Necropoli
Le città dei morti dell’antichità
Il termine necropoli indica in archeologia un’area in cui sono localizzate le sepolture dei membri di una comunità. Queste aree presentano nel tempo differenze significative nei modi di seppellimento e nei beni di corredo. Le necropoli sono dunque i cimiteri dell’antichità e costituiscono per l’archeologo una delle fonti principali di informazione, in quanto forniscono preziosi dati per ricostruire la composizione sociale di un gruppo umano stanziato in un determinato territorio
Presso tutte le società gli uomini rivestono un ruolo che conservano anche da morti: è questo elemento che caratterizza le necropoli – città dei morti, dal greco necròs («morto») e pòlis («città») – e offre agli archeologi importanti dati; inoltre, le necropoli ripropongono fedelmente lo schema dei rapporti di parentela di una società, come accade anche oggi nei nostri cimiteri.
Le differenze tra gli individui sono segnalate dal trattamento del cadavere e dal corredo, che i vivi pongono come accompagnamento del defunto e che è costituito sia dai beni che egli possedeva in vita sia da oggetti fabbricati appositamente come offerta. Nelle sepolture nobiliari esso può comprendere sacrifici di animali e uomini, come presso molte culture dell’Estremo Oriente, dove le tombe di alto rango sono associate a fosse con carri e cavalli e a sacrifici umani, e nelle Americhe, per esempio tra gli Inca, dove alla morte del sovrano le sue spose e i suoi attendenti si davano la morte per essere sepolti con lui.
Poiché toccano i significati profondi della vita e della morte, i modi di seppellimento e i beni funerari sono comunque i messaggi più complessi che una cultura, nel difficile atto di separarsi da un suo membro, lascia di sé stessa, e quindi sono anche quelli più ardui da interpretare.
La preoccupazione di dare sepoltura ai defunti ha origini antichissime: le più antiche sepolture, rinvenute nel Vicino Oriente, sono datate a circa 100.000 anni fa e sono costituite da semplici inumazioni in grotta di uno o due individui; risale a circa 40.000 anni fa una delle più antiche necropoli familiari, contenente i resti di due adulti e di sei bambini e scoperta a La Chapelle-aux-Saints in Francia.
Di fatto, però, le necropoli cominciarono a nascere con i primi villaggi e con l’agricoltura: le fasi più antiche della storia dell’umanità furono infatti caratterizzate da una forma di vita nomadica, in cui gli spostamenti assecondavano le esigenze della caccia e della raccolta di vegetali spontanei. Soltanto quando vennero fondati villaggi agricoli stabili i morti iniziarono a essere deposti in luoghi riservati a tale scopo. Ciò non avvenne sempre, e comunque non contemporaneamente in tutte le aree del mondo: in molte regioni dell’America Centrale e Meridionale i morti venivano spesso sepolti sotto il pavimento delle abitazioni che avevano occupato in vita, perché mantenessero con i familiari una relazione costante.
In altri casi, la distinzione tra aree abitative e aree cimiteriali non appare netta, e negli insediamenti le une si avvicendano alle altre senza logica apparente, così come è abbastanza frequente la presenza di ossa umane tra i rifiuti, quasi che ci si disfacesse dei defunti senza cura alcuna o che si praticassero riti cannibalici.
In Europa le prime necropoli apparvero nel periodo Neolitico (6° millennio a.C.): gli studiosi spiegano la loro nascita con la volontà dei capi delle prime comunità agricole di affermare il proprio controllo sul territorio, stabilendo un legame diretto con gli antenati e consolidando il proprio potere. Per tale ragione a partire dagli inizi dell’età del Bronzo (fine 3° millennio a.C.), con la formazione di società gerarchizzate, gli spazi funerari crebbero in estensione e complessità, arrivando a contenere strutture architettoniche monumentali (megalitici, monumenti) e tombe con corredi particolarmente ricchi.
Una delle necropoli europee più vaste e complesse è quella di Hallstatt (Austria), datata tra l’8° e il 5° secolo a.C. Qui vennero scoperte circa 1.000 tombe, accompagnate da sontuosi corredi di spade, pugnali, asce cerimoniali e altri beni che documentano una società opulenta e stratificata. Le sepolture più ricche erano sormontate da un tumulo di terra e dotate di una o più camere funerarie.
In Italia centrale, molti aspetti della civiltà etrusca (v. Etruschi) sono noti proprio grazie alle sue estese necropoli, quali quelle di Cerveteri e Tarquinia, dove le sepolture sono rappresentate da tumuli di terra che celano strutture scavate nel tufo vulcanico e dotate di vari ambienti ipogei (cioè sotto terra), a volte decorati da splendidi affreschi. Le tombe, datate tra il 6° e il 5° secolo a.C., assumono l’aspetto di abitazioni, riproducendo quelle che dovevano essere le residenze dei nobili; successivamente, quando al rito dell’inumazione, cioè del seppellimento, subentrò quello della cremazione, cominciarono ad apparire tombe rupestri, scavate cioè nella roccia.
Frequentemente le necropoli mostrano di essere state attentamente pianificate. Non è quasi mai casuale la posizione delle strutture che ospitano i defunti e che spesso seguono un orientamento astronomico; precise norme possono regolare la posizione del defunto e la direzione in cui guarda il suo capo.
La localizzazione delle città dei defunti si oppone a volte allo spazio abitato, occupando i lati delle vie che si diramano dall’insediamento, come la via Appia in epoca romana; spesso le necropoli si trovano in suoli improduttivi, essendo a volte intagliate nella roccia, come a Siracusa, oppure ubicate nel deserto, come nella Valle dei Re in Egitto, un’area in cui le pratiche funerarie raggiunsero estrema complessità.
Menzione particolare meritano le catacombe, cimiteri sotterranei che vennero sviluppandosi in Europa a partire dal 2° secolo d.C.: articolate in lunghe gallerie, esse contenevano sepolture in semplici loculi ricavati sui lati, ma potevano anche ospitare sarcofagi scavati nella roccia o veri e propri mausolei.
Non sempre nelle necropoli i defunti venivano deposti integri, senza avere subito trattamenti particolari volti a modificarne il corpo. Se l’inumazione, vale a dire la sepoltura del corpo integro, che viene definita come sepoltura primaria, è una pratica ricorrente, altrettanto lo sono molte forme di sepoltura secondaria: esse prevedono l’incinerazione, oppure l’esposizione dei corpi ad agenti atmosferici che accelerino il processo di decomposizione, e la successiva sepoltura dei resti.
Tale pratica era estremamente diffusa nel Sud-Est asiatico, dove i sepolcreti ospitano grandi quantità di eleganti giare di ceramica con i resti dei defunti; molto nota è anche la cultura dei campi di urne dell’Europa centrale (1200-800 a.C.), che prende nome dalle vaste necropoli in cui erano seppellite urne di ceramica con resti di cremazione, spesso accompagnati da corredi di oggetti miniaturizzati.
Anche la scelta tra la sepoltura di una salma integra e la conservazione dei suoi soli resti è una scelta culturale: quella tra l’intenzione di conservare il corpo del defunto in modo che esso stringa una relazione forte con il mondo dei vivi (ciò può prevedere anche la mummificazione, come presso gli Egizi e gli Inca) o, al contrario, quella di stabilire una separazione netta tra vita e morte, attribuendo al defunto una ‘forma’ e un luogo del tutto diversi da quelli che caratterizzano i vivi.
Lintong, nei pressi di Xi’an (Cina), costituisce uno dei più elaborati complessi funerari oggi noti. Costruito come mausoleo del sovrano Qin Shi Huangdi della dinastia Qin (221-206 a.C., Cina), il sito ospita le tre grandi fosse dell’esercito di terracotta, un gruppo di circa 7.000 statue a grandezza naturale raffiguranti uno schieramento con soldati di vario grado, cavalli e carri da combattimento. Oltre alle spoglie del sovrano, gli archeologi hanno identificato 19 sepolture di alti ufficiali e membri della famiglia reale e i resti di numerose vittime sacrificate al momento dell’inumazione di Qin Shi Huangdi.