Schygulla, Hanna
Attrice cinematografica, teatrale e televisiva tedesca, nata a Katowice (Polonia) il 25 dicembre 1943. Tra le figure più rappresentative dello Junger Deutscher Film, con il suo modo di recitare sempre distaccato, quasi ironico, che rifugge l'identificazione con il personaggio, secondo i canoni della messinscena brechtiana, è stata un'interprete ideale del cinema di Rainer Werner Fassbinder, impegnato nella rilettura critica di forme e generi del cinema popolare e di largo consumo. Tra i numerosi riconoscimenti che le sono stati tributati, si ricordano l'Orso d'argento al Festival di Berlino del 1979 e il premio come migliore attrice protagonista al Festival di Cannes del 1983, ottenuti, rispettivamente, per le sue interpretazioni in Die Ehe der Maria Braun (Il matrimonio di Maria Braun) di Fassbinder e in Storia di Piera di Marco Ferreri.
Nata mentre infuriava la Seconda guerra mondiale (cui il padre prese parte, salvandosi come prigioniero), nel 1945 seguì la madre a Monaco di Baviera, dove nel 1948 la famiglia si riunì. Completati gli studi superiori, si iscrisse all'università di Monaco e dal 1966 iniziò a frequentare le lezioni di recitazione allo studio di F. Leonhard, dove conobbe Fassbinder, con il quale condivise le esperienze teatrali dell'Action-Theater e dell'antiteater. Dopo le prime apparizioni cinematografiche, esordì come protagonista in Liebe ist kälter als der Tod (1969; L'amore è più freddo della morte), primo lungometraggio di Fassbinder, malinconica rielaborazione del gangster film, basata su uno squallido triangolo amoroso. Negli anni seguenti partecipò a quasi tutti i lavori, cinematografici e televisivi, del regista, da Götter der Pest (1970; Dei della peste) a Warnung vor einer heiligen Nutte (1971; Attenzione alla puttana santa), da Wildwechsel (1972; Selvaggina di passo) a Die bitteren Tränen der Petra von Kant (1972; Le lacrime amare di Petra von Kant), interpretando quasi sempre donne tenaci, ambiziose e sensuali, spesso di bassa estrazione sociale, e finendo così per impersonare l'ideale fassbinderiano dell'antidiva. Da questa immagine si discostò in parte il personaggio di Marion, la segretaria ribelle di Acht Stunden sind kein Tag (1972) ‒ serie televisiva in cinque puntate, concepita da Fassbinder sul modello degli Arbeiterfilme ‒ che la rese popolare in Germania. Poi, mentre stava per arrivare per entrambi il primo grande successo cinematografico con Fontane Effi Briest (1974; Effi Briest), la S. interruppe il rapporto con Fassbinder e abbandonò, sia pure temporaneamente, la professione di attrice, ormai avvertita come fonte di insoddisfazione personale.Ripresi e terminati gli studi universitari, attraversò un periodo di riflessione, durante il quale diede lezioni di recitazione ai bambini e viaggiò per l'Europa e gli Stati Uniti. Tornò quindi al cinema, con Falsche Bewegung (1975; Falso movimento) di Wim Wenders e Ansichten eines Clowns (1976), di Vojtech Jasny, dal romanzo di H. Böll, ma si dedicò soprattutto al teatro, dove lavorò più di una volta con lo stesso Jasny. In seguito, per sua stessa iniziativa, riprese la collaborazione con Fassbinder. Fu così protagonista di Die Ehe der Maria Braun nel ruolo di, una donna che sopravvive, con tenacia e cinismo, ai duri anni del secondo dopoguerra in Germania, prostituendosi ma rimanendo sempre fedele al marito. La sua interpretazione contribuì in maniera rilevante al successo del film, che questa volta raggiunse anche gli Stati Uniti. Contattata dal produttore Luggi Waldleitner, che la voleva come protagonista di Lili Marleen (1981), la S. poté quindi imporgli la regia di Fassbinder, per il quale l'anno precedente aveva interpretato anche il televisivo Berlin Alexanderplatz.
Dopo questo film, ultima tappa del sodalizio con il regista ma anche opera della sua definitiva affermazione nei paesi di cultura anglosassone (dove i critici l'hanno inevitabilmente paragonata a Marlene Dietrich), la S. è divenuta una delle attrici più richieste dal cinema d'autore europeo, come testimoniano le collaborazioni con Volker Schlöndorff (Die Fälschung, 1981, L'inganno), Carlos Saura (Antonieta, 1982), Jean-Luc Godard (Passion, 1982), Ettore Scola (Il mondo nuovo, noto anche come La nuit de Varennes, 1982), Margarethe von Trotta (Heller Wahn, 1983, Lucida follia), Andrzej Wajda (Eine Liebe in Deutschland, 1983, Un amore in Germania), Ferreri (Storia di Piera; Il futuro è donna, 1984).Nel periodo successivo la carriera cinematografica della S. è proseguita sulla stessa falsariga, intrecciando nuove collaborazioni d'autore, come quelle con Michel Deville (Aux petits bonheurs, 1993) e Fernando Trueba (La niña de tus ojos, 1998, La niña dei tuoi sogni). Particolarmente significativo è stato il suo contributo ai film del regista israeliano Amos Gitai, soprattutto a Golem ‒ L'esprit de l'exil (1992; Golem ‒ Lo spirito dell'esilio) e a Le jardin pétrifié (1993), noto anche come The petrified garden, dove interviene proprio in quanto icona cinematografica, rappresentando in un certo senso sé stessa. Negli anni Novanta la S. è tornata a dedicarsi anche al teatro. Di notevole interesse si è rivelato lo spettacolo Bertolt Brecht ici et maintenant, un recital interamente dedicato alle poesie e alle canzoni del grande drammaturgo, nonché alle musiche di Kurt Weill e di Hanns Eisler, in cui ha confermato le proprie qualità di cantante, tanto da meritarsi il nuovo ‒ ma ben più congruo ‒ paragone con Lotte Lenya e Gisela May.
F. G. Bensoussan, Star ou pas?, in "Cahier du cinéma", 1981, 322; S. Penkert, Hanna Schygulla im Porträt, in "Filmfaust", 1985, 44, pp. 6-10.