Ordine, emesso dal competente ufficio dell’ente creditore, di pagare, sotto pena di atti esecutivi, la somma dovuta. L’i. trova il suo fondamento nell’esigenza di consentire agli enti pubblici la celere riscossione delle proprie entrate senza ricorrere all’autorità giudiziaria per procurarsi il titolo esecutivo necessario all’esecuzione forzata. L’attuale disciplina e l’ambito di applicazione dell’i. sono il risultato di una complessa evoluzione normativa. Il procedimento per l’emissione dell’i. è regolato dal r.d. 639/1910, recante il testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato: trattasi di un insieme di norme assai datate che disciplinano un processo esecutivo speciale, caratterizzato da una maggiore celerità e snellezza rispetto al processo esecutivo ordinario e da una minore presenza del giudice. In precedenza, l’iter di formazione dell’i. prevedeva la partecipazione di organi appartenenti sia al potere amministrativo sia a quello giurisdizionale: l’i. era, infatti, vidimata e resa esecutoria dal pretore, nella cui giurisdizione risiedeva l’ufficio che la emetteva. Con l’emanazione del d. legisl. 51/1998 è stato soppresso quest’ultimo potere, riconoscendo l’esecutorietà di diritto: a partire dal 2 giugno 1999 (data di entrata in vigore del decreto, prorogata dalla l. 188/1998), l’i. non va quindi sottoposta ad alcun visto. In passato, la normativa del r.d. 639/1910 è stata utilizzata in materia di IVA, di imposta di registro e di INVIM (imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili). Nel 1988 il sistema della riscossione mediante ruolo, previsto dal d.p.r. 602/1973 con riferimento alle imposte dirette, è stato esteso anche a quelle indirette (d.p.r. 43/1988, art. 67 e 68): a far data dal 1° gennaio 1990, dunque, l’i. fiscale è scomparsa dal panorama legislativo delle riscossione delle imposte indirette, essendo stata di fatto interamente sostituita dal ruolo. L’i. è rimasta così quiescente fino all’emanazione del d. legisl. 446/1997, che, in sede di riordino della disciplina dei tributi locali, ha previsto (art. 52, co. 6) l’utilizzabilità di tale strumento per l’esazione dei tributi e delle altre entrate di spettanza delle province e dei comuni. È stato così stabilito che al procedimento di cui al r.d. 639/1910 possono fare ricorso gli enti locali per la riscossione coattiva delle entrate di loro spettanza, qualora la riscossione sia svolta in proprio dall’ente stesso o sia affidata agli altri soggetti menzionati nell’art. 52, co. 5 lett. b, del d. legisl. 446/1997. Tale disciplina è stata inoltre confermata con ulteriori interventi normativi.
Una particolare tipologia di i. fiscale è l’i. doganale, espressamente disciplinata dall’art. 82 del testo unico delle leggi doganali (t.u.l.d.), approvato con d.p.r. 43/1973. L’i. doganale è stata, per lungo tempo, lo strumento generale per attivare la procedura coattiva di recupero dei diritti doganali. Con l’emanazione del d. legisl. 46/1999 è stato introdotto il principio della generalizzazione della riscossione coattiva mediante ruolo di tutte le entrate pubbliche; in questa sede si è specificato che per le entrate derivanti da rapporti di diritto pubblico non è necessaria, per l’iscrizione a ruolo, l’esistenza di un titolo esecutivo. Secondo una posizione consolidata dell’amministrazione, quindi, a decorrere dal 1° luglio 1999, per l’iscrizione a ruolo dei diritti doganali non occorre più emettere ingiunzione di pagamento ex art. 82 t.u.l.d., ma è sufficiente un qualsiasi specifico atto di accertamento del tributo. Di diverso avviso rimane, tuttavia, parte della giurisprudenza, secondo la quale l’i. avrebbe oggi acquisito la natura di atto di accertamento.