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Tommasèo, Niccolò

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Scrittore (Sebenico 1802 - Firenze 1874). Nato in una famiglia di commercianti italiani, compiuti i primi studî nel seminario di Spalato, nel 1817 si trasferì per gli studî di legge a Padova, dove conobbe A. Rosmini. Nell'ambiente padovano, dopo il conseguimento della laurea (1822) e un breve soggiorno a Sebenico, iniziò la sua carriera di scrittore e pubblicista; si trasferì poi a Milano (1824-27), dove lavorò per l'editore Stella, si legò di devota amicizia ad A. Manzoni (si vedano i Colloqui col Manzoni, post., 1928) e cominciò a collaborare all'Antologia (v.) di G. P. Vieusseux; quindi a Firenze, dove intensificò tale collaborazione, strinse amicizia con G. Capponi ed ebbe una sofferta relazione amorosa con Geppina Catelli. Dopo la chiusura della rivista, causata in parte da un suo articolo-recensione che provocò il risentimento dell'ambasciatore d'Austria, scelse la via dell'esilio in Francia (1834), vivendo a Parigi, a Nantes e infine in Corsica; di qui, beneficiando di un'amnistia, rientrò in Italia (1839), fece ritorno a Sebenico e si stabilì per un decennio a Venezia. Fu un periodo d'intensa attività letteraria e anche politica. Imprigionato nel gennaio 1848 per le sue posizioni antiaustriache, liberato nel marzo, insieme a D. Manin, dal popolo insorto, fu ministro nel governo provvisorio, ambasciatore a Parigi e tra i più accesi protagonisti della difesa della Repubblica veneziana; caduta la quale si rifugiò a Corfù (1849), dove riprese la sua attività scrivendo tra l'altro un libro su quegli avvenimenti (Venezia negli anni 1848 e 1849, 2 voll., post., 1931-50), e sposò la vedova Diamante Pavello, che lo assistette nella sua incipiente cecità. Solo nel 1854 tornò in Italia, stabilendosi a Torino e poi a Firenze (1859), dove morì. Figura tra le più significative e controverse dell'intellettualità cattolica italiana dell'Ottocento, diede prova delle sue non comuni facoltà, non sempre sorrette da adeguato rigore, in quasi tutti i campi dell'attività letteraria. Alla lessicografia diede due opere importanti come il Nuovo dizionario de' sinonimi della lingua italiana (1830), più volte rivisto e ristampato, e il grande Dizionario della lingua italiana (4 voll., in 8 parti, 1865-79; prime dispense nel 1861, dopo un saggio nel 1858), per il quale fu aiutato da varî studiosi, tra cui B. Bellini e soprattutto G. Meini, che lo condusse a termine. Nell'ambito degli studî etnografici, si distinse con la raccolta dei Canti popolari toscani, corsi, illirici e greci (4 voll., 1841-42), con traduzioni che sono tra gli esiti migliori della sua poesia. All'attività critica e alla riflessione estetica appartengono Il Perticari confutato da Dante (1825), con cui il giovane T., nonostante la sua formazione squisitamente retorico-umanistica, si schierava con i romantici nella polemica sulla lingua letteraria, il notevole Commento alla Divina commedia (3 voll., 1837), il Dizionario estetico (1840), le pagine riunite in Bellezza e civiltà o delle arti del bello sensibile (1857), l'edizione delle Lettere di s. Caterina (1860), degli Scritti di G. Scalvini (1860), i saggi raccolti in Storia civile nella letteraria (1872). Polemista risentito, contro il potere temporale dei papi scrisse Rome et le monde (1851), contro la pena di morte l'eloquente Supplizio d'un italiano a Corfù (1855), contro il darwinismo L'uomo e la scimmia (1869). Al dibattito politico prese parte con numerosi scritti, tra cui i cinque libri Dell'Italia, ispirati a un generico cristianesimo sociale (l'opera, terminata in Francia, per poter entrare negli stati italiani comparve col tit. di Opuscoli inediti di fra Girolamo Savonarola, 1835). Fu tra i primi a intuire l'importanza della questione balcanica, battendosi per il riconoscimento dell'autonomia della "nazione" dalmata (v. Dalmazia: Storia). Si adoperò anche per un riavvicinamento tra la Chiesa di Roma e gli ortodossi. Repubblicano e federalista, fu avverso alla politica unitaria di Cavour (di cui combatté anche la politica ecclesiastica), coerentemente rifiutando, dopo l'Unità, la cattedra offertagli dal ministro F. De Sanctis e il seggio in senato. Fulcro della personalità intellettuale, del mondo morale e fantastico di T. fu la profonda fede religiosa, da lui vissuta in una drammatica tensione tra colpa ed espiazione, peccato e pentimento. Oltre che dalle pagine del suo Diario intimo (post., a cura di R. Ciampini, 1938), tale travaglio è testimoniato dalle sue opere creative, e in primo luogo dai versi che egli venne scrivendo e pubblicando fin dal 1836 (Confessioni) e che riunì nel volume complessivo di Poesie nel 1872: versi nuovi nella lirica italiana per l'accorata, cristiana introspezione e per il senso profondo della natura venutogli in parte da Rousseau, da Lamennais e dall'ammiratissima G. Sand. Vicina ai modelli della prosa francese di confessione (al Volupté di Sainte-Beuve) è, per temi e sensibilità, la sua più importante opera narrativa, Fede e bellezza, scritta in Francia e pubblicata a Venezia nel 1840 (n. ed., 1852), storia di peccato e redenzione in cui si riflettono esperienze dello stesso T.; se l'aspirazione a una lingua modellata su quella popolare toscana si traduce spesso, come notò il Cattaneo, in una perdita di "freschezza e naturalezza di modi", notevole è in questo romanzo lo sforzo di aprire la nostra narrativa a tematiche che le erano estranee e che più tardi sarebbero state riprese, in un mutato clima spirituale, soprattutto da A. Fogazzaro. Oltre ad alcune novelle e al pur notevole romanzo storico Il Duca d'Atene (1837), vanno ricordate le prose d'arte in serbocroato Iskrice (1844), già da lui pubblicate in traduzione italiana col titolo Scintille (1841), e una serie di bei racconti tradotti dalla vulgata biblica (Esempi di generosità proposti al popolo italiano, 1867). Ricchissima è la sua corrispondenza (con Rosmini, Vieusseux, Capponi, R. Lambruschini, A. Poerio), di cui sono stati pubblicati numerosi volumi. L'edizione nazionale delle opere di T. ha preso avvio con il volume di Scritti editi e inediti sulla Dalmazia e i popoli slavi (1943), cui hanno fatto seguito Sul numero (1954), Salmi e Inni sacri tradotti (1965), Del presente e dell'avvenire (2 tomi, 1968-81), Racconti biblici e Meditazioni sui Vangeli (1970), I santi Evangeli. Col commento che da scelti passi de' padri ne fa Tommaso d'Aquino (1973).

Vedi anche
Daniele Manìn Uomo politico (Venezia 1804 - Parigi 1857). Fu promotore di un'opposizione non clandestina all'amministrazione austriaca e divenne presidente del governo provvisorio (1848) di Venezia dopo l'insurrezione popolare e la cacciata degli austriaci. Dopo la capitolazione (ag. 1849) della Repubblica di Venezia, ... Gino Cappóni Storico, pedagogista e uomo politico (Firenze 1792 - ivi 1876). Figura di grande rilievo per la storia della cultura toscana, rappresentante del pensiero politico moderato, fu senatore e presidente del Consiglio del granducato di Toscana e poi senatore del Regno. Tra gli scritti, il Frammento sull'educazione ... Venezia Comune del Veneto (415,9 km2 con 261.362 ab. al censimento del 2011, divenuti 258.685 secondo rilevamenti ISTAT del 2020, detti Veneziani), capoluogo di regione e città metropolitana. L’insediamento storico della città, posta al centro dell’omonima laguna, è tradizionalmente suddiviso in sei ‘sestieri’ ... Terenzio Mamiani della Rovere Uomo politico e scrittore (Pesaro 1799 - Roma 1885).  Partecipò ai moti del 1831 in Emilia; arrestato dagli Austriaci, fuggì poi a Parigi. Fu deputato dell'Assemblea Costituente a Roma (1849), schierandosi contro la Repubblica. Deputato al Parlamento subalpino per la maggioranza cavouriana e in seguito ...
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Vocabolario
nìccolo
niccolo nìccolo s. m. [alteraz. del lat. onychĭnus agg. «di onice»]. – Termine presente in vecchi cataloghi di collezioni di gemme: non ha sign. univoco, e spesso è stato usato come sinon. pop. di onice.
niccolite
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