Balzac, Honoré de
Il maestro del realismo
Il grande romanziere Honoré de Balzac ha cercato di rappresentare nella sua opera tutti i molteplici aspetti della società francese nella prima metà dell'Ottocento, durante la Restaurazione dei Borboni e la monarchia di Luigi Filippo d'Orléans. Balzac stesso giudicava il suo progetto letterario "una delle più immense imprese che un uomo solo abbia osato concepire" e lo paragonava alle audaci spedizioni militari di Napoleone.
In meno di vent'anni ‒ dal 1829 al 1848 ‒ Balzac pubblica più di novanta romanzi, con l'intenzione di dipingere la realtà pubblica e privata del suo tempo, di illustrare tutte le professioni, percorrere tutti i luoghi, esplorare tutte le età, mostrare l'uomo e la donna in tutte le loro trasformazioni fisiche o morali. Ma come ricreare questo 'mondo completo' nella finzione romanzesca? Lo scrittore decide di raccogliere i suoi romanzi sotto l'intestazione La Commedia umana, che ricorda ‒ in una dimensione terrena ‒ il poema di Dante Alighieri. Questo titolo permette di organizzare i romanzi in un sistema unitario in cui i diversi libri hanno la funzione di mattoni, o di tasselli che compongono un mosaico, o di pezzi che si incastrano a formare un puzzle. Ogni romanzo è autonomo e nello stesso tempo collegato agli altri che costituiscono l'edificio de La Commedia umana. Il romanziere ha dunque l'ambizione di lavorare non solo come un architetto, ma anche come un sociologo, uno storico della contemporaneità e persino un filosofo che, dopo aver messo in scena lo spettacolo della società, giudica, interpreta e indaga sui meccanismi nascosti dietro le quinte del palcoscenico.
Per realizzare questo mondo nella sua 'totalità', Balzac pone come fondamenta della sua costruzione letteraria la sezione Studi dei costumi, suddivisa a sua volta in studi della vita privata, della vita di provincia, di campagna, della vita parigina, politica e militare. Balzac sceglie i suoi protagonisti tra i nobili di Parigi (La duchessa di Langeais) e quelli di provincia (Beatrice), il clero (Il curato di Tours), i militari (Il colonnello Chabert), i borghesi (Eugénie Grandet), gli agricoltori (I contadini), i medici (Il medico di campagna), i politici (Modeste Mignon e Z. Marcas), i funzionari (Gli impiegati), i commercianti (César Birotteau), gli emigrati (Il giglio nella valle).
Gli attori di questa 'commedia in cento atti', così varia e vasta, sono circa quattromila. Come dare l'illusione della vita e il senso delle relazioni tra gli individui, delle dinamiche che animano il corpo sociale, dello scorrere del tempo, dell'incrocio dei destini e delle vicende umane? L'esigenza di inserire armonicamente tanti personaggi in un quadro unico giustifica un procedimento particolare della tecnica di Balzac: il ritorno dei personaggi da un romanzo all'altro. Nei romanzi circolano gli stessi personaggi che si incontrano, interagiscono e sono presentati nella loro evoluzione, in epoche e ambienti diversi. Ritoccando i suoi romanzi in vista di un'edizione definitiva, mediante sostituzioni e aggiunte, Balzac moltiplica i 'ritorni' dei personaggi, come il cinico e diabolico avventuriero Vautrin, l'avido usuraio Gobseck, l'onnipresente medico Horace Blanchon, il giovane Rastignac iniziato a Parigi alla vita mondana attraverso gli eventi ai quali assiste, i luoghi che frequenta, i colloqui che intrattiene.
Il romanzo Papà Goriot denuncia la situazione di una generazione di cinquantamila giovani desiderosi di fare fortuna nella capitale: Rastignac è uno di loro. Ma tante speranze saranno deluse. La grande città, che isola nell'anonimato o suscita aggressività e violenza, non permette a un ragazzo di sfruttare energie e intelligenza: a Parigi "si può nascere, vivere e morire senza che nessuno faccia attenzione a voi". Nelle Illusioni perdute, un giovane provinciale, poeta di talento che aspira al successo, viene respinto e umiliato dall'ambiente giornalistico ed editoriale della capitale. Il tema di Parigi, presente in scrittori dell'Ottocento come Hugo e Baudelaire, è centrale nell'opera di Balzac che ricorre per evocarla a molti paragoni di segno negativo: donna sfuggente da conquistare o mostro da sfuggire, alveare, vulcano, fogna, palude dalle esalazioni fetide, immondezzaio, inferno. Nel prologo della Ragazza dagli occhi d'oro sono descritti cinque gironi infernali come quelli di Dante, mossi dalla circolazione e dal potere del denaro, nei quali si distribuisce la popolazione di Parigi: gli operai, i commercianti piccolo-borghesi, gli uomini d'affari, gli artisti, gli aristocratici: "Gente orribile a vedersi, spiritata, gialla, consunta".
Balzac stabilisce un legame molto stretto tra personaggio e ambiente, applicando alla società le teorie del naturalista Étienne Geoffroy-Saint-Hilaire, secondo il quale l'influenza dell'ambiente spiegherebbe le differenze tra le specie zoologiche. Il romanziere, che istituisce un'analogia tra l'Animalità e l'Umanità, estende queste teorie alle specie sociali da descrivere e classificare: come l'animale evolve in funzione dell'ambiente al quale si deve adattare, così l'essere umano è diverso a seconda del sesso, dell'epoca, dello spazio in cui si inserisce. Il viso di Z. Marcas, giovane repubblicano di genio mortificato dai politici, è paragonato al muso fiero di un leone. Il viso allungato dello scienziato Balthazar Claës somiglia a una testa di cavallo, con la pelle incollata alle ossa e le narici frementi.
Interessato agli studi sul magnetismo e sui fenomeni elettrici, e agli esperimenti di Antoine-Laurent Lavoisier sulle proprietà chimiche degli elementi, Balzac crea con Balthazar Claës, protagonista della Ricerca dell'assoluto, il personaggio di un chimico che sacrifica patrimonio e famiglia all'idea ossessiva di individuare nella materia un elemento, un principio unico comune a tutte le sostanze del creato.
Balzac è stato soprattutto apprezzato per l'osservazione realistica e la riproduzione dettagliata di quel che definiva un "immenso insieme di figure, di passioni, di eventi". Già i contemporanei avevano valorizzato un altro versante della sua opera, quello 'fantastico' o, secondo Baudelaire, 'visionario'. Nella sezione Studi filosofici de La Commedia umana, il romanziere inserisce opere sulla scoperta dell'Elisir di lunga vita, o su un talismano magico, La pelle di zigrino, che esaudisce i desideri ma accorcia la vita del suo possessore. Il desiderio, espressione di vitalità, è un'energia, che deve essere alimentata e disciplinata, altrimenti si disgrega e si esaurisce. Anche il pensiero è una forza potente che per il suo stesso esercizio distrugge chi ne abusa. Balzac ipotizza un'interazione tra corpo e anima, materia e spirito. Balthazar Claës impazzisce e muore, consumato dal pensiero fisso delle sue ricerche.
Questi due aspetti dell'opera di Balzac potrebbero sembrare in contraddizione: non lo sono se si accetta che l'immaginazione, le passioni, i sogni, i fantasmi, il mistero fanno parte integrante della realtà e della vita.
"Secondo un'opinione piuttosto popolare, ogni faccia umana somiglia a un animale. L'animale di Marcas era il leone. I capelli somigliavano a una criniera, il naso era corto, schiacciato, largo e tagliato in punta, come quello di un leone, aveva la fronte attraversata da un solco profondo, e divisa in due lobi vigorosi. Infine gli zigomi pelosi resi più sporgenti dalla magrezza delle guance, la bocca enorme e le guance incavate erano mossi da pieghe dal disegno fiero, ed erano messi in risalto da un colorito dai toni giallastri".
"Tante volte mi sono meravigliato che la gloria di Balzac fosse di passare per un osservatore; mi era sempre sembrato che il suo merito principale fosse d'essere visionario e visionario appassionato. Tutti i suoi personaggi sono dotati dell'ardore vitale da cui egli stesso era animato. Tutte le sue opere sono colorate quanto i sogni".