Museo
Mettere in mostra la cultura
Visitare un museo è come compiere un viaggio emozionante alla scoperta di civiltà lontane, talvolta scomparse. Con i suoi oggetti – opere d’arte, reperti archeologici e tanti altri materiali – il museo, in pochi secoli, è diventato uno degli strumenti principali per educare il pubblico alla conoscenza, per metterlo in contatto con la propria civiltà e con quella di mondi diversi. Il museo moderno nasce nel Settecento: da collezione privata di principi diventa raccolta pubblica, emblema dell’identità nazionale. Il museo contemporaneo è spesso ideato da grandi architetti e comprende non solo raccolte artistiche ma anche esposizioni scientifiche e delle tradizioni popolari
Una delle esperienze ricorrenti nella vita di uno studente è la visita al museo. Perché la ‘gita al museo’ è così importante nella formazione di un giovane? Perché il museo ha un ruolo centrale nella società ed è considerato uno strumento educativo? Ma, innanzi tutto, che cos’è un museo? Si tratta prevalentemente di un edificio in cui sono conservate, studiate ed esposte le testimonianze materiali della cultura prodotte dalle varie civiltà: quadri, sculture, ma anche altri manufatti come vasellame, strumenti scientifici, oggetti d’uso quotidiano. Il museo tutela questi oggetti di interesse storico e culturale per trasmetterli alle generazioni future. Li rende accessibili al pubblico, cioè fa in modo che le persone li possano osservare per scoprirne i significati, conoscerne i luoghi di provenienza e le ragioni per cui furono realizzati.
La visita al museo permette un contatto diretto con le opere originali, con dipinti, oggetti e reperti di cui ogni giorno vediamo le riproduzioni in televisione o sui giornali e può contribuire a far nascere un sentimento di appartenenza verso il territorio in cui si vive o da cui si proviene.
A differenza delle mostre, che espongono gli oggetti per un periodo temporaneo, il museo ha un carattere permanente: le raccolte che compongono il suo patrimonio sono conservate in via continuativa in un luogo stabile, sempre accessibile al pubblico.
Il museo offre un servizio culturale alla comunità e ciò significa che tutte le sue attività sono organizzate per garantire lo svolgimento di alcune funzioni.
Le funzioni più importanti che il museo svolge sono: la conservazione fisica degli oggetti che il museo contiene, prevenendo o curando – attraverso gli interventi di restauro – i danni che i materiali hanno subito nel corso del tempo; lo studio di questi oggetti, al fine di ricostruirne la storia e i significati; la diffusione delle conoscenze, attraverso cataloghi, relazioni, conferenze ed esposizioni, affinché il pubblico possa osservare, capire e ammirare tali oggetti.
Le funzioni del museo sono integrate da molte altre ;attività, come, per esempio, l’acquisizione di nuovi materiali per l’ampliamento delle collezioni, la documentazione e registrazione delle opere tramite la catalogazione (descrizione fisica dell’oggetto e della sua storia) e la promozione di diverse iniziative.
Nell’antichità, il Museion era il luogo dove gli eruditi si incontravano e discutevano. Questo spazio era dedicato alle Muse, figlie di Zeus (il romano Giove), signore degli dei, e di Mnemosine, dea della memoria.
Nel Quattrocento il termine museo è stato ripreso dagli umanisti, gli studiosi dell’epoca (Umanesimo), per indicare i luoghi dove i principi collezionavano e conservavano quadri e antichità.
Le collezioni, o raccolte principesche, erano costituite da tanti oggetti differenti, che variavano a seconda dell’interesse e della cultura dei proprietari: statue, frammenti antichi, opere d’arte dei maggiori artisti dell’epoca, protetti e incoraggiati dai principi-mecenati, e ancora naturalia e mirabilia, cioè opere della natura e dell’uomo, rare e stupefacenti, come le pietre preziose, i minerali, gli animali esotici e i pezzi di oreficeria.
Il possesso della collezione aveva una finalità politica ed economica: garantiva ai principi, ai cortigiani e agli uomini di Chiesa un ampio prestigio presso i propri contemporanei e costituiva un prezioso tesoro al quale attingere in caso di necessità.
Tra il 1536 e il 1543 Paolo Giovio, medico, ecclesiastico e umanista, collocava in un palazzo presso il Lago di Como la sua raccolta di ritratti celebri e di altri oggetti, indicando questo edificio con il nome di museo, in onore delle Muse protettrici e ispiratrici delle arti.
Tra il 17° e il 18° secolo gentiluomini e studiosi compivano spesso lunghi viaggi per approfondire le loro conoscenze, soprattutto attraverso la visita alle collezioni più ricche e celebri.
In quegli anni, in Europa, si diffonde la consapevolezza dell’importanza di queste collezioni per il progresso delle arti e delle scienze e sorge il desiderio di renderle accessibili a un numero di visitatori sempre più vasto.
Alcune raccolte si aprono così a un pubblico selezionato, composto da nobili ed eruditi: è questo il caso del British Museum, inaugurato a Londra nel 1753. È quindi nel Settecento che i musei cominciano a raggiungere un pubblico sempre più vasto. Nel 1737, Anna Maria Ludovica de’ Medici dona al popolo fiorentino la collezione d’arte degli Uffizi. Questa donazione costituisce il nucleo originario della celebre raccolta della Galleria degli Uffizi che qualche anno dopo, infatti, sarà aperto al pubblico.
Ancora in Italia, per iniziativa di vari pontefici (Clemente IV, Pio VI e Pio VII) sono inaugurati a Roma i Musei Capitolini e il Museo Pio Clementino.
Il museo moderno, però, sorge negli anni della Rivoluzione francese, quando i rivoluzionari affermano che tutti gli uomini, senza distinzione di classe, hanno diritto di ammirare i capolavori d’arte prodotti nel corso dei secoli. Le collezioni del re, della nobiltà e della Chiesa sono dichiarate proprietà dello Stato e del popolo e messe a disposizione del pubblico perché osservandole possa istruirsi. Quello che ora è il Museo del Louvre viene aperto a Parigi nel 1793 con il compito di conservare e diffondere la conoscenza del patrimonio artistico, di promuovere l’educazione culturale e civile dei cittadini, come avevano suggerito gli illuministi (Illuminismo) nel corso del Settecento. È l’atto di nascita del museo moderno, finalmente aperto a tutti.
Nell’Ottocento nazioni potenti come la Germania e gli Stati Uniti seguono l’esempio della Francia e dell’Inghilterra: si impadroniscono di reperti archeologici e artistici che si trovano in ogni parte del mondo e costruiscono musei pubblici nei loro paesi.
In breve tempo, il museo diventa sia il simbolo della potenza di una nazione sia l’orgoglio dei cittadini che vi scoprono le bellezze culturali prodotte in patria o in altri paesi. Il museo è anche il luogo dove si possono ammirare le pitture, le sculture e gli oggetti di ogni tipo che provengono dalle colonie, cioè dai territori non europei conquistati con la forza dalle nazioni più potenti (colonialismo).
Fino alla Seconda guerra mondiale, nella fantasia dei cittadini, il museo è il tempio in cui si conservano i capolavori dei più grandi artisti del proprio paese, una testimonianza concreta della propria storia, che per la popolazione diventa il simbolo dell’identità collettiva e dell’orgoglio nazionale e nazionalistico.
In Italia, la chiusura di molti conventi voluta da Napoleone ne dissemina le opere d’arte e determina, anche in questo caso, la fondazione di musei pubblici: hanno questa origine napoleonica la Pinacoteca di Brera di Milano, la Pinacoteca di Bologna e le Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Successivamente, nel 1866 una legge emanata dal Regno d’Italia impone la chiusura delle congregazioni religiose. Per ospitare il patrimonio artistico e librario di molti conventi soppressi, in numerosi centri sono fondati i musei civici. Questi musei, di proprietà comunale, conservano per lo più raccolte d’arte e altri materiali di interesse storico e scientifico, particolarmente legati alla cultura delle località in cui si trovano, che risultano utilissimi per conoscere quel determinato territorio.
All’indomani della Seconda guerra mondiale intere città si ritrovano con danni devastanti al loro prezioso patrimonio culturale e ai loro musei: è il caso di Dresda, ricco centro storico e artistico della Germania, quasi raso al suolo dai bombardamenti.
In questo scenario apocalittico, il ruolo del museo è ripensato: da sostegno dell’identità collettiva che celebra la gloria della nazione, il museo diventa il centro di conservazione della memoria storica e culturale della popolazione. I musei sono ricostruiti, spesso riadattando edifici storici e monumentali e tenendo conto dell’ambiente e del territorio che li ospita: il museo, la città e il territorio, infatti, conservano le tracce e sono il risultato di una storia comune che deve essere conosciuta e fatta rivivere.
Il pubblico, in tal modo, visitando il museo scopre il territorio circostante, le sue tradizioni e la sua cultura.
Negli ultimi decenni del 20° secolo il rinnovamento della città è stato spesso accompagnato dalla costruzione o dalla ristrutturazione di un museo. Grandi e famosi architetti vengono incaricati di progettare nuovi musei, che diventano così edifici spettacolari, tanto da essere ammirati al pari delle collezioni che contengono.
Fra gli anni Quaranta e Cinquanta, Frank L. Wright realizza il Museo Guggenheim di New York, famoso per la forma a spirale, mentre negli anni Settanta Renzo Piano e Richard Rogers costruiscono il Museo nazionale d’arte moderna di Parigi, conosciuto come Centre Pompidou, con le strutture di acciaio a vista che ricordano gli antichi complessi industriali dell’Ottocento, e più di recente Frank O. Gehry progetta l’avveniristico Museo Guggenheim di Bilbao.
Anche edifici già esistenti sono rinnovati e trasformati in musei: è il caso del Museo d’Orsay di Parigi, ricavato da una vecchia stazione ferroviaria, dell’antica centrale elettrica di Londra, riconvertita in Tate Modern, e della centrale elettrica Montemartini di Roma, ristrutturata per ospitare statue e frammenti dell’antichità classica.
Per far fronte all’ampio flusso di visitatori e alle nuove esigenze del pubblico di massa, alcuni vecchi musei subiscono interventi di riammodernamento, caratterizzati, a volte, da soluzioni rivoluzionarie: ne è un esempio la Piramide del Louvre, il nuovo e monumentale ingresso al museo storico, realizzata nel 1984 da I. M. Pei.
Trasmettere informazioni. A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso uno degli obiettivi principali del museo è il coinvolgimento del pubblico, con la consapevolezza che esso è costituito da persone diverse: adulti, ragazzi e bambini, che possono provenire da vari paesi e avere differenti livelli di istruzione.
Perché la visita sia utile, il museo deve saper trasmettere a ognuno le informazioni necessarie per comprendere con facilità sia il senso degli oggetti riuniti nelle sale sia i contenuti delle singole opere. Un aspetto importante del museo contemporaneo riguarda, dunque, l’organizzazione della comunicazione museale, cioè l’insieme delle attività che hanno come scopo quello di istruire visitatori differenti, in modo piacevole e divertente. Alcune attività che fanno parte della comunicazione museale sono: l’allestimento, cioè il modo in cui gli oggetti sono esposti al pubblico; le didascalie e i pannelli, con le informazioni scritte che permettono di identificare e capire gli oggetti esibiti; le visite guidate e i servizi didattici, una serie di attività teoriche e pratiche con cui si approfondiscono alcuni argomenti relativi alle collezioni. Se le mostre, le conferenze, gli spettacoli e le visite guidate caratterizzano da tempo l’offerta culturale del museo, oggi, al suo interno, si trovano anche librerie, caffetterie e ristoranti che rendono il museo un luogo di svago e d’incontro.
Non solo arte. Non tutti i musei contengono opere d’arte. Sono chiamati musei scientifici quelli che conservano strumenti e materiali usati dalle scienze; musei archeologici quelli che raccolgono i reperti degli scavi, sculture, monete e altri materiali antichi; musei demo-etno-antropologici quelli che custodiscono oggetti d’uso comune, significativi di una certa civiltà. Da non dimenticare, poi, i musei degli strumenti musicali, i musei storici e gli ecomusei, che tutelano interi ambienti naturali, ma anche le tradizioni e la storia di piccole e medie comunità.
Fin dalla sua nascita e poi nel corso della sua evoluzione, il museo ha incontrato famosi oppositori.
Quatremère de Quincy, un letterato francese appassionato d’arte, d’archeologia e di architettura vissuto durante la Rivoluzione, era un ‘nemico’ del museo. Lo studioso accusava i fondatori del Louvre di aver rimosso le opere d’arte dal contesto originario, cioè dal luogo nel quale erano state prodotte e conservate. Rinchiuse nel museo esse perde;vano di significato e diventavano incomprensibili al pubblico, poiché spesso rappresentavano le testimonianze culturali di altri popoli e nazioni. Per esempio, osservare una statua romana in una stanza del Louvre era ben diverso, secondo Quatremère, dal vederla a Roma, ossia nel luogo per il quale era stata creata e in cui era collocata. Il patrimonio culturale, dunque, andava conservato ed esposto nel suo ambiente di origine.
Al principio del Novecento, i futuristi (futurismo) accusarono il museo di essere un simbolo del passato contro cui combattevano la loro battaglia di rinnovamento del linguaggio e della vita.
Il poeta francese Paul Valéry accusò il museo ottocentesco di accumulare le opere d’arte in grandi sale e lunghe gallerie, l’una accanto all’altra. Ogni opera, dichiara Valéry, dovrebbe essere distante dalle altre, in modo che il visitatore possa incontrarla ‘a tu per tu’.
Intorno alla metà del 16° secolo si diffondono a partire dal Nord Europa, e specialmente nei paesi di area tedesca, collezioni particolari: le Kunst und Wunderkammer o «stanze d’arte e delle meraviglie». Queste raccolte contenevano, oltre alle opere d’arte, gli oggetti più vari, a cui non di rado si attribuivano poteri magici: coralli, fossili, fiori e frutta di paesi lontani, strumenti scientifici e tecnici come per esempio gli automi, dispositivi meccanici semoventi. Le stanze d’arte e meraviglie più celebri erano quelle del duca di Baviera Alberto V e dell’imperatore Rodolfo II nel castello di Praga.
Dal 1798 le collezioni del Louvre si ampliano per l’arrivo in Francia delle opere d’arte che Napoleone sottrae ai paesi conquistati. L’Italia è il paese che più subisce le cosiddette spoliazioni napoleoniche, perdendo alcuni dei più grandi capolavori di tutti i tempi, tra i quali le statue dell’Apollo del Belvedere e il Laocoonte, dipinti di Raffaello (come la Trasfigurazione e la Madonna di Foligno), di Correggio, di Guido Reni, di Domenichino e di tanti altri ancora, alcuni dei quali sono stati successivamente restituiti.
Uno dei primi musei interamente dedicati all’arte contemporanea è stato (1929) il Museum of modern art di New York, noto come MoMA. Prima di allora, la maggior parte dei musei americani ed europei acquistava le opere dei maestri del passato oppure di artisti più recenti, come, per esempio, gli impressionisti, che negli Stati Uniti avevano tanti estimatori.
Alfred Barr, nominato direttore del MoMA, trattò l’arte moderna con la stessa attenzione che era riservata a quella antica: le opere dei nuovi artisti erano studiate e approfondite attraverso testi e conferenze, così che il pubblico potesse scoprire, capire e apprezzare l’arte del proprio tempo e non solo quella del passato.
Le discipline che si dedicano allo studio del museo e delle sue collezioni sono la museologia e la museografia.
La museologia studia la storia del museo e la sua evoluzione, la creazione delle collezioni e il loro significato, il rapporto storico e culturale tra il museo e il territorio che lo ospita. La museografia si occupa, invece, della struttura architettonica del museo, della gestione e della suddivisione degli spazi, dell’organizzazione delle collezioni e di tutto ciò che garantisce il comfort dei visitatori.