Nell’Antico Testamento, il personaggio oggetto dell’unzione divina, re o sommo sacerdote. Nell’uso posteriore il nome si specializza a indicare l’«unto» per eccellenza, inviato dal Signore come re e salvatore del popolo eletto; in tal senso, nella traduzione greca Χριστός (Cristo), viene applicato dai cristiani a Gesù a partire dal Nuovo Testamento.
Nell’Antico Testamento l’attesa del M. (messianismo) si esplicita in varie forme, documentate essenzialmente nei libri profetici, ma accennate anche negli altri libri biblici, e particolarmente nei Salmi. All’approssimarsi dell’età cristiana, l’aspettazione messianica era molto viva: in questa situazione s’inserisce la predicazione di Gesù, il quale, prescindendo dai motivi politici, accentua vigorosamente la natura spirituale del Regno di Dio; e, pur schermendosi inizialmente, non ricusa poi quel riconoscimento di M. che gli viene dai discepoli. Così il cristianesimo ravvisa in Gesù il personaggio vaticinato dall’Antico Testamento, e nella sua morte e risurrezione vede la conferma della sua natura. L’ebraismo, invece, rifiuta questo riconoscimento, e procede perciò nell’epoca postbiblica a un’ulteriore elaborazione dell’idea messianica.
Come attesa di un rinnovamento spirituale (ma anche materiale), di una salvezza che coinvolga una comunità o l’intera umanità, operata da un salvatore (persona storica o mitica), il messianismo è presente anche nelle religioni del Vicino Oriente e in quelle misteriche e soteriologiche del mondo ellenistico e tardo antico. Per traslato, poi, può dirsi messianica ogni ideologia o dottrina politica che dia luogo, nei suoi adepti, a un’attesa o aspettativa di natura in certo modo ‘escatologica’, cioè con caratteri simili al messianismo in senso stretto. Secondo alcuni studiosi, queste caratteristiche sono ravvisabili in diverse ideologie contemporanee, o tendenze di pensiero e di azione politica (dalla pubblicistica antisemitica al nazionalsocialismo e al comunismo).
Il messianismo polacco fu un’ideologia mistico-politica sorta in seno alla corrente democratica e rivoluzionaria dell’emigrazione polacca dopo la rivoluzione del 1830-31. Sviluppata da A. Mickiewicz, ripresa dai poeti J. Słowacki e M.H. Krasiński e dai pensatori A. Towiański e A. Cieszkowski, questa dottrina affidava una speciale ‘missione’ alla nazione polacca, che come Cristo, crocefissa ed ‘eletta’ a redimere gli altri popoli, sarebbe risorta per la libertà di tutti, segnando la fine dell’epoca dell’assolutismo. Questa concezione diede una base universalistica al movimento rivoluzionario polacco, riprendendo per conto proprio l’idea di una missione rivoluzionaria attribuita al popolo francese e collegandosi al contemporaneo sviluppo di una idea simile presso le correnti slavofile, poi panslaviste, russe.