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Pasqua

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Presso gli Ebrei, la solennità con cui si celebra la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto; il nome viene dalla tradizione biblica messo in rapporto con il verbo pāsaḥ «passare oltre», a commemorazione del «passare oltre» del Dio d’Israele, che nella notte dell’uccisione dei primogeniti egiziani risparmiò quelli ebrei.

Presso i cristiani, il nome è stato applicato alla festa mobile che commemora la risurrezione di Cristo, la massima solennità dell’anno liturgico.

La P. ebraica

L’istituzione della P. è basata sulla narrazione biblica della liberazione degli Ebrei dall’Egitto (Esodo, 12). Secondo tale racconto, il faraone impediva agli Ebrei di lasciare la terra d’Egitto, né le prime 9 piaghe che Mosè aveva fatto abbattere su di essa lo avevano mosso dal suo proposito. Fu allora la volta della decima piaga. Per ordine di Dio, Mosè dispose che nel pomeriggio del 14 del mese di abīb (detto poi nisān) ogni famiglia ebrea immolasse un agnello e aspergesse col suo sangue gli stipiti e l’architrave della porta di casa; ordinò inoltre che le carni della vittima fossero arrostite e mangiate in fretta e in abito di partenti, insieme con pane non fermentato (azimo) ed erbe amare. Nella notte stessa, Dio passò dinanzi alle case egiziane e ne uccise tutti i primogeniti, risparmiando invece quelli israeliti, le cui abitazioni erano riconoscibili dal sangue sugli stipiti. Vinto da quest’ultima e più terribile prova, il faraone non si oppose a che gli Ebrei, in assetto di partenza, si allontanassero.

La P. era una delle tre maggiori solennità nelle quali si compiva il pellegrinaggio collettivo al Tempio di Gerusalemme. La celebrazione si basava su tre riti essenziali: quelli del sacrificio dell’agnello pasquale, del pane azimo e delle primizie agricole, che venivano offerte il 16 di nisān sotto forma di un manipolo di spighe. L’intera festa durava sette giorni, di cui il primo e l’ultimo di festa solenne. La distruzione del Tempio (70 d.C.) rese impraticabili il pellegrinaggio e il sacrificio, ma non abolì la festa con il suo valore commemorativo. Nel corso dei secoli la celebrazione della P., e in particolare della cena, si è arricchita di usi e riti supplementari e così si è trasmessa attraverso il tempo nella ritualistica delle comunità ebraiche, fino ai nostri giorni.

La P. cristiana

La P. è la più antica e la più solenne delle feste cristiane. Cade la prima domenica dopo il plenilunio di primavera; in pratica, secondo il computo di Dionigi il Piccolo (525 d.C.), basato a sua volta su quello alessandrino più antico, fra il 22 marzo e il 25 aprile. È quindi una festa mobile, che regola gran parte dell’anno liturgico (l’inizio della Quaresima e le solennità che seguono alla P. stessa, come, per es., l’Ascensione e la Pentecoste).

Nella P., senza dubbio, la Chiesa intese continuare la solennità omonima giudaica, ma imprimendole subito un suo significato proprio. Specialmente in Oriente, una falsa etimologia della parola (quasi derivasse dal greco πάσχειν «patire») fece accentuare il ricordo della passione e della morte (ancora oggi i Greci chiamano il venerdì santo P. della Crocifissione). L’interpretazione paolina, che contrappose la festa cristiana a quella ebraica, nel 2° e 3° sec. originò una questione piuttosto vivace fra l’Oriente, che intendeva mantenere la data ebraica (14 nisān, qualunque fosse il giorno della settimana), e l’Occidente, ove il giorno di P. si faceva cadere sempre di domenica; nel Concilio di Nicea (325) si decise di far cadere la P. nella domenica che segue il plenilunio successivo all’equinozio di primavera (21 marzo). La controversia tra cristiani celti e romani circa la data della P. si concluse in favore dell’uso romano nel sinodo di Whitby (664).

La P. ha un’ottava, una volta considerata tutta festiva, che continua in tono di gioia la celebrazione del mistero; mentre è preceduta da una settimana (detta settimana santa) in cui vengono commentati i fatti riguardanti la passione e morte in croce di Cristo, la sua sepoltura e la risurrezione da morte; il giovedì, venerdì e sabato costituiscono il triduo sacro. Alla sera del sabato santo, durante la grande veglia o vigilia notturna, gradatamente si passa dal lutto alla gioia della risurrezione, rievocata – dopo il battesimo dei catecumeni e numerose letture, canti e preghiere – con la messa solenne verso l’alba della domenica, la P. propriamente detta, che intende celebrare con la massima solennità la risurrezione di Cristo, culmine della sua opera di redenzione.

Vedi anche
triduo Ciclo di preghiere o di riti concluso nello spazio di tre giorni; i triduo di preghiere sono previsti dalla liturgia (per es., in onore di un santo dopo la sua canonizzazione) e sono consueti nella devozione popolare (e privata) in preparazione di una determinata festa o per ricevere una grazia particolare. ... messa La più importante azione sacra delle Chiese cattolica, ortodossa e anglicana, celebrata dal sacerdote con la comunità dei fedeli. 1. La messa nel cristianesimo cattolico Nella dottrina cattolica (istruzione Eucharisticum Mysterium del 25 maggio 1967), la messa, o Cena del Signore, è contemporaneamente ... battesimo Rito con cui una persona, mediante abluzione e l’osservanza della forma prescritta, entra a far parte della Chiesa: è il primo dei sette sacramenti della Chiesa cattolica e, insieme alla confermazione e all’eucaristia, costituisce l’iniziazione cristiana. È riconosciuto sacramento da quasi tutte le altre ... domenica Settimo giorno della settimana; nella tradizione cristiana è giorno festivo e consacrato al Signore: il nome, già usato da Tertulliano sul modello del gr. κυριακή [ἡμέρα], fu introdotto da Costantino in sostituzione della più antica denominazione solis dies, «giorno del sole» (tuttora conservata in altre ...
Categorie
  • FESTIVITA E CALENDARI RELIGIOSI in Religioni
Tag
  • EQUINOZIO DI PRIMAVERA
  • DIONIGI IL PICCOLO
  • CONCILIO DI NICEA
  • PANE AZIMO
  • ARCHITRAVE
Altri risultati per Pasqua
  • Pasqua
    Dizionario di Storia (2011)
    Nella religione ebraica, la solennità con cui si commemora la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto (Esodo, 12), celebrata con il sacrificio nel Tempio dell’agnello pasquale, la consumazione del pane azzimo e l’offerta delle primizie agricole. Nella religione cristiana, la P. ...
  • Pasqua
    Enciclopedia dei ragazzi (2006)
    Raffaele Savigni La più importante festa ebraica e poi cristiana Il termine Pasqua, dall’ebraico Pesah, significa «passaggio». Nel mondo ebraico la festa della Pasqua ricorda, infatti, mediante il sacrificio dell’agnello, il passaggio dell’angelo di Dio, che colpì i primogeniti degli Egiziani e consentì ...
  • Pasqua
    Dizionario delle Scienze Fisiche (1996)
    Pasqua [Der. del lat. pascha, gr. páscha, adatt. dell'ebr. pesah "passaggio"] [STF] [ASF] Importante festività cristiana celebrante la resurrezione di Gesù Cristo, derivata dalla festività ebraica commemorante l'uscita dall'Egitto (peraltro cadente in altra data), fissata alla prima domenica dopo il ...
  • PASQUA
    Enciclopedia Italiana (1935)
    Giuseppe RICCIOTTI Alberto PINCHERLE Lucio GIALANELLA . La Pasqua ebraica. - Nome. - Il nome della Pasqua è in ebraico pesah, diventato nell'aramaico-giudaico pisḥā (siriaco peṣḥā), che poi fu traslitterato in greco in πασχα, ϕάσχα, e ϕασέκ; ne la Vulgata latina è pascha (neutro) e phase. Questo ...
Vocabolario
pàsqua
pasqua pàsqua s. f. [lat. pascha, gr. πάσχα, adattamenti dell’ebr. pesaḥ (aramaico pisḥā), propr. «passaggio»; la forma lat. si è incrociata con pascua «pascoli»]. – 1. Presso gli Ebrei, la solennità con cui si commemora e si celebra la...
pasquare
pasquare v. intr. [der. di pasqua] (aus. avere), ant. – Trascorrere, festeggiare, celebrare la Pasqua, o anche altra festa che si indichi col nome di pasqua (in un luogo o insieme con qualcuno): essendo per una pasqua di Natale a pasquare...
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