Vedi Oman dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Pur essendo uno dei paesi della Penisola Arabica meno visibili sul piano internazionale, l’Oman è un attore importante sia dal punto di vista geopolitico, sia per quanto riguarda gli equilibri regionali. Il piccolo sultanato occupa una posizione geografica strategica che lo porta a controllare, assieme all’Iran sull’altra sponda del Golfo Persico, il vitale Stretto di Hormuz, arteria di primaria importanza per le rotte commerciali da e verso i paesi che si affacciano sul Golfo e, soprattutto, per le loro esportazioni di idrocarburi. Mascate è membro dell’organizzazione del Consiglio per la cooperazione del Golfo (Gcc) e intrattiene un rapporto privilegiato con gli Emirati Arabi Uniti (Uae) che circondano due exclave dell’Oman: il territorio di Madha e la penisola di Musandam, situata proprio sullo Stretto di Hormuz. Fino al 1964 anche l’Isola di Zanzibar, sulle coste orientali dell’Africa, ricadeva sotto la sovranità omanita.
Il Sultanato, come la maggior parte dei paesi arabi, non intrattiene rapporti diplomatici con Israele e, di contro, è legato all’Iran, soprattutto dalla comune gestione dello Stretto di Hormuz. La lunga tradizione diplomatica, ha permesso all’Oman di intensificare le relazioni con le maggiori potenze occidentali – soprattutto degli Usa e del Regno Unito – pur mantenendo buoni i rapporti con l’Iran. Il sultano omanita Qaboos bin Said al-Said ha spesso mediato tra le due parti. In passato ha contribuito al rilascio di cittadini statunitensi ed europei trattenuti a Teheran, ed è stato tra i primi a prendere parte al processo di negoziazione sul programma nucleare iraniano. I due stati ad agosto 2013 hanno inoltre firmato un accordo bilaterale sul gas.
Il vicino omanita più problematico è lo Yemen, con il quale è stato raggiunto un accordo sulla definizione della frontiera comune solo nel 1992. Per la tutela della sicurezza del paese, Mascate sostiene attivamente la stabilità del paese confinante e mantiene controlli serrati alle frontiere.
A livello istituzionale, l’Oman è una monarchia assoluta, con un sistema sultanale a capo del quale, dal 1970, è Qaboos bin Said al-Said. Il sultano ha poteri molto estesi: oltre a essere capo di stato e di governo, nomina l’esecutivo e ricopre le cariche di ministro degli esteri, della difesa e delle finanze. Il paese si è dotato anche di un sistema parlamentare bicamerale, composto da un consiglio consultivo, chiamato Majlis al-Shura (dal 1990), e dal Consiglio di stato, Majlis al-Dawla (dal 1997). La prima di queste due assemblee ha 84 membri e, dal 2004, è eletta a suffragio universale, mentre il consiglio di stato ha 53 membri nominati direttamente dal sultano. Dopo cinque mesi di proteste all’inizio del 2011 sono state introdotte alcune riforme. La più importante riguarda il Majlis al-Shura, che ha acquisito poteri legislativi. Queste riforme sono state interpretate come l’inizio del passaggio da una monarchia assoluta a una di tipo costituzionale, anche se il cammino da percorrere è ancora lungo. Il sistema omanita non prevede la formazione di partiti politici e, come in molte realtà arabe, il rapporto di fiducia tra governanti e governati si basa principalmente su relazioni di tipo tribale. La questione della successione rappresenta la principale incognita per il futuro del paese, in quanto l’attuale sultano non ha figli e non ha ancora nominato un suo erede.
L’Oman ha una popolazione di più di tre milioni di abitanti. Quasi il 44% dei residenti è composto da immigrati: un dato decisamente alto, che tende ad avvicinarsi a quello di altri paesi del Golfo, come il Qatar, il Kuwait e gli Uae. Come retaggio della tradizione mercantile del paese, che esercitava un importante controllo sulle rotte commerciali tra Asia e Africa nei secoli 17° e 18°, in Oman risiede una popolazione molto variegata dal punto di vista etnico. Comprende, oltre agli arabi, minoranze beluci, africane e asiatiche. Sotto il profilo demografico la popolazione è molto giovane e più dell’80% degli abitanti ha meno di 35 anni. Negli ultimi anni il governo ha imboccato un cammino di riforme nella sanità e nell’istruzione, campo in cui il paese ha compiuto significativi progressi: l’alfabetizzazione giovanile è al 97% e non presenta significative differenze tra i generi.
L’Oman non ha mai avuto una vera e propria Costituzione. Nel 1996 il sultano ha tuttavia emanato la cosiddetta Basic Law, che definisce le caratteristiche istituzionali e giuridiche del paese e stabilisce che la legge islamica, la sharia, è l’unica fonte del diritto e l’islam la religione di stato. Nel panorama politico non vi è spazio per le opposizioni organizzate in partiti e la dialettica interna è pressoché inesistente. Benché il sultano sia una figura amata dal popolo, negli ultimi anni non sono mancate le critiche per la repressione che ha schiacciato alcune libere manifestazioni d’opinione. A giugno 2012 sono stati emessi dalle autorità diversi mandati d’arresto e condanne contro blogger e attivisti dei diritti umani. A marzo 2013, a sorpresa, sono giunte ai condannati le scuse ufficiali del sultano. Ma il giro di vite sulla libertà di parola è ripreso con ulteriori arresti.
I diritti delle donne e l’uguaglianza di genere hanno fatto registrare miglioramenti negli ultimi anni. Nel 2004, per la prima volta, il sultano ha nominato due donne ministri del suo nuovo esecutivo.
Come quasi tutti i paesi dell’area del Golfo Persico, anche l’Oman ha un’economia prevalentemente incentrata sugli idrocarburi, come conferma il fatto che il settore industriale (che ricomprende l’estrattivo) sia ancora predominante e costituisca il 55% del pil. Ai livelli attuali di estrazione, il petrolio dovrebbe esaurirsi entro i prossimi 18 anni, poiché è già stato raggiunto nel 2000 il picco di produzione, con quasi un milione di barili prodotti al giorno a fronte dei 710.000 barili del 2007. Il paese è stato comunque in grado di arrestare con successo il declino: la produzione di greggio nel 2012 è tornata a raggiungere i 919.000 barili al giorno. In compenso, dagli anni Novanta in poi, il paese ha sviluppato l’estrazione del gas naturale, grazie soprattutto alla scoperta di nuovi giacimenti. In particolar modo, l’Oman ha adottato la tecnologia del gas naturale liquefatto (Gnl), tramite un impianto realizzato con il coinvolgimento di compagnie straniere – come la Shell e la Total. Tra il 2002 e il 2011, l’Oman ha visto crescere del 168% la domanda di Gnl, sostenuta soprattutto dai mercati asiatici, destinatari anche delle esportazioni di petrolio. Il resto del gas naturale (all’incirca metà del totale) è invece usato internamente, per la produzione di energia elettrica e per la desalinizzazione dell’acqua, risorsa di cui il paese è estremamente povero. Un settore in espansione, nell’ottica della diversificazione economica, è il turismo: gli sforzi effettuati dal sultanato negli ultimi anni hanno portato all’inaugurazione di un collegamento aereo diretto Mascate-Londra e alla progressiva eliminazione del sistema di restrizione sui visti. In quanto al settore primario, un comparto importantissimo dell’economia omanita è rappresentato dalla pesca, dalla quale dipende circa un quarto della popolazione del paese.
I rapporti commerciali dell’Oman si sviluppano in maniera particolare con i paesi asiatici, in primis Cina, Corea del Sud e Giappone, destinatari delle esportazioni di idrocarburi. Le importazioni giungono, invece, principalmente dai vicini Uae, dal Giappone e dagli Usa. Il maggiore porto commerciale è quello di Sultan Qaboos, nei pressi della capitale Mascate, mentre per le esportazioni di petrolio l’infrastruttura più importante è il porto di Fahal, a nord della capitale. L’Oman si è opposto alla creazione di una moneta unica per i paesi del Gcc, temendo che la propria economia ne risentisse a favore di paesi più sviluppati, come l’Arabia Saudita e gli Uae.
L’Oman è ritenuto uno dei paesi più stabili dell’area mediorientale. I rapporti con gli Usa e il Regno Unito risultano fondamentali per il mantenimento della sua sicurezza. L’esercito dell’Oman è uno dei più professionali della regione e gode di un alto livello di popolarità tra la popolazione. Lo stato destina una parte importante del bilancio alla spesa militare, che supera l’8% del pil.
Pur in mancanza di serie minacce, un elemento che in questi anni ha preoccupato l’Oman, così come altri paesi del Golfo, è costituito dall’escalation della tensione tra Usa e Iran, entrambi buoni partner omaniti. L’accordo sul nucleare iraniano raggiunto a novembre 2013 ha inaugurato una fase più rassicurante.
Le recenti politiche economiche del governo omanita hanno cercato di venire incontro alla crescente domanda nel mercato del lavoro, diretta conseguenza dell’elevato tasso di incremento demografico (superiore al 9%) e della giovane età della popolazione, che minaccia di generare un alto tasso di disoccupazione. In particolare il paese, che ospita una grande percentuale di forza lavoro immigrata, ha intrapreso politiche di ‘omanizzazione’, imponendo quote nel mercato interno per i cittadini omaniti e emanando divieti temporanei sul rilascio di visti lavorativi. La mancanza di una forza lavoro locale qualificata e le differenze nelle condizioni di lavoro tra il settore pubblico (più tutelato) e quello privato rendono però difficile l’attuazione di queste politiche. Al fine di appianare le divergenze, a luglio 2013 il governo ha aumentato il salario minimo per gli omaniti che lavorano nel privato. Tuttavia, poiché non vi è alcun salario minimo per gli immigrati, assumere omaniti risulta relativamente più costoso che assumere stranieri.