Barrymore, John
Nome d'arte di John Blythe, attore teatrale e cinematografico statunitense, nato a Filadelfia il 15 febbraio 1882 e morto a Hollywood il 29 maggio 1942. Il più giovane dei tre Barrymore e il più popolare, l'unico che nel cinema abbia raggiunto lo status di star. Prestanza fisica, eleganza del portamento, perfezione dei lineamenti, duttilità della recitazione e notevole personalità concorsero a farne un interprete di prima grandezza che ha lasciato di sé il ricordo di un attore tutto genio e sregolatezza.
Come in precedenza la sorella Ethel, John tentò all'inizio di sfuggire alla tradizione familiare (v. Barrymore): dopo aver frequentato diverse scuole d'arte statunitensi e inglesi, lavorò come caricaturista e illustratore per due quotidiani di New York. Finì tuttavia per dedicarsi anche lui al teatro: esordì nel 1903 sotto l'egida di Ethel, la prima a intuire il suo talento; per molti anni si limitò al genere comico, e solo dal 1915 iniziò ad allargare il suo repertorio a quello drammatico. E come attore brillante debuttò anche nel cinema: dopo alcune piccole parti nel 1912, l'anno successivo firmò un contratto con la Famous Players Film Company per una serie di commedie. Nel 1920, raggiunto un grande successo in teatro con il suo primo grande ruolo tragico (in Riccardo III di W. Shakespeare), ottenne dalla casa di produzione di poterne interpretare uno simile anche sullo schermo: in Dr. Jekyll and Mr. Hyde (Il dottor Jekyll e Mr Hyde) di John S. Robertson, una delle prime versioni cinematografiche del romanzo di R.L. Stevenson, considerato il suo migliore film muto, riuscì a rendere i cambiamenti di fisionomia tra i due personaggi senza ricorrere al trucco. Pur non abbandonando del tutto i ruoli tragici, si dedicò soprattutto a quelli romantici, garantiti nei contratti sempre più remunerativi con la First National Pictures (1921), la Warner Bros. (1922), la United Artists (1926), e di nuovo la Warner (1929). Ab-bandonato il teatro (1925), in quegli anni raggiunse il culmine della popolarità, facendo anche leva sulla perfetta rispondenza del suo volto con i canoni estetici dell'epoca (fu allora che gli venne attribuito il soprannome The great profile). Fu così 'l'amante perfetto' di Beau Brummel (1924; Lord Brummel) di Harry Beaumont, Don Juan (1926; Don Giovanni e Lucrezia Borgia) e The beloved rogue (1927; Il poeta vagabondo), entrambi di Alan Crosland. Il passaggio dal muto al sonoro permise a B. di sfruttare anche nel cinema il fascino della voce, e rappresentò per lui un valore aggiunto. Dal punto di vista professionale fu questo il suo momento migliore: pur non trascurando i ruoli drammatici (Moby Dick, 1930, Moby Dick, il mostro bianco, di Lloyd Bacon; Counsellor-at-law, 1933, Ritorna la vita, di William Wyler), seppe far evolvere il suo personaggio in quello di seduttore elegante e scanzonato, non privo talvolta di risvolti autoironici, come in Arsene Lupin (1932; Arsenio Lupin) di Jack Conway, Grand Hotel (1932) di Edmund Goulding, Twentieth century (1934; Ventesimo secolo) di Howard Hawks, primo esempio di sophisticated comedy, film che chiuse di fatto la sua carriera: infatti l'alcolismo aveva iniziato a incidere sia sul suo aspetto fisico sia sulle capacità professionali. Nel 1933 dovette abbandonare le riprese di un Hamlet a colori a causa dei sempre più frequenti vuoti di memoria, e in Dinner at eight (Pranzo alle otto), diretto da George Cukor, il suo personaggio di attore alcolista al tramonto sembrò prefigurarne il destino. Dopo una pausa obbligata riprese il lavoro, ma in parti ormai sempre più marginali e indegne del suo talento, fino ai due film crudelmente autobiografici, The great profile (1940) di Walter Lang e Playmates (1941) di David Butler.Scrisse due libri di memorie, Confessions of an actor (1926) e We three: Ethel-Lionel-John (1935). Alla figura di B. si ispirarono due film (Too much, too soon, 1958, Furia d'amare, di Art Napoleon, tratto dall'omonima autobiografia della figlia Diana, molto critica nei suoi confronti, e The bad and the beautiful, 1952, Il bruto e la bella, di Vincente Minnelli) e tre drammi (di Sh. Rosen, 1978, J. Miller, 1997, W. Luce, 1998).
A. Powers-Waters, John Barrymore, the autorized life, London 1942.
E. Jacobs Barrymore, S. Doddy, All my sins remembered, New York 1964.
J. Card, The films of John Barrymore, Rochester (NY) 1969.
M.F. Norden, John Barrymore: a bio-bibliography, Westport (CT) 1995.