istinto
Comportamento innato ereditario
Gli istinti sono comportamenti innati, fissi, trasmessi per via ereditaria, abbastanza caratteristici delle singole specie animali, che variano poco da un individuo all'altro di una stessa specie e che hanno lo scopo di favorire la sopravvivenza del singolo individuo o della specie
L'istinto è presente in tutte le specie animali. Ciascun individuo nasce con un insieme di comportamenti che dipendono dal suo corredo genetico ereditario e che è portato a eseguire automaticamente: l'individuo mette cioè in atto azioni schematiche ‒ come per esempio l'attacco o la fuga ‒ senza poter né dover scegliere il da farsi di fronte a specifiche circostanze. Il comportamento istintuale ha lo scopo di favorire la sopravvivenza del singolo individuo o della specie. I comportamenti prefissati dagli istinti, dunque, sono diametralmente opposti a quelli derivati dall'apprendimento.
Secondo l'approccio biologico classico, gli istinti sono essenzialmente quello di sopravvivenza del singolo individuo (mangiare, bere, dormire) e quello di conservazione della specie (accoppiamento sessuale, protezione dei piccoli). Ogni specie ha poi suoi propri istinti caratteristici; per esempio, la cova delle uova degli uccelli o la ricerca dell'acqua delle tartarughe appena nate.
La psicologia del comportamento animale (etologia) individua molti altri istinti particolari: per esempio la difesa del territorio dei lupi, secondo la quale il maschio più vecchio del gruppo contrassegna una zona del terreno con il proprio odore ‒ con secrezioni di particolari ghiandole o con schizzi di urina ‒ a segnalare agli altri animali conspecifici che quello spazio è suo e che non deve essere invaso né violato. Se qualcuno osa trasgredire, si scatena la lotta.
Un altro possibile istinto è quello di 'riordinare', di affaccendarsi a sistemare l'ambiente, come fanno i topi o gli scoiattoli che stivano le provviste di semi o noccioline nelle tane, o gli uccelli che costruiscono il nido con raffinata abilità e poi lo tengono pulito da scorie ed escrementi.
Grazie all'istinto gli animali compiono con assoluta facilità e spontaneità compiti prodigiosi, che destano la nostra meraviglia. Pensiamo agli uccelli che effettuano migrazioni, i quali, a seconda delle stagioni, si spostano da un continente all'altro sopportando disagi e fatiche, seguendo istintivamente rotte più accurate di quelle realizzate con i nostri più sofisticati strumenti tecnologici e volando in serrata formazione meglio delle nostre squadriglie aeree. Oppure pensiamo alle straordinarie capacità dei castori (scoiattoli, marmotte, castori; istrici), che infaticabilmente costruiscono dighe perfette, come se fossero ingegneri.
Anche l'aggressività secondo alcuni studiosi è un istinto, che ciascuna specie manifesta in modo diverso a seconda dei suoi bisogni. L'aggressività animale, nelle sue varie forme, non sarebbe mai gratuita, ma avrebbe sempre lo scopo di difendere sé stessi o i propri piccoli. Tale ipotesi è in fondo rassicurante, perché dà una giustificazione anche alla ferocia e risponde a una supposta legge naturale di equilibrio tra le specie.
Sarebbe ancora l'istinto a offrire la garanzia di poter limitare l'aggressività. Il famoso etologo austriaco Konrand Lorenz descrive come nelle lotte tra animali della stessa specie ‒ per esempio i lupi ‒ esistano rituali secondo i quali se il più debole si arrende con un segnale di sottomissione (mostra la gola), l'altro si blocca e lo risparmia: per 'istinto' non può più ucciderlo. Per contro, altre osservazioni mettono in luce una realtà più complessa e contraddittoria. I gatti, per esempio, giocano con le loro vittime ‒ topi o insetti ‒ e sembrano trarne piacere indipendentemente dal bisogno di cibarsene: in questo caso l'istinto interverrebbe solo per quel che riguarda l'azione di caccia, mentre mancherebbe l'istinto di sopravvivvenza che lo porta a cibarsi della preda, in quanto l'animale è già nutrito dal suo padrone. Così pure talora i maschi adulti cercano di uccidere i cuccioli della loro specie e non è semplice capire il perché. A volte l'uccisione è effettuata da maschi adulti sulla prole di altri maschi per far prevalere la propria discendenza genetica, ma a volte, per esempio in condizioni di prigionia (è il caso dei criceti), sono le madri stesse che possono uccidere e mangiare i propri piccoli, forse per 'salvarli' da un destino incerto.
Il termine istinto nel linguaggio comune viene usato con un significato diverso da quello scientifico. Per esempio, si dice di avere una simpatia o un'antipatia istintiva verso una persona oppure che è istintivo provare disgusto per un determinato cibo. Altre volte ancora si può dire che qualcuno è istintivamente generoso, o magari portato per la musica... La parola istinto, dunque, viene usata per esprimere situazioni molto diverse: dall'agire impulsivamente senza riflettere all'avere particolari gusti alimentari o predisposizioni naturali. Ovviamente, non c'è niente di sbagliato in questo uso ampio e variabile della parola; basta tenere conto che quando se ne parla in un contesto scientifico essa possiede un significato molto più preciso.
Gli esseri umani fanno ovviamente parte del mondo animale e dunque ci si chiede se anche essi abbiano istinti ed eventualmente quali siano. Occorre premettere che su tali questioni ci sono opinioni contrastanti tra gli studiosi di discipline diverse (biologi, etologi, psicologi, filosofi, antropologi e così via). C'è però un accordo di base nel riconoscere che quanto più si sale nella scala evolutiva animale, tanto meno si è dominati dagli istinti. Per esempio, un cane ha comportamenti più variabili di quelli di un pesce, che a sua volta è assai più complicato di un insetto; molto del carattere e molti dei comportamenti del cane dipendono da come è stato allevato, da quello che ha imparato nella sua vita di cucciolo. Così gli esseri umani, nel bene e nel male, hanno lo scomodo privilegio di essere molto meno condizionati dagli istinti; le loro azioni non derivano dalla diretta spinta istintuale, ma sono mediate dall'educazione, dal carattere, dall'apprendimento, dalla società e dalla cultura, dalla libera scelta di ciascuno. Secondo taluni, dunque, esiste una continuità tra gli esseri umani e gli animali non umani, mentre altri ritengono che le differenze siano più significative delle somiglianze e che la condizione di esseri intelligenti capaci di 'libero arbitrio' ‒ cioè di libertà e di responsabilità di scelta ‒ ponga gli esseri umani al di sopra degli istinti.
Tra queste due posizioni estreme, si collocano varie ipotesi intermedie. Alcuni studiosi, per esempio, riconoscono soltanto gli istinti basilari (sessuali e aggressivi), mentre altri parlano anche di altri istinti, come quello materno; ci sarebbe cioè una disposizione innata di tutte le donne a prendersi cura dei bambini, proteggerli e nutrirli.
È chiaro che quanto più si enfatizzano gli istinti come forze innate e predeterminate, tanto meno si valorizzano le nostre qualità psicologiche personali come, restando nel campo del cosiddetto istinto materno, l'amore di una madre per il figlio. Se pensiamo in termini di istinti, risultano anche minori le possibilità del controllo degli impulsi ‒ specialmente gli impulsi aggressivi ‒ sia degli individui sia dei popoli.
Secondo le ipotesi di Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi, l'essere umano non è governato da istinti, ma da pulsioni: energie al confine tra il corpo e la mente, che cercano il proprio soddisfacimento in modo meno rigido e schematico. Inizialmente, Freud individuò due tipi di pulsioni contrapposte: le pulsioni dell'Io, per così dire egoistiche, che mirano all'autoconservazione (mangiare, bere, dormire, sopravvivere), e le pulsioni sessuali. In seguito Freud formulò l'ipotesi di altre due pulsioni sempre contrapposte: la pulsione di vita, o Eros, e la pulsione di morte. Il punto essenziale, secondo la psicoanalisi, è che la salute psichica non è puro Eros, ma si basa sull'equilibrio tra le due forze. L'aggressività senza amore è solo distruzione; ma un po' di aggressività si rende necessaria per desiderare, per vivere, perfino per mangiare. La quiete assoluta, la mancanza di passioni ci avvicina, al contrario, alla morte.