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Montaigne, Michel Eyquem signore di

Enciclopedia on line
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Scrittore francese (castello di Montaigne, Périgord, 1533 - ivi 1592). Uscito di collegio a tredici anni, studiò giurisprudenza a Tolosa e a Bordeaux; entrò poi (1554) nella magistratura, in cui coprì varî uffici. Legatosi di viva amicizia a É. de La Boétie, fu dolorosamente colpito dalla sua morte nel 1563. In seguito, divenuto capo della famiglia dopo la morte del padre (1568), si ritirò a vita privata nel suo castello per consacrarsi interamente alla lettura e agli studî. Nel 1569 pubblicò a Parigi la traduzione della Theologia naturalis di Raimondo di Sebond. Le ampie e riposate letture cui si dedicò in seguito, muovendo dagli scrittori classici e dai moralisti, costituirono la prima base degli Essais (pubbl. 1580). Dal giugno 1580 al novembre 1581 viaggiò attraverso la Francia, la Svizzera, la Germania e l'Italia, dove scrisse il Journal de voyage en Italie (pubbl. 1774), di cui una parte è redatta in italiano. Eletto sindaco di Bordeaux, rimase in carica sino al 1585; ritornò poi al suo lavoro prediletto e aggiunse un terzo libro agli Essais, che arricchì fino all'ultimo di nuove postille per una nuova edizione, curata, dopo la sua morte, da Marie de Gournay e Pierre de Brach. Le tre edizioni degli Essais (1580, 1588 e 1595) rappresentano assai bene lo sviluppo del pensiero e dell'arte di Montaigne. Gli scrittori del Rinascimento avevano prediletto, a esercizio del loro sapere, certi libri di "adagi", "lezioni", "paradossi", "dubbî", "quesiti", ecc.; in quella tradizione si può scorgere l'occasione letteraria degli Essais di M.: i primi vi appartengono ancora, derivando dai libri antichi una sentenza e legando pochi aneddoti in una digressione curiosa; via via, quella trama facile e pigra si rinsangua di un proposito nuovo che è il ritratto, l'immagine dell'uomo. M. conosceva a fondo tutti i grandi scrittori latini, i poeti, gli storici e i moralisti, fra i quali specialmente Seneca; dei greci studiò soprattutto Plutarco. Leggeva nel testo, oltre a Petrarca, gli scrittori italiani del suo tempo, Machiavelli e Guicciardini, Ariosto e Tasso. Delle sue varie letture e cognizioni si valeva come di uno stimolo, o di un pretesto, per avviare le sue riflessioni, manifestando una penetrazione luminosa e sicura, oltre a un'incessante curiosità di tutte le espressioni dell'animo umano, una costante facoltà di dominio e di comprensione, di calma spirituale e di indipendenza; l'arte degli Essais segnerà la via ai grandi moralisti, e, in genere, ai grandi prosatori francesi. n L'opera di M. può rappresentare l'esito scettico della cultura rinascimentale, un momento estremamente significativo della crisi della coscienza europea: nei suoi Essais, estremamente sensibili ai grandi eventi della storia recente, l'insegnamento dello scetticismo antico fornisce armi alla polemica di M. contro ogni presunzione della ragione, contro il dogmatismo, contro la pretesa di asserire come universalmente valide scale di valori che in realtà erano legate a condizioni storiche determinate. Confluiva con la lezione scettica l'esperienza diretta dei profondi mutamenti verificatisi nell'ambiente culturale europeo (la scoperta del Nuovo mondo, la crisi dell'unità cristiana, ecc.). Famose le pagine nelle quali, innanzi a costumi delle popolazioni del Nuovo mondo, così difformi da quelli europei, M. rileva la relatività del concetto stesso di "barbarie", che è sempre in rapporto ai nostri costumi, assunti come parametro di giudizî assoluti. La posizione scettica, svolta anche con l'assiduo paragone tra uomo e animale al fine di estinguere tra i due ordini ogni differenza radicale, si congiunge in M. a un cauto fideismo, in quanto Dio solo è riconosciuto capace di indicare all'uomo la verità. Storicamente è soprattutto la lezione scettica di M. che ha avuto fortuna, sia direttamente, sia attraverso la Sagesse di P. Charron. La diffusione degli Essais fu vasta e durevole, soprattutto in Francia, Inghilterra, Germania. In Italia una prima traduzione, parziale, apparve a Ferrara (1590) e una completa a Venezia (1633-34).

Vedi anche
letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per letteratura l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano ... Plutarco (gr. Πλούταρχος, lat. Plutarchus). - Scrittore greco (Cheronea, Beozia, 50 d. C. - ivi dopo il 120). Studiò ad Atene presso il platonico Ammonio, e dopo alcuni viaggi tornò nella sua città, donde però si allontanò ripetutamente per incarichi politici. Fu più volte a Roma, dove ebbe amici illustri tra ... poesia Arte di produrre composizioni verbali in versi, cioè secondo determinate leggi metriche, o secondo altri tipi di restrizione; con una certa approssimazione si può dire che il significato di poesia è individuabile, nell’uso corrente e tradizionale, nella sua contrapposizione a prosa, in quanto i due termini ... Francesco Petrarca Petrarca (lat. Petrarca), Francesco. - Poeta e umanista (Arezzo 20 luglio 1304 - Arquà, od. Arquà Petrarca, Francesco, tra il 18 e il 19 luglio 1374). Nato ad Arezzo da Eletta Canigiani e da ser Pietro di ser Parenzo dell'Incisa in Valdarno, che era stato bandito da Firenze nel 1302 per dissidî personali ...
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signore signóre (ant. segnóre) s. m. [lat. senior -ōris «uomo anziano, d’età tra i 45 e i 60 anni» (compar. di senex «vecchio»), già usato nel lat. tardo come titolo distintivo e onorifico]. – 1. a. In passato, con accezione generica (come...
michèlia
michelia michèlia s. f. [lat. scient. Michelia, dal nome del botanico P. A. Micheli (1679-1737)]. – Genere di piante magnoliacee che comprende alberi e arbusti asiatici, spesso coltivati nei giardini delle regioni temperate calde, anche...
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