passaporto
Documento che da facoltà al cittadino di uno Stato di allontanarsi dal territorio nazionale per entrare in quello di altri Paesi. Il nome di p. deriva dall’origine dell’istituto, e cioè una licenza di arrivo e partenza rispetto a viaggi per mare o concessa a navi. Applicato in seguito alla sola circolazione delle persone fisiche, il p. valeva da lasciapassare sia all’interno sia oltre le frontiere dello Stato emanante, con richiesta agli altri Stati di accordare libero passaggio al titolare del documento. Le origini del p. sono nel Medioevo, allorché Chiesa e impero rilasciavano ai viaggiatori delle carte che assicuravano ingresso e libertà ovunque. Più frequente era però il permesso di ingresso rilasciato alle frontiere, dopo interrogatorio da parte dei commissari (clusarii); ma anche le signorie feudali presero a rilasciare p. e salvacondotti. Nell’età comunale sorse nelle maggiori città un servizio di polizia, dislocato ai posti di transito, per il rilascio delle «bullette» ai forestieri. Con l’inizio di più regolari rapporti fra gli Stati, si fecero più frequenti le lettere commendatizie. La Costituzione francese del 1791 abolì il p. interno, che in seguito fu ripristinato e andò trasformandosi nell’odierna carta d’identità. Nel secolo 19° e all’inizio del 20° il p. per l’estero divenne in gran parte d’Europa facoltativo, ma con la Prima guerra mondiale la sua necessità fu ristabilita, e rimase in vigore per tutto il 20° secolo. Tuttavia, sulla base del Trattato di Schengen (1985), e poi con la nascita dell’Unione Europea, il passaggio da uno all’altro dei Paesi membri non richiese più l’obbligo del p., bastando ormai un semplice documento d’identità.