tempo, idea del
Come l’uomo concepisce il trascorrere degli eventi
La nozione di tempo costituisce uno degli elementi costanti della riflessione filosofica e scientifica. Tale nozione si riferisce, infatti, a un aspetto cruciale dell’esperienza umana, quello che riguarda le relazioni di successione, di durata e di simultaneità degli eventi. Nella storia delle idee il concetto di tempo è stato trattato con diversi significati: cosmologico (riguardo all’inizio e alla fine del mondo), gnoseologico (in relazione ai problemi conoscitivi), etico-religioso (con riferimento alla mortalità o immortalità dell’anima)
Nella storia delle idee si è inizialmente affermata una concezione realistica del tempo, inteso come un flusso continuo e uniforme che contiene il succedersi e l’articolarsi degli eventi. Questo flusso, secondo gli antichi Greci, procede con un movimento circolare che non ha mai fine.
I Greci devono tale concezione ciclica del tempo – così come altre conoscenze astrologiche – ai Babilonesi. Essa si ritrova in tutti i primi filosofi che indagano sulla natura: così per esempio per Eraclito (6°-5° secolo a.C.) il fuoco divino eternamente si accende ed eternamente si spegne secondo un processo senza fine; nel tempo vi è quindi un continuo divenire per cui tutto cambia e tutto ricomincia, ma in questo avvicendarsi vi è anche una legge e un ordine razionale. Di diverso avviso è Parmenide (6°-5° secolo a.C.), il quale nega ogni realtà al tempo come divenire: il succedersi delle cose è solo apparenza sensibile e illusione, giacché il vero essere è quello che rimane eternamente uguale a sé stesso. Questa contrapposizione ritorna in Platone e Aristotele, per i quali il tempo come succedersi di eventi transitori è proprio soltanto delle cose terrene; quello che è eterno è l’ordine ciclico immutabile.
Aristotele definisce il tempo come «la misura (espressa in numeri) di un movimento rispetto al prima e al dopo»; tutte le cose sono a esso sottoposte e ne rimangono fuori solo le cose che sono sempre, cioè l’immutabile e l’eterno. Aristotele include il tempo fra le dieci categorie che riguardano la sostanza e le sue determinazioni: il tempo indica la durata della sostanza – più precisamente, la durata di una sostanza in relazione al movimento di un’altra sostanza.
Per gli antichi il tempo storico ha un andamento per cicli: alla nascita segue una fase di crescita e poi di decadenza e di morte, dopo la quale si ricomincia da capo. Questa è una legge ferrea che vale per il mondo della natura e per la vita dell’uomo, ma anche per i popoli e le civiltà. È la legge dell’eterno ritorno degli stoici (stoicismo), del movimento circolare in base al quale una successione di stati si ripresenta sempre uguale senza sostanziale progresso.
Una nuova concezione viene introdotta dal cristianesimo: il mondo e la storia hanno avuto un inizio (la creazione divina) e avranno una fine (cui seguirà il giudizio universale). Evento cruciale è l’apparizione di Cristo che, con il suo messaggio di salvezza, indica il fine e quindi il significato dello scorrere del tempo. Il tempo in questo caso si presenta come una linea retta, che ha un’origine e una fine, o – per usare un’altra metafora – come una freccia che, scagliata da un tiratore, viaggia verso un certo obiettivo.
Il cristianesimo offre quindi la possibilità di dare un ordine e un significato allo scorrere del tempo, in quanto pone un termine ultimo che chiude la vicenda temporale del mondo creato da Dio. Il tempo diventa la condizione dell’uomo nella storia in quanto, dopo il peccato e la caduta di Adamo, l’umanità procede ora verso il riscatto e il ritorno a Dio nella vita eterna. La linearità del tempo conferisce così una direzione e un significato al tempo storico, inteso come processo il cui fine ultimo è la salvezza e l’eternità dell’anima.
Assai importante è la riflessione di sant’Agostino (4°-5° secolo d.C.), che introduce una dimensione psicologica nell’analisi del tempo: quest’ultimo non è più qualcosa di oggettivo che pesa dal di fuori sulla vita dell’uomo e alla cui morsa nessuno può sfuggire, ma è qualcosa di interiore, è la dimensione spirituale dell’anima nel suo sforzo di purificazione e di conquista della salvezza eterna. Agostino identifica il tempo con la «distensione dell’anima»: passato e futuro esistono e hanno senso solo nel presente della coscienza come ricordo del passato e attesa del futuro. Il tempo diventa così soggettività, una successione di stati psichici legati tra loro dalla memoria e dall’anticipazione.
A questa concezione psicologica e religiosa del tempo si aggiunge, a partire dalla rivoluzione scientifica, una concezione oggettiva del tempo fondata sulla meccanica di Galilei. Il tempo viene pensato come una successione di istanti omogenei – un processo continuo senza inizio né fine –, secondo una serie almeno idealmente reversibile che consente di formulare le leggi del movimento in termini matematici e di applicare il calcolo infinitesimale. Di qui il concetto di Newton di tempo assoluto o tempo cosmico. Newton attribuisce una realtà oggettiva assoluta al tempo che scorre in maniera uniforme e, assieme allo spazio assoluto, costituisce la dimensione in cui inquadrare ogni evento fisico.
Nella filosofia moderna si passa, con Kant, da un’interpretazione psicologica a una gnoseologica, cioèa un’interpretazione del tempo come forma dellaconoscenza. Nella filosofia kantiana spazio e tempo non designano più modi di essere della realtà, mail nostro modo di percepirla. Spazio e tempo, cioè, non sono realtà assolute, né concetti astratti ricavati da dati empirici, bensì le condizioni della sensibilità. È necessario, infatti, distinguere tra i dati che l’uomo ricava dall’esperienza e le forme in base alle quali organizza tali dati: sono proprio queste forme che condizionano il modo in cui le conoscenze vengono acquisite già a livello della sensibilità. Le forme – o condizioni a priori – della sensibilità sono appunto lo spazio e il tempo; in particolare lo spazio sta a fondamento di tutte le nostre rappresentazioni relative a oggetti esterni – percepiamo gli oggetti esterni collocandoli in uno spazio – e il tempo a fondamento delle rappresentazioni mentali interne. Il tempo, quindi, è una «intuizione pura», è la forma immutabile e universale della sensibilità che ordina la varietà e la molteplicità dei dati – o intuizioni – sensibili collocandoli in una successione basata su un prima e un dopo. L’uomo può costruire l’ordine causale del mondo solo sulla base di questa forma.
Pur negando la realtà assoluta del tempo – è infatti un modo di conoscere e non una realtà –, Kant non ne nega in alcun modo l’oggettività, in quanto i modi della conoscenza sono uguali in tutti i soggetti.
Un filosofo francese del Novecento, Henri Bergson, ha contrapposto al tempo scientifico – astratto e schematico – il tempo come viene vissuto dall’uomo nella sua concreta esperienza quotidiana, cioè come durata della coscienza. In questo caso il tempo si presenta essenzialmente come esperienza dello scorrere incessante della nostra vita, come un fluire di stati di coscienza in cui non ha alcun senso distinguere un prima e un dopo o affermare il concetto di irreversibilità. Questo tempo – inteso come durata vissuta nella sua immediatezza, come momento fuggevole e individuale della realtà – varia da uomo a uomo, arricchito e modificato dalle qualità personali di ciascuno.
Il tempo della coscienza è un’unità viva, composta di momenti indistinguibili che trapassano uno nell’altro: essi si mescolano e formano un flusso che continuamente si arricchisce e che viene costituendo la «valanga» della memoria. Bergson contrappone tale dimensione della coscienza come fluire ininterrotto e slancio vitale – che è una dimensione irrazionale o sovrarazionale – all’intelletto, organo capace solo di cogliere l’immobilità della materia, mentre il tempo è un processo creativo e in continuo arricchimento.
Le più recenti svolte della fisica moderna hanno investito e travolto la concezione classica del tempo come ordine omogeneo e fatto di istanti tutti uguali, non importa se sussistente di per sé come realtà assoluta o all’interno della coscienza individuale. L’irreversibilità dei fenomeni studiati dalla termodinamica e la teoria della relatività non possono più fare riferimento ai vecchi schemi e richiedono un’impostazione del tutto diversa del problema tempo.