Inquadrati nelle cosiddette lavoro attività senza lavoro, ossia in quelle attività che, pur essendo eterodirette, non determinano l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c., i lavoratori socialmente utili integrano un onere per la conservazione del trattamento previdenziale in atto (integrazione salariale, indennità di disoccupazione speciale o indennità di mobilità) o per l’acquisizione del diritto all’assegno. Possono svolgere tali lavori, infatti, soggetti titolari dei trattamenti previdenziali sopra citati o coloro che abbiano maturato 12 mesi di attività effettiva nei progetti di realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva (art. 1, co. 1. d. lgs. n. 468/1997) attuati dalle pubbliche amministrazioni, direttamente o indirettamente, ossia mediante enti pubblici economici o società a totale o prevalente partecipazione pubblica o da cooperative sociali (art. 3, co. 1, d. lgs. n. 468/1997). I settori in cui possono essere attuati i l. socialmente utili (art. 2, co. 1, d. lgs. n. 468/1997; art. 3 d. lgs. n. 81/2000) sono: la cura della persona, dell’ambiente, del territorio, dello sviluppo rurale; il recupero e la riqualificazione degli spazi urbani e dei beni culturali; i servizi tecnici integrati della pubblica amministrazione, dei trasporti e della logistica relativa a regioni e province. Per quanto riguarda le modalità di utilizzazione e di trattamento, occorre distinguere tra coloro che sono titolari di un trattamento previdenziale e coloro che non lo sono. Infatti solo a questi ultimi spetta un assegno, denominato assegno di utilizzo per prestazioni in attività socialmente utili, per un impegno settimanale di 20 ore e per non più di 8 ore giornaliere. L’assegno, erogato dall’INPS (ma gravante su un Fondo per l’occupazione, istituito presso il ministero del Lavoro), è subordinato a una certificazione delle presenze a cura dell’ente utilizzatore. Ai lavoratori socialmente utili sono riconosciute numerose tutele, quali l’assicurazione presso l’INAIL contro gli infortuni e le malattie professionali, a carico dell’utilizzatore, e l’assicurazione per la responsabilità civile presso terzi. Sono previsti altresì, un’indennità pari all’80% dell’assegno nel periodo di astensione obbligatoria per maternità; un diritto ai permessi durante il primo anno di vita del bambino e per l’assistenza ai parenti disabili, senza riduzione dell’assegno. Con l’art. 2, co. 1, del d. lgs. n. 81/2000 si è limitato l’accesso a tali lavori ai soggetti che abbiano maturato un’attività effettiva di 12 mesi nei progetti della pubblica amministrazione sopra citati, nel periodo intercorrente tra il 1 gennaio 1998 e il 31 dicembre 1999. Tale ‘sbarramento’ si è reso necessario per il distorto utilizzo di questa figura lavorativa, che è stata impiegata a fini meramente assistenziali, creando un serio problema di aspettative di stabilizzazione nei lavoratori utilizzati (quasi 20.000), anche a seguito di numerose e incontrollate proroghe.