Giurista (seconda metà sec. 11º - primi sec. 12º), considerato il fondatore della scuola di diritto di Bologna. La renovatio da lui operata significò la nascita dello studio del diritto come scienza autonoma rispetto a quella sorta di enciclopedia del sapere di cui fin allora aveva fatto parte marginalmente nelle scuole di arti liberali. I. introdusse negli studi giuridici l'uso delle glosse al testo, dando avvio alla celebre scuola dei glossatori e istituendo di fatto una nuova tradizione esegetica dei testi romani.
Conosciamo ben poco della sua vita: si trova come causidico o come giudice in alcuni placiti comitali o imperiali (13 documenti in tutto) degli anni 1112-25; la tradizione scolastica bolognese lo ricorda come maestro di arti liberali. Di sua iniziativa e senza maestro si dedicò allo studio dei testi giustinianei, i quali erano stati trascurati nei secoli dell'alto Medioevo, che li aveva conosciuti attraverso epitomi o estratti, o addirittura ignorati (come, con tutta probabilità, il Digesto). Il metodo di studio fondato dal I. fu rappresentato per eccellenza dalle glosse, chiarimenti dapprima elementari, più tardi sempre più complessi, fino a diventare veri e propri svolgimenti teorici, che prendevano lo spunto da una parola o da un costrutto del testo giustinianeo. E scuola dei glossatori fu infatti chiamato l'indirizzo scientifico che nacque dal magistero irneriano. Del quale, purtroppo, ci restano scarsi e incerti frammenti, non certo proporzionati alla fama altissima che I. godette, passando ai posteri con l'epiteto di "lucerna iuris" o, come fu esaltato dalla tradizione bolognese raccolta da Odofredo, "primus illuminator scientiae nostrae".
Sono a stampa sotto il nome d'I. le Quaestiones de iuris subtilitatibus, una Summa Codicis, un Formularium tabellionum; ma l'attribuzione a lui di queste opere, come pure di varie altre non meno importanti, è oggi generalmente rifiutata dalla critica; gli sforzi appassionati di studiosi ottocenteschi per dare a tante opere anonime paternità irneriana restano come documento del desiderio di dare forma più concreta alla figura quasi leggendaria del maestro.