moto browniano
Continuo, rapido e irregolare movimento, in tutte le direzioni, delle minute particelle in sospensione in un fluido e delle molecole stesse di un fluido. Nel 1828 il botanico scozzese Robert Brown osservò che particelle di polline sospese in un solvente erano in costante agitazione e si muovevano in modo disordinato. Inizialmente Brown, allora responsabile botanico del British Museum, credette di aver trovato la molecola base della materia vivente. Successivi esperimenti mostrarono però che lo stesso fenomeno poteva essere ottenuto utilizzando un pigmento, sicuramente una molecola non viva, il che portò Brown a rivedere la propria interpretazione. Sulla scorta di queste osservazioni diversi scienziati europei iniziarono a occuparsi del problema al fine di comprendere la motivazione di quel fenomeno che da allora in poi divenne noto come moto browniano. Nel 1888 Georges Gouy, dell’Università di Lione, dimostrò che il moto delle particelle non era influenzato né da campi elettromagnetici intensi né dall’interazione con la luce, ma che la viscosità del mezzo in cui erano disperse le particelle ne condizionava l’entità. Su questa base Gouy suggerì che il moto browniano fosse dovuto all’agitazione termica delle molecole del solvente. Tale spiegazione trovò una conferma indiretta in uno dei cinque lavori fondamentali che rivoluzionarono la fisica moderna pubblicati da Albert Einstein nel 1905. Einstein, che approfondisce l’intuizione originaria negli anni successivi, ipotizza che il moto delle particelle sospese (aventi dimensioni molto maggiori di una molecola) sia dovuto alle collisioni casuali tra le molecole del solvente in cui è dispersa la particella e la particella stessa. Il risultato è un moto disordinato in direzioni non prevedibili di cui è però possibile prevedere lo spostamento quadratico medio compiuto dalla particella rispetto a una posizione originale in un tempo t. Tale spostamento è direttamente correlabile al coefficiente di diffusione della particella D come
〈Δx2> = 2Dt.
Einstein inoltre dimostrò che il coefficiente di attrito per il moto della particella è inversamente proporzionale al coefficiente di diffusione, cui è legato dalla relazione
D = kΒT/f
che, correlata all’espressione di Stokes per il moto di una particella di raggio r in un liquido di viscosità μ porta alla relazione di Stokes-Einstein
D = kΒT/6πrμ.
Le relazioni proposte da Einstein danno piena spiegazione del moto browniano, poiché permettono tanto di prevedere la distanza media percorsa dalla particella in un tempo t, quanto come questa sia legata alla viscosità del liquido in cui è dispersa e alla sua dimensione.
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