Sciascia, Leonardo
La forza della ragione contro le trame occulte del potere
La Sicilia narrata dallo scrittore Leonardo Sciascia non è soltanto il luogo delle contraddizioni, dove convivono bellezza dei paesaggi e difficoltà del vivere, ma è, soprattutto, il luogo in cui meglio si nasconde il groviglio oscuro delle sopraffazioni, la trama degli inganni ordita dal potere che riesce a sviare la ragione fino a renderla impotente
Nato nel 1921 nel paese di Recalmuto, nell’Agrigentino, non lontano dai luoghi di Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia fu avviato precocemente alla lettura dalla madre e da due zie insegnanti elementari. Egli stesso si dedicò alla scuola come insegnante per molti anni, fino a quando gli impegni letterari e politici non l’assorbirono più intensamente.
Già le sue prime opere suscitarono molto interesse, ma il grande successo arrivò nel 1961 con Il giorno della civetta. Successivamente, attraverso i suoi romanzi, racconti, testi teatrali e saggi, si venne definendo sempre più chiaramente una figura di scrittore drammatico, impegnato sul piano della razionalità, di forte presa sul lettore. Non è un caso che molti suoi libri siano stati tradotti in film. Diventato ormai, malgrado il carattere schivo, un personaggio famoso, si divise tra tre città: Palermo, dove aveva contribuito a fondare la casa editrice Sellerio; Roma, dove svolgeva un’intensa attività politica e dove, tra l’altro, fece parte della commissione parlamentare d’indagine sull’assassinio di Aldo Moro (l’uomo politico rapito e ucciso dalle Brigate rosse nel 1978) e sul terrorismo in Italia; infine Parigi, dove affermava di respirare un’aria più stimolante e più libera. Morì a Palermo nel novembre 1989.
Il romanzo Il giorno della civetta irruppe nella narrativa italiana con una grande forza di denuncia. Per la prima volta un romanzo raccontava la realtà della mafia come un potere forte e nascosto, ramificato in tutti i livelli sociali e infiltrato nei palazzi della politica. Costruito secondo la struttura del giallo, il libro ha come protagonista un ufficiale dei carabinieri che con la forza della ragione cerca di far luce sull’assassinio inspiegabile di un sindacalista. Ma i suoi sforzi per scoprire i veri sicari e mandanti vengono continuamente vanificati, cancellati da infinite complicità e menzogne.
La menzogna è protagonista assoluta anche di Il consiglio d’Egitto (1963) che rivela, in una Sicilia settecentesca, le trame per creare un falso documento storico destinato ad avere un grande peso politico ed economico.
Con una prosa sempre più asciutta e drammatica, avvincente come un poliziesco, A ciascuno il suo (1966) ha ripetuto il successo di Il giorno della civetta. La tensione che accompagna l’ingenuo professor Laurana, insegnante liceale, mentre scopre la verità su un duplice delitto si scioglie solo con il suo stesso assassinio: si era spinto troppo oltre sul terreno mafioso dei segreti e degli interessi dei notabili locali, fino a illudersi che l’appuntamento fissatogli dalla bellissima vedova di una delle vittime potesse confermargli le sue scoperte; egli in realtà stava prendendo un appuntamento con la sua stessa morte.
Anche nei libri successivi, Il contesto (1971) e Todo modo (1974), il lettore può assistere all’intrecciarsi di grovigli tenebrosi, che hanno come attori principali personaggi che hanno costruito la loro fortuna sull’astuzia e sulla doppiezza.
Sciascia ha scritto intensi racconti sulla Sicilia, testi teatrali, prose autobiografiche e saggi critici incentrati sulla sua passione per la giustizia, quel rovello morale che lo spingeva ad attraversare l’opacità dei fatti e le apparenze, per affrontare il senso vero e profondo delle cose. I suoi punti di riferimento erano rappresentati da Pirandello, che aveva esplorato a fondo la mente e i desideri degli uomini, e dall’amato Voltaire, che aveva indagato la realtà col sorriso della ragione: Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia è soprattutto un omaggio al maestro francese.
Lo scrittore siciliano è stato fedele a quella che considerava la sua missione anche quando si accaniva a ricomporre i documenti sulla prigionia di Aldo Moro o quando dava una sua spiegazione della misteriosa scomparsa del fisico Ettore Majorana. Proprio con le opere degli ultimi anni, infatti, segnate da maggiore pessimismo, Sciascia definiva più chiaramente la sua strategia di fronte agli oscuri nodi della storia e testimoniava il suo bisogno di verità.