Cannello di materia colorante in pasta, ottenuto impastando il colore in polvere con acqua e piccole quantità di sostanze agglutinanti; i p. possono essere morbidi, semiduri o duri e l’impasto può essere anche a base di cera od olio.
Il p. è tecnica pittorica rapida e immediata, che in realtà esige decisione e sicurezza di tratto. Si esegue con il diretto sfregamento del colore su carta preventivamente preparata, su tele, su legno, o in genere su una superficie sufficientemente ruvida da trattenere la materia colorante. La fusione dei toni e l’aderenza del colore si ottengono anche con l’aiuto delle dita. Per garantirne la durata è indicato l’uso di sostanze fissanti.
Già usato nei sec. 15° e 16° in unione con altre tecniche (punta d’argento, sanguigna), fu utilizzato sistematicamente da H. Holbein il Giovane. È con ogni probabilità un p. il ritratto di Guillaume Jouvenel des Ursins, eseguito da J. Fouquet nel 1460 (Berlino, Kupferstichkabinett). In età barocca, ma soprattutto dal 18° sec., il p. raggiunse la massima diffusione, soprattutto per l’esecuzione dei ritratti. Perfezionato da J. Vivien, fu usato in particolare da R. Carriera. Famosi furono i pastellisti francesi del Settecento: J.-B. Perroneau e soprattutto M.-Q. de La Tour; nell’Ottocento il p. fu tecnica prediletta da H.-G.-E. Degas, e usato da altri impressionisti. È tecnica scelta per l’immediatezza dell’esecuzione, la facilità delle riprese e degli impasti, la freschezza e il vellutato, l’inalterabilità del colore.