Diminuzione della durata del sonno o perdita della sua profondità e del potere ristoratore. In passato l’i. era definita una categoria diagnostica, con le caratteristiche proprie della malattia; successivamente è stata considerata piuttosto un segnale del quale sono da ricercare le cause. In base alla durata dei sintomi vengono distinte tre forme di i.: occasionale (pochi giorni), transitoria (da una a tre settimane), cronica o persistente (oltre tre settimane). L’i. di cui è possibile individuare i fattori scatenanti, e che interessa peraltro un gruppo consistente di soggetti, viene classificata tra le forme cosiddette secondarie; quella invece che costituisce il problema di base e non si configura come sintomo di altra patologia è definita primaria e distinta in tre tipi: quella psicofisiologica, in assenza di disfunzioni psicopatologiche o mentali, è legata a una tensione emotiva verso l’addormentamento; quella idiopatica, a eziologia sconosciuta, esordisce nell’infanzia o addirittura alla nascita, è legata ad alterazioni neurochimiche dei meccanismi nervosi che controllano il ciclo sonno-veglia; quella da errata percezione del sonno in molti casi è secondaria a una definita malattia organica o spesso causata da patologie psichiatriche tra cui disordini affettivi, depressione, ansia ecc. Una peculiare forma di i. è quella che si associa alla sindrome delle gambe senza riposo, caratterizzata da sensazioni sgradevoli, e spesso movimenti a scatto, agli arti inferiori e, meno frequentemente, a quelli superiori.