giungla
Una foresta tropicale fitta e impenetrabile
Giungla è il nome che viene dato a un tipo di foresta tropicale particolarmente sviluppato nelle regioni che si affacciano sull'Oceano Indiano e che sono battute dai monsoni. Si tratta di una foresta tropicale decidua, in cui gli alberi perdono le foglie nella stagione secca. Vi si trovano piante pregiate come il teak, il sandalo, l'ebano. Vi vivono moltissimi animali, tra cui i più numerosi sono gli insetti. Non mancano i mammiferi, presenti con molte specie arboricole come alcune proscimmie e scimmie catarrine tra le quali l'orango, che vive nella giungla delle isole di Borneo e di Sumatra ma che, come molte altre specie animali e vegetali, è in via d'estinzione
In sanscrito si chiama vangala, in hindi jangal, in inglese jungle, in italiano giungla. Un nome esotico che ricorda i romanzi di Emilio Salgari, di Rudyard Kipling o di Edgar Rice Borroughs, l'inventore del personaggio di Tarzan che, in Tarzan e le scimmie, narra di animali feroci, di piante lussureggianti, di avventure incredibili. La parola giungla è anche sinonimo di qualcosa di intricato, confuso, sottoposto a leggi spietate ("la giungla dei prezzi", "la vita è una giungla"). Ma la vera giungla cos'è?
Si tratta, in realtà, di un tipo di foresta tropicale a foglie decidue (cadono durante la stagione secca), tipica di zone a temperatura media annua costante, ma in cui si alternano una stagione secca e una piovosa, come per esempio nelle regioni battute dai monsoni: India orientale, Indocina, Indonesia.
Nella giungla vi è una gara tra le piante per riuscire ad accaparrarsi la luce solare, gara che si sviluppa soprattutto in altezza: al suolo vivono molte piante erbacee o quelle appena nate, più numerose che nelle altre foreste tropicali perché le variazioni di umidità stagionali e la luce solare che arriva fino alla base degli alberi permettono la formazione di un pavimento verde inestricabile. Vi è poi un secondo strato costituito da arbusti e da piante giovani, cui segue quello degli alberi alti tra i 10 e i 30 m. Più in alto troneggia un baldacchino verde formato dalle chiome degli alberi che raggiungono i 40 m d'altezza, meno compatto, però, che nella foresta pluviale, per cui la luce riesce a penetrare negli strati sottostanti. Infine, oltre i 50 m, svettano alberi giganteschi, come l'albero di kapok (genere Ceiba, famiglia Bombacacee), nel cui frutto si trova una specie di ovatta che avvolge i semi e che, nella pianta coltivata, viene usata per fare imbottiture di cuscini e materassi. I rami della chioma del kapok possono crescere anche in senso orizzontale per 30 o addirittura 40 m, andando così a infittire la cupola verde sottostante. In questa selva vivono innumerevoli insetti, scorpioni, ragni, rettili, anfibi, uccelli e, tra i mammiferi, le scimmie a vita arborea.
Alla base di questa verde cattedrale c'è un suolo che, a differenza di quanto ci si aspetterebbe, è poco fertile. Infatti, se una pianta muore, ben poco delle sue spoglie tornerà al suolo per formarvi l'humus, ma saranno gli innumerevoli animali che, cibandosene, le faranno immediatamente scomparire. La conseguenza è che il suolo delle foreste tropicali e della giungla ha poco o pochissimo humus. Lo strato roccioso sottostante, inoltre, di colore rosso per la presenza di ferro e duro come un mattone, è tutt'altro che facile da lavorare. Ciò vuol dire che l'opera di deforestazione non può nemmeno saziare la necessità di terreno agricolo che esiste, altissima, in queste regioni del mondo.
Bambù, teak, sandalo, ebano sono solo alcune tra le piante ricercate dai mercanti di legname e di essenze pregiate e di cui la giungla è ‒ o era ‒ particolarmente ricca. Il bambù, nome di origine malese, si trova anche da noi. Si tratta di piante (genere Phyllostachiays e genere Bambusa, famiglia delle Graminacee) il cui fusto lignificato, vuoto internamente e diviso da nodi, può arrivare ai 20 m d'altezza. Si usa per fare mobili, recipienti, costruzioni; inoltre, con i rami e le foglie si fanno stuoie, mentre i germogli sono cibo per le popolazioni locali e per molti animali tra cui il famoso panda maggiore, simbolo del WWF. Il teak (Tectona grandis, famiglia delle Verbenacee) è il nome di un albero molto richiesto per l'ottimo legno con cui si fanno mobili pregiati, imbarcazioni, parquet. Per ricavare legno di teak le giungle della Birmania, le ultime in cui se ne trova ancora, sono state quasi completamente distrutte. Esistono anche piantagioni di teak coltivato, il cui legno però è considerato di minor valore.
L'ebano (genere Diospyros, famiglia Ebenacee) è un albero dal legno durissimo, di color nero, conosciuto sin dall'antichità e di grande valore. Dal suo nome deriva quello di ebanista, l'artigiano specializzato nel lavorare legni pregiati e nel fare preziosi intarsi e la cui arte si chiama ebanisteria.
Il sandalo (Santalum album, famiglia Santalacee) è un albero d'altezza variabile tra i 5 e i 6 m il cui legno, rossastro o bianco, è ricercato per la durezza e per il profumo ed è usato sia per lavori di ebanisteria sia per gli oli profumati in esso contenuti.
Tra gli uccelli che vivono sui rami della giungla un posto d'onore spetta agli Psittaciformi, detti comunemente pappagalli. Troviamo questo tipo di uccelli, oltre che in Asia, anche in Africa, in America Meridionale (Amazzonia) e in Nuova Zelanda. Hanno il becco ricurvo caratterizzato dalla cera, un tessuto molle che riveste le narici, e un vivace piumaggio.
In Malesia vive il cacatua (Cacatua alba) ‒ dai bei colori bianco, rosa, nero e, sul capo, un ciuffo erettile variopinto ‒, che sa imitare molto bene la voce umana. Il maschio e la femmina, una volta accoppiati, rimangono insieme per tutta la vita. Noti per il loro piumaggio e per il dimorfismo sessuale accentuato (i maschi hanno lunghe penne ornamentali, le femmine no) sono gli uccelli del paradiso (Paradisea apoda).
Il minaccioso calao rinoceronte (Buceros rhinoceros, ordine dei Coraciformi) esibisce invece un becco enorme, incurvato, dentato ai margini e sormontato da una protuberanza che sembra un elmo.
Un altro gruppo di animali che nella giungla asiatica è di casa è quello delle Proscimmie, dell'ordine dei Primati, e tra queste vi è la tupaia (Tupaia glis). Si tratta di un animaletto di 20 cm che ricorda uno scoiattolo, e che ha una lunga coda con cui si appende ai rami. Due grandi occhi frontali, orecchie grandi, lunghe dita fornite di artigli e pollice non opponibile ne completano il ritratto.
Tra i Cercopitecidi (le scimmie con la coda), nella giungla asiatica troviamo i Presbiti, noti anche come langur. Sono animali dalla coda lunga, corpo tra i 50 e i 100 cm, sottili e agili. La specie Presbytis senex (in latino senex vuol dire "vecchio") ha una fitta barba bianca, mentre il langur duca ha un pelame i cui colori sono distribuiti in modo che la scimmia sembra vestita con giacca, gilè, calzoncini, calze e scarpe.
Infine nella giungla vive la nasica (Nasalis larvatus), dall'aspetto stranissimo per via del naso che il maschio ha lunghissimo e a forma di cetriolo e che può arrivare fin sotto la bocca. Sembra che serva a rafforzare il timbro di voce, mentre nelle femmine e nei giovani è più corto e volto all'insù.
In lingua malese orang-utan vuol dire "uomo dei boschi" e con questo termine i popoli costieri indicavano, senza distinzione, sia gli oranghi sia le tribù umane che vivevano all'interno della giungla malese. Oggi il nome di orango (Pongo pygmaeus) è dato a una delle quattro specie di scimmie antropomorfe rimaste sulla Terra. Le altre sono il gorilla e lo scimpanzé, entrambi africani, e il gibbone dell'Isola di Giava: come questi, l'orango è un nostro parente, diciamo un cugino alla lontana.
Un maschio adulto di orango può pesare anche 100 kg, il corpo è ricoperto da un pelame rossiccio, folto e lungo. Vive sugli alberi delle foreste di Sumatra e del Borneo, volteggiando da un ramo all'altro con assoluta naturalezza, aiutato in ciò dalle sue fortissime braccia, mentre le gambe, piuttosto deboli, servono per appoggiarsi ai rami più bassi.
Il piccolo dell'orango nasce dopo otto mesi di gravidanza e vive a lungo appeso al pelo materno rivelando un forte istinto 'd'aggrappamento', presente anche nei neonati umani. Un proverbio degli indigeni di Giava sostiene che l'orango "potrebbe parlare, ma non lo fa per non essere costretto a lavorare". Le caratteristiche 'umane' dell'orango si rivelano anche nell'affettività: sono infatti premurosi e teneri con i loro piccoli e pieni di orgoglio; sono anche pronti a fare amicizia con l'uomo purché questo… si faccia annusare a lungo. Se supera la prova l'amicizia è fatta, ma se l'orango gli volta le spalle non c'è più niente da fare. Anche l'orango, come molte altre specie citate, è in via d'estinzione.