, invece, si feconda, in vivo o in vitro, l’ovocita della stessa donna che porterà avanti la gravidanza, partorirà il bambino e lo consegnerà dopo la nascita alla coppia committente (padre genetico e madre sociale, o genitori sociali, nell’ipotesi in cui anche il gamete maschile derivi da un donatore anonimo estraneo alla coppia).
La m. surrogata, che in Italia è vietata dalla l. 40/2004, solleva una molteplicità di questioni di carattere etico, psicologico, deontologico e giuridico nell’ambito della riflessione bioetica. In primo luogo, essa comporta una moltiplicazione delle figure genitoriali all’interno della famiglia, con conseguenze sulla strutturazione dell’identità del figlio concepito. In secondo luogo, la gravidanza, quale condizione naturale essenziale della m., viene degradata a mera funzione di produzione meccanica e biologica di un essere umano e privata di ogni carica psicologico-affettiva. Il distacco forzato tra madre e figlio, voluto per ragioni di scambio, provoca un’inversione dei valori naturali della filiazione, con possibili conseguenze gravi sullo sviluppo dell’identità del bambino e sulla sua dignità. In terzo luogo, la m. surrogata è causa di una frammentazione tra gli elementi psichici, biologici e morali della famiglia. Ciò costituisce una violazione del principio fondamentale di familiarità (art. 29-31 Cost.), per il quale la famiglia rappresenta la struttura relazionale umana fondamentale attraverso cui ogni soggetto acquisisce la propria identità personale. Un’ipotesi particolare è, in quarto luogo, quella del feto o del bambino nato con malformazioni. Sia nel caso in cui la malformazione venga scoperta con una diagnosi prenatale, sia qualora venga osservata solo dopo di nascita, l’esperienza mostra un rifiuto del concepito, sia da parte della coppia committente, sia da parte della madre portante. Il bambino può essere così abortito o abbandonato, in quanto ‘prodotto’ insoddisfacente rispetto alle richieste e alle aspettative di chi lo aveva commissionato.
Rispetto alle questioni giuridiche sottese al contratto di surroga, si segnala il problema dell’attribuzione della maternità. Nell’ordinamento italiano l’art. 269, co. 3, del codice civile considera madre legittima colei che ha partorito il bambino; ciò preclude ogni possibilità di contratti di surroga. È inoltre illecito qualsiasi accordo a titolo oneroso o gratuito finalizzato al prestito o all’affitto di utero, o alla cessazione dei propri gameti (art. 5 c.c.). Considerando, inoltre, che in un accordo di m. surrogata l’oggetto della compravendita non è costituito solo dall’utero della donna, ma dal bambino, si configura una violazione del principio personalistico per il quale la vita di una persona non può mai essere utilizzata come mezzo per soddisfare bisogni, desideri o interessi di terzi. Pertanto il relativo accordo è nullo, poiché ha causa illecita e materia contrattuale indisponibile (extra-commercium). Tale posizione è conforme alle principali legislazioni straniere sulla fecondazione artificiale, nonché ai principi fondamentali sanciti nelle dichiarazioni e convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo e al codice deontologico italiano (art. 44).