In grammatica, modello di declinazione o di coniugazione dato dai manuali di studio (per es., in latino, la flessione di rosa, di rivus ecc., per le declinazioni; di amare, monere ecc., per le coniugazioni); o anche, l’enunciazione delle forme fondamentali di un verbo, cioè dei temi del presente, perfetto, supino, infinito, da cui derivano tutti gli altri tempi (per es., il p. del verbo pingĕre: pingo -is, pinxi, pictum, pingĕre).
Nella linguistica moderna, usando la terminologia introdotta da L. Hjelmslev, l’insieme degli elementi della frase che contraggono tra loro una relazione virtuale di sostituibilità, potendo sostituirsi gli uni agli altri nello stesso contesto: per es., dato il segno mangio una pera, mangio intrattiene rapporti sintagmatici con una pera e rapporti p. con mangi, mangia, mangiai ecc., con mordo, vedo, dipingo ecc.; allo stesso modo, una intrattiene rapporti sintagmatici con pera, e p. con la, questa ecc. Il termine paradigmatico ha sostituito nell’uso tecnico quelli proposti da F. de Saussure (associativo) e H. Frei (memoriale) per designare i rapporti in absentia.