Neuroscienze. Basi biologiche delle emozioni
L'emozione rende la vita degna di essere vissuta e rappresenta uno degli stati mentali più caratteristici di Homo sapiens. Il suo studio è utile sia per approfondire la conoscenza della nostra specie sia per prevenire o curare i disturbi mentali. Fino a qualche tempo fa, tuttavia, le neuroscienze sperimentali hanno continuato per tradizione consolidata a dedicare più attenzione alle basi neuronali di processi mentali quali il linguaggio, la percezione, l'attenzione e la memoria. Né tale resistenza del mondo scientifico deve sorprendere, perché a prima vista le emozioni corrispondono certamente a un costrutto psicologico troppo complesso e ricco di sfumature per poter essere facilmente ricondotto a paradigmi e condizioni di laboratorio standardizzate.
Tuttavia, la ricerca più recente si sta finalmente interessando alle basi biologiche delle emozioni, occupandosi delle emozioni specifiche più che del concetto generale. Questo approccio si fonda sull'idea che almeno alcune emozioni siano il prodotto di sistemi neuronali filogeneticamente antichi e anatomicamente definiti, che si sono evoluti per consentire la sopravvivenza dell'individuo e della specie. Se questa ipotesi è corretta, allora occorre ricercare non un sistema generale al quale ricondurre tutte le emozioni, bensì le basi neuronali delle emozioni singole, poiché almeno alcune di esse dipenderanno da sistemi ben distinti tra loro.
La sperimentazione è stata condotta principalmente a partire da una procedura di indagine comportamentale denominata 'condizionamento classico' (o 'pavloviano', dal nome del suo scopritore Ivan P. Pavlov). Grazie a numerose varianti di questo metodo, utilizzate su animali di laboratorio e spesso associate a lesioni chirurgiche o farmacologiche di aree o nuclei nervosi, è stato possibile ricostruire in modo dettagliato la mappa neurofisiologica delle regioni cerebrali e delle basi cellulari che mediano l'acquisizione, l'organizzazione e l'espressione delle reazioni di paura. Studi ancor più recenti hanno reso possibile l'identificazione di meccanismi analoghi nel cervello umano.
Tale mappa vede il suo centro nevralgico nell'amigdala, un nucleo sottocorticale che anatomicamente e funzionalmente fa parte del sistema limbico; altre strutture coinvolte nell'apprendimento delle risposte di paura condizionata sono l'ippocampo e i centri del sistema nervoso vegetativo collocati nel tronco dell'encefalo. Il sistema limbico (e in particolar modo l'ippocampo) elabora i complessi input provenienti dall'ambiente, al fine di costruire una rappresentazione configurazionale della situazione e di organizzare risposte efficaci di evitamento degli stimoli ansiogeni.
Nel loro insieme, i risultati di queste ricerche si sono dimostrati fondamentali per individuare l'origine delle nostre emozioni e i meccanismi che le regolano, nonché per chiarire numerosi aspetti dei disturbi neurologici o psicologici della sfera emotiva e per trarre indicazioni preziose per la loro terapia, in particolare nel caso dei disturbi d'ansia (un'emozione molto vicina alla paura).
Se molti stimoli sono in grado di suscitare in noi delle emozioni, ciò avviene grazie alle esperienze che abbiamo vissuto nel passato e a ciò che abbiamo appreso da esse. In altre parole, le emozioni che noi proviamo dipendono dalle associazioni mentali che formiamo tra i vari stimoli attraverso l'apprendimento. Il condizionamento della paura rappresenta una delle principali forme di apprendimento con cui impariamo a riconoscere un pericolo e sembra svolgere un ruolo anche nell'apprendimento delle paure patologiche (cioè dei disturbi d'ansia, come le fobie e gli attacchi di panico).
Grazie agli studi pionieristici condotti dal fisiologo russo Premio Nobel Ivan P. Pavlov sul cosiddetto condizionamento classico, è ben noto che uno stimolo inizialmente neutro e privo di un significato psicologico evidente (stimolo condizionato) può acquisire la proprietà di suscitare una risposta emotiva se si accompagna ripetutamente nel tempo a un evento significativo dal punto di vista biologico (stimolo incondizionato). Quando un organismo apprende ad associare lo stimolo condizionato a quello incondizionato in conseguenza del fatto che il primo precede costantemente il secondo, le risposte fisiologiche e comportamentali innate passano sotto il controllo dello stimolo condizionato, che acquisisce così un valore predittivo. Per esempio, se a un ratto viene presentato in laboratorio uno stimolo condizionato come quello rappresentato da un suono, che di per sé non suscita nessuna reazione nell'animale, e subito dopo gli viene somministrato uno stimolo incondizionato costituito da una leggera scarica elettrica, a seguito di numerosi abbinamenti tra suono e scarica il ratto prende a reagire al suono con le stesse risposte di paura (definite 'condizionate') che prima erano riservate alla scarica.
Alcuni esempi di risposte specie-specifiche soggette a condizionamento classico e dotate di un'utilità difensiva per gli animali sono costituiti dalle alterazioni dell'attività del sistema nervoso autonomo (il battito cardiaco, la pressione arteriosa) e di quello endocrino (il rilascio di ormoni), nonché dalla modulazione della sensibilità al dolore (analgesia) e dal riflesso di ammiccamento (battito degli occhi). Un paradigma sperimentale molto usato è quello dell'immobilità condizionata o freezing (congelamento), in cui l'animale, di solito un roditore, reagisce paralizzandosi completamente per alcuni secondi, come se fosse appunto congelato, quando viene esposto a uno stimolo incondizionato che produce paura (come una scossa elettrica).
Il condizionamento classico della paura è un fenomeno dimostrabile in tutte le specie, essendo stato osservato nelle mosche, nei vermi, nelle lumache, nei pesci, nei piccioni, nei conigli, nei ratti, nei gatti, nei cani, nelle scimmie e negli esseri umani. Questa tecnica permette ai ricercatori di esaminare la formazione di nuove associazioni emotive per mezzo di semplici stimoli sensoriali e quindi di creare reazioni comportamentali ben definite. In tal modo, un fenomeno psicologico sfuggente come l'emozione può essere affrontato a livello neurobiologico. Grazie alla sua relativa semplicità, il condizionamento della paura è diventato un modello molto usato per comprendere i meccanismi cellulari dell'apprendimento e della memoria, e i principî su cui si basa possono essere utili in molti contesti per spiegare vari fenomeni, tra i quali la genesi dei disturbi della sfera emotiva e la formazione traumatica di ricordi spiacevoli.
È un dato ormai definitivamente accertato che l'amigdala, una piccola regione del lobo temporale mediale del cervello, è essenziale per acquisire ed esprimere le associazioni di paura condizionata. In numerose specie animali, le sue lesioni (in particolare quelle dei nuclei laterale, basale e centrale) influiscono negativamente sull'elaborazione degli stimoli e sui tempi di reazione. Inoltre, la sua inattivazione temporanea interferisce con le capacità di acquisizione ed espressione della paura condizionata. Diversi studi clinici hanno dimostrato che le lesioni dell'amigdala producono un quadro caratteristico di alterazioni del comportamento emotivo (la cosiddetta sindrome di Klüver-Bucy), ma la ricerca sperimentale sul condizionamento indica che tale regione cerebrale è fondamentale anche per l'apprendimento emotivo.
L'amigdala svolge funzioni così specifiche sia perché è un nucleo anatomicamente complesso al suo interno, sia perché si trova al centro dell'intricata rete di connessioni neuronali del cervello. Riceve infatti (precisamente nel suo nucleo laterale) informazioni da tutte le vie sensoriali, comprese fibre nervose provenienti direttamente dal bulbo olfattivo, dalle aree corticali unimodali visive, uditive e somatosensoriali, e da quelle associative polimodali come la corteccia temporale, frontale, cingolata e insulare e la formazione ippocampale. Dopo essere stata elaborata nel nucleo laterale, l'informazione sensoriale viene trasmessa, attraverso vie e collegamenti interni, ai nuclei basale e basale accessorio, dove viene integrata con input aggiuntivi e trasmessa al nucleo centrale, che funge da principale stazione di output dell'amigdala. Da qui l'informazione raggiunge infatti, tramite varie vie anatomiche, i centri nervosi del tronco encefalico, i quali presiedono a vari aspetti della reattività emotiva. Uno schema semplificato di queste connessioni è illustrato nella fig. 4.
Tra le vie anatomiche dell'amigdala che sono interessate in modo specifico al condizionamento della paura, sono stati studiati in particolare i circuiti neuronali che regolano le risposte ai segnali acustici. L'informazione uditiva raggiunge l'amigdala per mezzo di due vie parallele: una proiezione diretta che collega tra loro talamo e amigdala e una proiezione indiretta che collega talamo, corteccia e amigdala. La via diretta dal talamo acustico (nucleo genicolato mediale e nucleo intralaminare posteriore) è rapida, ma fornisce informazioni piuttosto approssimative sui caratteri dello stimolo; per contro, la via corticale è più lenta, ma ha la capacità di rappresentare le informazioni acustiche con maggiore precisione. Ciascuna di queste vie di trasmissione è sufficiente per mediare forme semplici di condizionamento della paura, ma per l'apprendimento di risposte a stimoli più complessi è necessario il contributo della via corticale.
Quali vantaggi derivano dalla presenza di questi due sistemi paralleli? In primo luogo, l'esistenza di un percorso sottocorticale permette all'amigdala di individuare rapidamente gli stimoli potenzialmente minacciosi provenienti dall'ambiente, fatto questo evidentemente utile nelle situazioni di pericolo. In secondo luogo, il percorso subcorticale può servire a 'indirizzare' l'amigdala a valutare attentamente le informazioni ricevute tramite il percorso corticale. Per esempio, se un forte rumore può essere sufficiente di per sé a indurre uno stato d'allarme e a preparare l'animale ad affrontare un pericoloso predatore che si trovi in agguato, le reazioni difensive specifiche possono invece venire attivate soltanto dopo che la corteccia uditiva abbia analizzato la posizione, la frequenza, l'intensità e le altre caratteristiche del suono per determinarne con precisione la qualità e la natura. È interessante osservare, tra l'altro, che le cellule del nucleo laterale dell'amigdala reagiscono a suoni che rientrino nella gamma delle vocalizzazioni tipiche dei conspecifici: in molti Mammiferi le vocalizzazioni specie-specifiche di difesa sono essenziali per comunicare al gruppo la presenza nelle vicinanze di possibili predatori. Le reazioni comportamentali alle vocalizzazioni possono essere modificate secondo il paradigma del condizionamento classico e possono favorire l'adattamento dell'individuo al suo habitat naturale.
Una lesione delle regioni dell'amigdala sopra descritte interferisce pesantemente con il condizionamento della paura, quale che sia la modalità con cui questo viene misurato. Le lesioni delle aree verso cui l'amigdala proietta, invece, e in modo particolare quelle delle aree verso cui proietta il nucleo centrale, alterano invece singole e specifiche modalità di risposta. Così, le lesioni del grigio centrale mesencefalico, che è un'area del tronco dell'encefalo, interferiscono selettivamente con le attività difensive di tipo motorio, come per esempio il comportamento di congelamento. Per contro, le lesioni dell'ipotalamo laterale alterano le risposte condizionate che dipendono dal sistema nervoso simpatico, come per esempio l'aumento della pressione sanguigna, ma lasciano immutata la reazione motoria. I centri nervosi del tronco encefalico sembrano essere coinvolti in reti neuronali che mediano risposte di paura condizionata molto specifiche, come per esempio la bradicardia e il trasalimento.
Un'ulteriore conferma dell'importanza del nucleo centrale e delle sue proiezioni proviene da esperimenti in cui sono state prodotte lesioni a questa struttura dopo l'addestramento nel paradigma di condizionamento della paura. Tali lesioni impediscono infatti l'espressione delle risposte di paura anche dopo un addestramento adeguato. Il nucleo centrale funge, quindi, da collegamento integrativo tra i processi di valutazione della valenza emotiva degli stimoli, che si attuano all'interno dell'amigdala, e l'espressione della risposta emotiva dell'individuo da parte dei vari organi bersaglio o effettori.
Pur non possedendo intrinsecamente particolari qualità affettive, alcuni segnali esterni possono assumere significati emotivi differenti a seconda dell'ambiente, cioè del contesto, all'interno del quale si presentano: il nostro capo ufficio, per esempio, ci intimorisce di più nell'ambiente di lavoro che durante un ricevimento. Un intero contesto ambientale può anche acquisire di per sé la proprietà di suscitare emozioni, per via delle esperienze che vi abbiamo fatto in precedenza: è questo il caso, per esempio, del sentiero in mezzo al bosco lungo il quale abbiamo scorto più volte una vipera. È dunque una necessità adattativa di ogni organismo saper valutare non soltanto i segnali discreti che hanno significato emotivo innato o appreso, ma anche le implicazioni emotive di interi contesti ambientali e delle situazioni sociali.
Per studiare in laboratorio l'elaborazione emotiva contestuale ci si avvale delle cosiddette procedure di condizionamento contestuale: se un ratto è condizionato a prevedere il sopraggiungere di una scarica elettrica alla zampa in concomitanza con un suono quando si trova all'interno di un apposito box di condizionamento, esso reagirà con manifestazioni di paura non soltanto allo stimolo condizionato del suono, ma anche allo stesso box di condizionamento, pur in assenza del suono. In altre parole, reazioni di paura nei confronti del contesto globale all'interno del quale è stata somministrata la scarica elettrica possono manifestarsi anche in assenza dello stimolo condizionato specificamente associato a quel contesto.
Quali sono le regioni cerebrali che mettono in relazione i segnali contestuali con le reti di risposta emotiva? Di recente è stato dimostrato che l'ippocampo svolge un ruolo fondamentale nella formazione e nella conservazione delle associazioni contestuali di paura. Lesioni ippocampali prodotte prima dell'addestramento interferiscono con l'acquisizione di risposte condizionate al contesto, ma non impediscono il condizionamento a uno stimolo specifico quale, per esempio, un suono. Inoltre, lesioni prodotte dopo l'addestramento riducono le capacità di conservare le associazioni di paura contestuale, pur non esercitando, di nuovo, alcun effetto sulle risposte a uno stimolo condizionato sensoriale specifico. Tutto ciò è in linea con le teorie dell'elaborazione contestuale e relazionale mediata dall'ippocampo, secondo cui questa struttura cerebrale elabora rappresentazioni complesse dell'ambiente, che sono basate non su semplici associazioni tra coppie di stimoli ma su reti strutturate di associazioni reciproche tra molteplici stimoli. È quindi possibile che il ruolo dell'ippocampo nel condizionamento contestuale sia quello di codificare le rappresentazioni delle relazioni tra gli stimoli ambientali; questo passaggio è assolutamente necessario per il collegamento con le risposte emotive. Secondo questa interpretazione, l'ippocampo rappresenta una struttura integrativa sensoriale e cognitiva di ordine superiore, che è dotata di un'influenza specifica sulle reazioni emotive ma che non è specializzata nell'elaborazione emotiva propriamente detta. Per contro, numerosi studi sperimentali fanno pensare che l'amigdala abbia un ruolo sia nell'elaborazione degli stimoli sensoriali specifici sia in quella degli stimoli contestuali della paura condizionata: infatti, mentre i ratti che presentano lesioni dell'amigdala, a differenza di quelli non lesionati o con lesioni della corteccia, non reagiscono con il congelamento né agli stimoli sensoriali specifici né all'intero contesto sperimentale, i ratti con lesioni dell'ippocampo reagiscono agli stimoli specifici ma non al contesto.
Non è stato ancora chiarito il meccanismo attraverso il quale le informazioni contestuali codificate dall'ippocampo interagiscono con i sistemi neuronali di espressione emotiva, ma è noto che la formazione ippocampale e l'amigdala sono in connessione anatomica reciproca. Considerato il ruolo svolto dall'ippocampo nell'elaborazione delle informazioni contestuali, in alcune circostanze il controllo contestuale sulla generazione delle risposte emotive potrebbe essere mediato da questa stessa struttura. Si è visto infatti che lesioni del fornice, una via anatomica che collega l'ippocampo alle altre strutture sottocorticali, danneggiano le capacità di apprendimento emotivo. Questa via, quindi, può essere usata in modo specifico per stabilire associazioni tra lo stimolo incondizionato e gli aspetti spaziali del contesto condizionante. Anche nel modello di ansia elaborato da Jeffrey A. Gray (1982), per esempio, è stata descritta l'influenza dell'ippocampo nell'elaborazione della risposta emotiva. Tale influenza può essere messa in relazione con la funzione del contesto spaziale nei paradigmi di apprendimento strumentale e con i meccanismi cognitivi per mezzo dei quali le reazioni emotive si accompagnano ad azioni comportamentali dando vita a strategie di adattamento.
I risultati degli esperimenti condotti su animali appaiono, nell'insieme, di notevole importanza per la terapia dei disturbi dell'uomo, in quanto prendono in considerazione le condizioni che permettono di curare l'espressione patologica delle emozioni e indicano quali sono le zone cerebrali di rilievo verso le quali potranno essere diretti i futuri interventi farmacologici.
Una volta formatisi, le predisposizioni e i ricordi emotivi si cancellano con difficoltà e possono portare allo sviluppo di comportamenti adattivi errati, ma diversi interventi terapeutici sono possibili partendo dal presupposto che i disturbi emotivi possano essere controllati con metodi comportamentali, cognitivi o farmacologici. In tal senso è stata presa in esame l'estinzione delle associazioni apprese con il paradigma del condizionamento classico. Per 'estinzione' si intende, in questo caso, il processo attraverso il quale le risposte emotive condizionate vengono soppresse mediante l'esposizione ripetuta al solo stimolo condizionato senza che questo sia più associato a quello incondizionato. Per esempio, i ratti che acquisiscono una risposta condizionata di congelamento a uno stimolo neutro che preannuncia una scarica elettrica alla zampa reagiscono con un congelamento ridotto dopo che lo stimolo neutro è stato ripetutamente somministrato loro senza che seguisse la scarica.
Grazie a questi esperimenti, si è visto che la corteccia cerebrale svolge un ruolo attivo nel fenomeno dell'estinzione: il processo è infatti ritardato da lesioni della corteccia prefrontale orbitale, ventromediale e mediale prodotte prima dell'addestramento. Poiché anche il blocco di alcuni recettori nell'amigdala (gli NMDA, N-metil-d-aspartato, recettori per il glutammato) danneggia l'estinzione, si può concludere che questa comporta un meccanismo neurobiologico attivo di apprendimento, e non un decadimento passivo delle tracce neuronali coinvolte nel processo di acquisizione, e che tale apprendimento comporta a sua volta un'interazione tra corteccia prefrontale e amigdala. Ora, mentre le cellule della corteccia prefrontale tendono a modificare le proprie risposte con il mutare delle proprietà appetitive o aversive degli stimoli, le cellule dell'amigdala presentano modelli di risposta più persistenti. Questi e altri risultati sembrano dunque suggerire che le reazioni emotive stabilite attraverso l'amigdala siano 'indelebili' e che la corteccia prefrontale potrebbe essere necessaria per impedire che esse producano comportamenti espliciti quando non sono più appropriate.
La maggior parte delle informazioni relative all'organizzazione fine dei meccanismi cerebrali dell'emozione deriva da studi condotti su animali. Recentemente, tuttavia, va emergendo un corpus sempre più consistente di conoscenze sulle funzioni emotive del cervello umano.
Nei Primati, un danno all'amigdala si traduce nella sindrome di Klüver-Bucy, ovvero in una serie di alterazioni emotive e comportamentali tra cui la mancanza di paura e, in generale, l'incapacità di valutare il significato affettivo di stimoli e situazioni. Negli esseri umani le lesioni cerebrali organiche limitate all'amigdala sono estremamente rare; tuttavia, in passato, sono state effettuate delle amigdalectomie per controllare epilessie refrattarie alle terapie farmacologiche, oppure per trattare chirurgicamente l'iperaggressività. In molti di questi casi, le osservazioni cliniche portano a ipotizzare che l'amigdala abbia nella regolazione delle emozioni un ruolo analogo a quello che è stato osservato negli animali, sebbene le alterazioni dell'affettività appaiano, nel caso degli esseri umani, meno marcate e spesso transitorie. Per esempio, benché l'ipoemotività o 'affettività appiattita' sia un fenomeno ricorrente dopo un'operazione chirurgica che interessa l'amigdala, la sindrome di Klüver-Bucy si manifesta soltanto in seguito a un ulteriore danno alla neocorteccia temporale ed è stata osservata talvolta in alcune forme di demenza.
Uno degli effetti della percezione da parte dell'amigdala di uno stimolo emotivamente significativo è il rilascio di adrenalina da parte delle ghiandole surrenali. Durante uno stress emotivo, l'adrenalina entra nel circolo sanguigno e può produrre effetti marcati su tutto l'organismo. Poiché essa non attraversa rapidamente la barriera ematoencefalica, i suoi effetti sono molto probabilmente indiretti, mediati da un'azione sul nervo vago che, attraverso una serie di connessioni neuronali, finisce col raggiungere le aree del cervello quali l'amigdala e l'ippocampo. Negli studi condotti su animali, si è osservato che la somministrazione periferica di adrenalina rafforza il consolidamento della memoria in numerosi compiti. Questi effetti vengono bloccati da lesioni dell'amigdala e sembrano comportare l'attivazione in questa regione dei recettori β-adrenergici.
Si è visto che lo stesso effetto può presentarsi anche negli esseri umani. È stato osservato, per esempio, che dopo aver ascoltato un racconto particolarmente toccante, accompagnato anche dalla proiezione di diapositive sul tema, tendiamo a ricordarne meglio la parte più commovente: questa capacità può essere tuttavia annullata se prima dell'ascolto ci viene somministrato del propanolo, ovvero un antagonista dei recettori β-adrenergici. Inoltre, in uno studio condotto, sempre su soggetti adulti normali, mediante tomografia a emissione di positroni (PET, Positron emission tomography), Larry Cahill e collaboratori (1996) hanno osservato un'attivazione dell'amigdala sinistra in associazione al ricordo di brevi filmati a contenuto particolarmente emozionante, ma non di filmati a contenuto neutro. Come negli altri Mammiferi, quindi, anche nell'uomo l'amigdala può contribuire alla formazione delle tracce di memoria, ma soltanto quando gli eventi da codificare possiedono una sufficiente valenza emotiva.
Nei Primati, la manifestazione delle emozioni mediante l'espressione del volto è fondamentale per la comunicazione sociale, e studi elettrofisiologici su singoli neuroni hanno evidenziato che le cellule dell'amigdala rispondono selettivamente ai volti dei conspecifici. Nell'uomo, i pazienti con lesioni bilaterali limitate principalmente all'amigdala sono meno abili sia nel riconoscere le espressioni di paura sia nel categorizzare volti che manifestano espressioni emotive miste; per contro, essi conservano quasi integralmente la capacità di riconoscere i volti di per sé. Ciò porta a ipotizzare che negli esseri umani l'amigdala contribuisca all'elaborazione delle immagini dei volti, in modo specifico per quanto concerne i dettagli legati alle emozioni. Queste scoperte, tuttavia, non sono state confermate in altri pazienti con più estesi danni bilaterali ai lobi temporali, e i risultati relativi a pazienti con danno unilaterale al lobo temporale mediale sono contrastanti.
Nei pazienti sottoposti a terapia chirurgica per forme di epilessia localizzate nel lobo temporale mediale è possibile, per mezzo della stimolazione diretta del cervello e di registrazioni elettrofisiologiche, indagare le esperienze emotive soggettive a livello neuronale. Il sentimento più comune che segue la comparsa di una crisi epilettica è la paura, spesso accompagnata da disturbi viscerali, pallore, allucinazioni e ricordi episodici o déjà-vu. Spesso i cambiamenti che intervengono nell'espressione del volto o nell'intonazione della voce all'inizio della crisi sono indicativi di un sentimento di paura, anche se essa non viene manifestata esplicitamente per via dell'amnesia che segue la crisi. In questi pazienti il sentimento di paura può essere risvegliato mediante stimolazione cerebrale diretta effettuata in prossimità dell'amigdala. Uno di questi casi è stato descritto in modo dettagliato da Pierre Gloor e collaboratori: "Una donna di 19 anni soffriva di crisi epilettiche, che iniziavano con una sensazione di intensa paura seguita da perdita della conoscenza e da un automatismo che la faceva agire come se fosse in preda al terrore. Lanciava grida spaventose; l'espressione del volto e i gesti erano quelli di una persona vittima di un'esperienza terrificante. Successivamente era in grado di ricordare la paura, ma non aveva alcun ricordo di quello che era stato il suo comportamento durante la parte finale delle crisi. La paura si associava a una sensazione di intorpidimento delle gambe. Alcuni anni prima aveva riferito di avere visto dei coccodrilli che tentavano di azzannarle le gambe [...]. Stimolando elettricamente l'amigdala destra si provocava nella donna un'intensa paura. La stimolazione senza preavviso dell'amigdala sinistra provocava una paura meno intensa" (Gloor 1982, p. 132).
Un sentimento di paura può essere indotto elettricamente anche nelle strutture adiacenti al lobo temporale mediale, ma si verifica più spesso in seguito a stimolazione dell'amigdala. Inoltre, registrazioni elettrofisiologiche da neuroni dell'amigdala, effettuate in pazienti epilettici e pazienti psicotici, hanno consentito di osservare un aumento della frequenza e dell'ampiezza dei singoli picchi durante la rievocazione di ricordi personali connotati emotivamente.
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