Scienza linguistica volta a studiare gli elementi che più lingue, di elevata cultura o di uso internazionale, hanno in comune o per parentela genetica o per contatto. Più in particolare, si occupa del contatto tra le lingue, del processo attraverso il quale avviene tale contatto, delle sue conseguenze nonché dei fenomeni di interferenza linguistica. L’i. non ha interessi di ricerca retrospettiva come la glottologia, mirando a descrivere aspetti del mondo contemporaneo.
Dopo l’elaborazione di una serie di principi regolanti il contatto fonologico (R. Jakobson, E. Polivanov, N.S. Trubeckoj) e le pagine di L. Bloomfield sul prestito linguistico (Language, 1933), l’i. guadagna lo status di disciplina autonoma con il saggio Languages in contact di U. Weinreich (1953), che sposta l’attenzione dal ‘prodotto’ lingua agli ‘atti’ dei parlanti bilingui. Grazie alla definizione di concetti-chiave come contatto (due o più lingue usate alternativamente dalle stesse persone), bilinguismo (pratica dell’uso alternativo di due lingue), interferenza (esempi di deviazione dalle norme dell’una e dell’altra lingua che compaiono nel discorso dei bilingui), si propone la categorizzazione di una gran quantità di fatti, molti dei quali tradizionalmente etichettati in maniera semplicistica come prestiti o calchi. L’interazione delle strutture (fonologiche, morfologiche, lessicali, sintattiche) dà conto dei fenomeni di interferenza sul piano formale, mentre il contesto socioculturale è in grado di chiarire le motivazioni funzionali delle interferenze.
Dall’incontro dell’i. strutturale di matrice weinreichiana con le esperienze della glottodidattica, è nata la linguistica contrastiva. Test cruciale è l’‘errore’, che l’analisi contrastiva spiega come frutto di interferenza tra le strutture della L1 e della L2: per es., per il discente italiano risultano predittivamente difficili da riprodurre coppie oppositive della lingua inglese come /ϑ/:/δ/, assenti dal sistema fonematico italiano, e gli errori si concentreranno nel tentativo di adattare questa coppia alla competenza italiana (con conseguenti riformulazioni del tipo /s/:/z/ o /ts/:/dz/).
Il test dell’errore si è rivelato indicativo non solo delle devianze strutturalmente prevedibili, ma anche della capacità del bilingue ‘imperfetto’ di costruire una serie di competenze transitorie (interlingua) che si approssimino alla competenza ideale di L2. Il nuovo error analysis, pertanto, avvicina la costruzione della grammatica di una L1 a quella di una L2; accanto alla tipologia classica dell’interferenza (con transfer di elementi superficiali), questo approccio tenta di spiegare le tappe dell’apprendimento della L2, fatto di ipergeneralizzazioni e di elaborazione delle regole da parte della competenza interlinguistica.
Oltre alle metodologie sviluppate in seno alle ricerche sull’apprendimento guidato di una L2 (in condizioni ‘scolastiche’), l’i. comprende una tipologia articolata in vari sottosettori, molti dei quali interagiscono tra loro, come nel caso dei lavori sui pidgin e sui creoli che mettono a frutto le acquisizioni sull’apprendimento di L1 e L2. I sociolinguisti si sono interessati al contatto all’interno della competenza comunicativa dei parlanti plurilingui: sono stati proposti vari modelli di alternanza di codice (code-switching), sia sul piano macroscopico (elaborazioni di concetti operativi quali diglossia, e bilinguismo, in C.A. Ferguson e J. Fishman), sia su quello microscopico (studi di J.J. Gumperz sulle funzioni che, in determinate reti sociali, rivestono le alternanze di codice lungo i segmenti conversazionali).
Nel panorama delle situazioni di contatto linguistico, un posto a parte è riservato alle varietà veicolari. Banco di prova privilegiato per quanto concerne le tematiche della commistione linguistica, pidgin e creoli offrono molti dati sui ‘salti’ genetici dovuti al contatto in situazioni ristrette di apprendimento. Nello specifico interlinguistico, acquista peculiare importanza il tema della semplificazione strutturale cui sono sottoposte le varietà veicolari. L’ipotesi di un parallelismo tra le procedure di acquisizione di L2 in condizioni svantaggiate, come nel caso dell’italiano degli immigrati extracomunitari, e le procedure di pidginizzazione porta a riconsiderare la genesi di sistemi in aree di contatto. Se la formazione di koinè, in quanto frutto di una omogeneizzazione e convergenza tra più varietà imparentate, non conduce necessariamente a radicali semplificazioni nella diacronia, diversamente potrebbero stare le cose nel caso della veicolarizzazione di certe varietà linguistiche per imposizione politico-amministrativa. D’altro canto, il caso speculare dell’espansione caratteristica delle lingue creole indica lungo quali possibili direttrici naturali un codice linguistico veicolarizzato può divenire L1 di una o più popolazioni, magari attraverso processi di rilessificazione, di sostituzioni di parti del lessico.
In particolare, l’approccio interlinguistico si è rivelato utile nell’analisi di alcune concause del collasso dei sistemi linguistici sottoposti a forte pressione da varietà dominanti. La tematica della ‘morte’ delle lingue ha mostrato in vari casi l’azione cui viene sottoposta una varietà morente, specie in aree costituite da bilingui isolati con competenza imperfetta. È stato provato che la pressione interlinguistica sulla lingua ‘morente’ da parte delle varietà di prestigio è in grado di indirizzare l’agonia linguistica verso l’uno o l’altro tipo di superstrato.