Maus
Anche i fumetti possono raccontare una tragedia
Romanzo a fumetti realizzato da Art Spiegelman dal 1973 al 1991, Maus è la storia della Shoah raccontata da animali. Una scelta provocatoria per illustrare con la massima intensità la tragedia individuale e collettiva delle vittime della persecuzione nazista
Per qualche ignota ragione il grande autore di fumetti Art Spiegelman si firma ‘art spiegelman’, con le iniziali in minuscolo. È possibile che abbia fatto questa scelta in onore di archy and mehitabel (sempre in minuscolo), uno scarafaggio con l’anima di poeta e una gattina che si crede la reincarnazione di Cleopatra creati dallo scrittore Don Marquis. archy ha aspirazioni letterarie, e per scrivere le sue poesie si lascia cadere dal soffitto sui tasti di una macchina per scrivere; non può però usare le maiuscole e la punteggiatura in quanto per ottenerle occorre premere due tasti contemporaneamente. La produzione poetica di archy è raccolta in tre volumi corredati da illustrazioni di George Herriman, l’inventore di Krazy Kat, una serie di cui Spiegelman è un grande appassionato. C’è qualcosa che accomuna Herriman e Spiegelman: entrambi hanno utilizzato animali come protagonisti delle loro storie; entrambi hanno fatto uso del fumetto per raccontare qualcosa di ‘diverso’ e, soprattutto, di non banale. Come moltissimi altri innovatori del fumetto americano, tra cui William M. Gaines di Mad e Will Eisner di Spirit, Art Spiegelman è ebreo; i suoi genitori erano sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti durante la Shoah, il terribile massacro (sei milioni di morti) perpetrato a danno degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Nel romanzo Maus («topo» in lingua tedesca, in quanto gli ebrei sono rappresentati come topi, vittime dei gatti nazisti), Art racconta la loro drammatica storia per bocca del padre Vladek, una vittima ma anche una persona intraprendente non priva di umane debolezze.
La narrazione in Maus avviene su due piani, in un’atmosfera che, dato l’argomento, non può essere che cupa, ma con momenti di umorismo e di intenso calore umano («Quando due di questi topolini parlano di amore, ci si commuove; quando soffrono si piange», commenta lo scrittore Umberto Eco). Il protagonista è il giovane fumettista Artie, il quale, dal 1972, apprende per la prima volta dal padre i particolari della sua prigionia e della sua lotta per la sopravvivenza e li trasforma in minuscoli disegni dal forte effetto evocativo. Insieme ai tragici avvenimenti accaduti in Europa negli anni Quaranta, in cui morte e tradimento erano sempre in agguato, Artie (e Art) racconta i difficili rapporti con il padre: in definitiva un’altra storia di sopravvivenza, ma su un piano più intimo e personale. In più, il romanzo pone il problema del ruolo dell’artista nella società moderna: deve semplicemente realizzare ciò che gli piace o deve cercare di lanciare un messaggio utile ai suoi simili? La scelta di Art Spiegelman in Maus e negli altri suoi fumetti è decisamente la seconda: per questo, come pochissimi altri fumetti, Maus è stato insignito nel 1992 del prestigioso premio Pulitzer.
Art Spiegelman è, insieme a Robert Crumb e a Gilbert Shelton, uno dei più importanti rappresentanti del fumetto underground, un movimento che si è sviluppato negli Stati Uniti negli anni Sessanta. I loro comix (come li chiamavano per differenziarli dai normali comics), pubblicati dagli autori stessi o da piccolissime case editrici, proponevano racconti sperimentali che spesso si facevano beffe dei tabù della società americana, e per questo venivano spesso costretti a chiudere. Anche se con qualche eccesso, quelle pubblicazioni hanno costituito un’ importante riflessione sulla funzione del fumetto nella società, e sulla sua possibilità di raccontare storie che non fossero semplici vicende di buoni contro cattivi e di invincibili supereroi. Senza gli esperimenti degli autori underground, capolavori come Maus non esisterebbero.