Scrittore (Santa Fiora 1842 - Firenze 1921); insegnante nelle scuole medie poi provveditore agli studî, visse appartato, sebbene intrattenesse assidui rapporti epistolari con alcuni letterati del tempo, e soprattutto con G. C. Abba. Gli ideali del Risorgimento, dopo avergli ispirato in gioventù poesie civili e patriottiche (Agl'insorti polacchi, 1863; La notte, 1866), rimasero sempre al centro della sua narrativa, pur nel pessimismo e nel senso di solitudine crescenti, come aspirazione al bene e alla giustizia. I suoi romanzi (Memorie del mio amico Tristano, 1869; Jacopo e Marianna, 1872; L'eredità, 1889; Il mondo di Dolcetta, 1895; Le perfidie del caso, 1898; Il peccato del dottore, 1902) e le novelle (In provincia, 1883; La donna del minuetto, 1910) si riallacciano alla tradizione manzoniana e al bozzetto toscano; al vivo interesse per la vita degli umili e degli oppressi si accompagna in P. un gusto quasi da "macchiaiolo" per le scene e le figure di provincia, per i costumi e i paesaggi della sua terra: il quale però non si esaurisce in note di colore ma tende a cogliere l'essenza morale di quella realtà. In molte sue pagine, tuttavia, la rappresentazione oggettiva cede il passo alla suggestione delle memorie autobiografiche, specie dell'infanzia, e agli umori di un temperamento pieno di contrasti. Scrisse anche prose e bozzetti di viaggio (Di paese in paese, 1892; ed. accr. Figure e paesi d'Italia, 1905).