MEROE (meroitico: m‛ḍ‛w; egiziano: mrw(t); gr. Μερόη; lat. Merŏe)
Antica città della Nubia, sul Nilo a sud della confluenza con l'Astaboras (Atbarā). I geografi antichi, dal nome di questa città, chiamarono "isola di Meroe" l'intera regione compresa tra Nilo e Astaboras. Meroe è di fondazione più recente di Napata: probabilmente, secondo il Garstang, del sec. VIII a. C. a giudicare dalla ceramica rinvenuta negli scavi. Nel regno nubiano (v. nubia) Meroe ebbe presto una particolare importanza, e, già dal tempo del re Pi‛ánḫe (della XXV dinastia [nubiana] d'Egitto = I dinastia di Napata), e cioè dalla metà del sec. VIII a. C., Meroe fu sede di un figlio del re di Nubia o di un suo rappresentante. Alla fine del sec. IV a. C. Meroe divenne il vero centro politico del regno; e, dopo la distruzione di Napata per opera di Petronio, prefetto dell'Egitto durante il regno d'Augusto, fu la sola capitale della Nubia. Ma già la piccola spedizione inviata da Nerone alla ricerca delle sorgenti del Nilo trovò Meroe in cattive condizioni per le razzie dei popoli barbarici circonvicini. E il regno nubiano (detto, in questo secondo suo periodo, regno meroitico) fu distrutto da un re aksumita (v. etiopia: Storia) il cui nome oggi noi ignoriamo. Questo negus eresse una stele a memoria delle sue imprese con un'iscrizione greca i cui frammenti furono rinvenuti nel 1909 dal Sayce. La fine del regno meroitico va posta probabilmente nella seconda metà del sec. III d. C. perché, mentre la distruzione di Meroe è stata dimostrata dagli scavi anteriore alla diffusione del cristianesimo nella Nubia, d'altra parte la stele del negus aksumita parla del dio Ares (equivalente greco del dio Mahrem "non vinto da nemico" del paganesimo etiopico) e quindi si riferisce a un periodo anteriore al sec. IV d. C. (epoca nella quale il regno di Aksum fu convertito al Cristianesimo).
Meroe era, secondo Plinio, governata da regine. E infatti una regina Candace (Κανδάκη) fu, secondo Strabone, l'avversaria di Petronio; un'altra Candace ricevette la missione di Nerone; e ancora una Candace è ricordata in un famoso passo degli Atti degli Apostoli (VIII, 27) nel racconto della conversione dell'eunuco etiope per opera dell'apostolo Filippo. Le recenti scoperte hanno provato che il meroitico ktk‛ (scritto anche: kḍk‛), equivalente dell'egiziano kntkj e del greco κανδάκη, è un titolo che portavano le regine di Meroe, le quali sembra avessero una speciale autorità.
L'identificazione delle rovine di Meroe città si deve alla spedizione Garstang-Sayce (1909-1910) che scoprì e identificò il tempio di Ammone, quello di Iside, altri due templi minori e una vasta necropoli. Seguirono gli scavi della spedizione dell'universitȧ di Pennsylvania ad Areiqah, Shablūl e Karanōg (1911-1912), e infine quelli del Reisner (per conto della Boston-Harvard Expedition) al Gebel Barkal e ad al-Bāqrawiyyah. Queste recenti ricerche hanno messo su nuove basi gli studî su Meroe; ma già dalla prima metà del sec. XIX il Cailliaud e il Lepsius avevano segnalato i monumenti della civiltà "etiopica" (meroitica) della Nubia.
I monumenti dimostrano che quella civiltà fiorì per diretto influsso dell'egiziana, e andò decadendo nei periodi di difficili comunicazioni tra Nubia ed Egitto. Attraverso l'Egitto, la cultura greca penetrò nel regno meroitico e così, più tardi ancora, il tempio egizio-romano (dell'epoca imperiale) le cui rovine, scoperte dal Cailliaud a Nāqah, attestano i contatti con l'arte romana dell'alto impero.
Le iscrizioni in lingua meroitica sono o in geroglifici (il cui valore fonetico è stato riconosciuto diverso da quello dei geroglifici egizî) o in una scrittura alfabetica solo recentemente decifrata dal Griffith. L'alfabeto meroitico si scrive da destra a sinistra; le lettere non sono unite e ogni parola è divisa dalla successiva per mezzo di due punti.
La lingua meroitica fu dal Lepsius prima ritenuta affine al moderno nūba e poi invece da lui stesso comparata al begia. Ma già nel 1887 il Brügsch si dichiarò favorevole all'ipotesi del "nūba-meroitico" e, dopo che il Reinisch a sua volta accettò tali idee, esse vennero comunemente ammesse. Soltanto nel 1906 la scoperta del cosiddetto "nūba cristiano" (v. nūba) ad opera dello Schaefer fece abbandonare l'ipotetica identificazione. E, dopo i lavori suaccennati del Griffith, il Meinhof nel 1921 ha potuto invece provare che il meroitico è una lingua cuscitica, della stessa famiglia dunque dei linguaggi dei Camiti dell'Etiopia (v. camiti), ma non particolarmente affine né al begia né ad altra singola lingua moderna. L'ipotesi del Meinhof ha avuto nuova conferma in un recente lavoro dello Zylharz (1930), sl che ormai si può dire di avere una sicura direzione per le ulteriori ricerche scientifiche. Il meroitico, di cui ancora soltanto poche voci sono state identificate, ha acquistato così un'importanza grandissima dal punto di vista della linguistica, rappresentando esso il solo linguaggio cuscitico di cui si abbiano antiche testimonianze.
Bibl.: C. R. Lepsius, Denkmäler aus Aegypten und Aethiopien, Berlino 1849 segg.; F. Cailliaud, Voyage à Meroé, Parigi 1826; I. Garstang, A. H. Sayce, F. L. Griffith, Meroë, the city of the Aethiopians, Oxford 1911; F. L. Griffith, The Meroitic inscriptions of Shablul and Karanog, Filadelfia 1911; D. Randall MacIver e C. L. Woolley, Areika, Londra 1909; C. L. Woolley, Karanòg, 1911; C. Meinhof, Die Sprache von Meroe, in Zeitschrift für eingeborenen-Sprachen, XII (1921); E. Zylharz, Das Meroitische Sprachproblem, in Anthropos, XXV (1930); F. L. Griffith, Meroitic studies, in Journal of Egyptian Archaeology, 1916-1917; G. Reisner, The Meroitic Kingdom of Ethiopia, in Journ. of Egypt. Arch., 1923; Kleisner, Excav. at Kerma, Cambridge (Mass.), 1923; G. Reisner, The Pyr. of Meroe a. the Candaces of Eth., in Sudan Notes and Rec., 1922.